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La nuova maglia del Corinthians ispirata a Ronaldo

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Dieci anni fa, al termine della sua esperienza europea con il Milan, Ronaldo tornò in Brasile per unirsi al Corinthians. In due anni, vinse la Coppa del Brasile e il Campionato statale di San Paolo.

Nella sua prima stagione il Fenomeno segnò 23 gol in 38 partite totali, mettendo a tacere molti giornalisti che avevano messo in dubbio la sua condizione fisica.

Per celebrare la stagione in cui il calciatore brasiliano più rappresentativo del calcio moderno ha vestito la maglia del Timão, Nike ha realizzato una maglia richiamando i dettagli della stagione 2009/2010.

Un kit, quindi, pulito, bianco con 9 pinstripes: un numero significativo, omaggio al Fenomeno, così come il logo stampato all'interno del colletto. Nella pulizia cromatica della maglia e dei pantaloncini neri risaltano lo swoosh e il crest rosso della squadra, con l'ancora simbolo degli sport nautici praticati dalla polisportiva.


Oltre alla maglia, la squadra 7 volte Campione del Brasile e 2 volte Campione del Mondo per Club, ha dedicato al Fenomeno anche l'Arena Ronaldo, un campo sportivo adibito a basket e futsal e aperto al pubblico.

L’ex attaccante di Inter e Real Madrid, oggi azionista di maggioranza del Real Valladolid, società impegnata nella lotta per evitare la retrocessione dalla Liga, ha spiegato la sua importanza sociale per la comunità locale: "Sono felice di inaugurare uno spazio per la pratica dello sport a San Paolo. Da bambino ho avuto difficoltà nel trovare un luogo adatto per giocare. Certamente sarà sfruttato bene da tutti".

 

Autore: Andrea Longoni


Che fine ha fatto Andrea Tentoni?

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Il campionato 1991-92 sicuramente non viene ricordato come uno dei più felici per i tifosi della Cremonese.

La squadra del presidente Luzzara, con in panchina il signore del colbacco Gustavo Giagnoni retrocede in serie B. In quel team giocarono giocatori che hanno comunque lasciato un segno: su tutti Michelangelo Rampulla, il primo portiere che realizzò un gol di testa su azione (Atalanta-Cremonese 1-1).

Nell’estate 1992 ci fu anche il cambio di allenatore. Come nuovo mister per una pronta risalita venne scelto Gigi Simoni da Crevalcore, protagonista nell'ultima stagione in serie C2 sulla panchina della Carrarese.

I toscani, infatti, si classificarono al 2° posto e vennero promossi in C1. La squadra che li precedette in quel girone B fu la sorprendente Vis Pesaro. Tra le fila dei biancorossi marchigiani giocava in attacco un giovanotto che impressionò positivamente il nuovo allenatore grigiorosso: tale Andrea Tentoni da Rimini, classe 1969.

Gli esordi a Cremona

Ai supporter cremonesi questo sconosciuto non entusiasmò più di tanto, ma egli seppe conquistarseli a suon di gol: ben 16 nel suo debutto in serie B, con la squadra di Simoni promossa meritatamente in serie A.

Aggiungeteci anche che a fine marzo 1993 la squadra lombarda si mise in mostra oltremanica vincendo il (fu) torneo Anglo-Italiano, una competizione che si svolgeva tra squadre italiane e inglesi, dove in quell'anno a trionfare fu proprio la Cremonese, che batté in finale, nel teatro delle finali per eccellenza, ovvero il mitico Wembley di Londra, il Derby County. Un lungagnone forte fisicamente, abile nel gioco aereo, con progressioni non indifferenti, il bomber grigiorosso venne ovviamente confermato anche per il massimo campionato che la Cremonese si apprestava ad affrontare. Quindi un doppio, anzi triplo salto per questo ragazzo dalla faccia pulita, che dalla C2 in due anni lo portò ad affrontare i grandi squadroni italiani.

 

L'esplosione in Serie A

La serie A in quegli anni era sulla bocca di tutti, con campionissimi di ogni genere e rivelazioni inaspettate. Su tutte il nostro Andrea, appunto. Al primo anno in serie A riuscì ad andare subito in doppia cifra, gonfiando per 11 volte la rete degli avversari e guadagnandosi commenti positivi ovunque. Segnò contro squadre importanti come Napoli, Lazio, Roma e sopratutto nel sentitissimo derby del Po contro il Piacenza di Gigi Cagni: un 4-0 con tanto di doppietta che consacrò definitivamente il bomber riminese come nuovo idolo della tifoseria grigiorossa.

Si parla addirittura di Nazionale, con Sacchi in procinto di convocarlo, ma una delle malattie più comuni come la varicella lo ferma sul più bello e il treno che era pronto a farlo salire a bordo verso una definitiva consacrazione passò per sempre. Comunque la Cremonese si salva e bene, con un decimo posto da applausi per una neopromossa. Nella stagione successiva, come partner d’attacco, gli venne affiancato l’emergente Enrico Chiesa che proprio a Cremona con 14 gol riuscirà a farsi conoscere definitivamente.

 

I grigiorossi sono meno brillanti dell’anno precedente, ma riescono comunque a guadagnarsi una sofferta salvezza, anche grazie alle 7 reti di Tentoni che contribuisce a far partecipare la propria squadra al terzo campionato consecutivo in serie A. Ma la terza annata (1995-96) si rivela più ostica del previsto, e i ragazzi di Simoni si arenano al penultimo posto in classifica, nonostante i 9 gol di Tentoni. Tre campionati che comunque non scalfiscono bellissimi ricordi nei tifosi grigiorossi e per gli appassionati di calcio in genere.

 

Mister Andrea Tentoni (a destra) con i giovani della Junior Coriano
Mister Andrea Tentoni (a destra) con i giovani della Junior Coriano

Gli ultimi anni di carriera

L’allenatore e Il bomber che aveva fortemente voluto con se, lasciano Cremona. Simoni si trasferisce a Napoli, Tentoni invece si accasa a 43 km di distanza, ovvero dal Piacenza made in Italy. Ma della rivelazione che tutti conoscevano non ne è rimasta traccia: il suo bottino finale registra 1 solo gol in 31 presenze. Troppo deludente per confermarlo nella massima categoria.

Lo acquista cosi il Chievo, convinto che in riva all'Adige le cose possano tornare splendenti come quattro-cinque anni prima. Ma i gol non arrivano e chiude la sua breve avventura in Veneto con sole 11 presenze. Ci riprova a Pescara, sempre in serie B, che in quell'anno cambia ben tre allenatori. Tre, proprio come i gettoni di presenza dell’ex bomber grigiorosso, che chiude i battenti della sua carriera l’anno successivo a casa sua, ovvero a Rimini in C2. Una carriera che a inizio anni 90 sembrava destinata in tutt'altra direzione, ma che per chi come me, nato negli anni 80 e amante del calcio d’altri tempi, non può dimenticarsi e ricordare con un pizzico di nostalgia questo semplice centravanti riccioluto che seppe farsi conoscere nella Cremonese. Di lui si ricorda la celebre frase che mister Simoni affezionatamente gli coniò dopo una partita: “il più forte centravanti d’Italia se si gioca in contropiede”.

 

Che cosa fa oggi Andrea Tentoni?

Ma il buon Andrea che fine ha fatto si saranno chiesti i più appassionati e quelli dotati di buona memoria a cui non sfugge mai un nome? E’diventato subito un allenatore, in seconda categoria nella squadra riminese dello Stella San Giovanni e dal 2010 è diventato tecnico della nazionale femminile della federazione sanmarinese gioco calcio. Dal 2016 diviene allenatore della Junior Coriano (sempre in provincia di Rimini) per insegnare calcio ai ragazzini.

 

Autore: Stefano De Rossi

Che fine ha fatto Walter Baseggio?

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Il prosecco, il sogno della Serie A e un emigrante di ritorno in terra italiana (più precisamente veneta) sono gli ingredienti della storia di uno dei tanti giocatori dai piedi buoni transitati dal massimo campionato italiano.

Nel 2005 Treviso raggiunge la massima serie italiana un po’ per caso, dopo anni di trionfi in sport quali la pallavolo e basket.

Con qualche mese di ritardo rispetto all'inizio della stagione 2005-2006, Walter Baseggio firma per il Treviso Calcio, con l’obiettivo di risollevare le sorti di una stagione iniziata male da parte della squadra bianco-azzurra. I tifosi veneti, avvezzi al buon prosecco frizzante, si aspettano da Baseggio l’incarnazione del famoso vino doc di Valdobbiadene (le cui colline sono tra l'altro recentemente diventate patrimonio Unesco), aspettandosi da Walter gioco vivace ed efficacia nelle conclusioni a rete.

Il ruolo di centrocampista avanzato e il tiro potente con cui il belga viene presentato ai tifosi sono il lasciapassare per diventare il salvatore delle sorti di una squadra dove i migliori giocatori non sono ancora riusciti ad esprimersi ad alti livelli. Giocatori dal futuro importante in Serie A come Reginaldo, Dino Fava Passaro, Dossena e persino il portierone dell'Inter Samir Handanovic erano ancora talenti imberbi, pur lasciando intravvedere doti calcistiche di primo livello.

 

Il perché della scelta di Baseggio

Ciò che la dirigenza del Treviso aveva richiesto a Walter Baseggio erano classe e gol. Un episodio di qualche anno prima sembrava promettere bene, in quanto durante un match di campionato belga Walter fece esplodere un pallone, in seguito ad un siluro scoccato dal suo piede sinistro.

Da quell'episodio proviene il soprannome dinamite!

 

L'arrivo a Treviso

Nel gennaio 2006 avviene l'ufficializzazione di Baseggio al Treviso e l’accoglienza dei tifosi veneti è molto calorosa. Le origini del padre (nato a Paderno del Grappa, poi emigrato in Belgio) ed il suo desiderio di mettersi a disposizione di una realtà potenziale trampolino di lancio per la sua carriera furono due ottime motivazioni per la sua scelta.

Nella sua prima stagione in Serie A, Baseggio gioca 15 partite, di cui 12 da titolare, realizza un gol ed altrettanti cartellini gialli e rossi. Il bilancio del suo esordio italiano è deludente, come un prosecco sgasato ed è aggravato dalla retrocessione con il miserrimo bottino di tre vittorie per i bianco-azzurri.

 

La Serie B ed il ritorno in Belgio

Nonostante qualche voce di mercato, Walter dimostra desiderio di riscattarsi e di mettersi in mostra nella Serie B italiana. Inizia la stagione 2006-2007 in cadetteria sempre con il Treviso, rimanendo in panchina nell'occasione della partita contro la Juventus e disputando poche presenze degne del suo pedigree.

Ad inizio 2007, il ritorno all’Anderlecht risulta una salvezza, dopo che l’esperienza italiana si stava rivelando anche in B un autentico flop. La dinamite sperimentata in Belgio, terra di miniere, non si è mai vista in Italia. Ciò che i tifosi hanno potuto vedere è stata un’ombra del potente e talentuoso calciatore, il cui talento è rimasto inespresso.

Non sempre l’attaccamento alle proprie origini ed il desiderio di vivere nei territori di origine della propria famiglia producono i risultati sperati…

 

Che cosa fa ora Walter Baseggio?

Nel 2009 Baseggio è stato colpito da un tumore alla tiroide, che lo ha fatto ingrassare di parecchi kilogrammi, compromettendone l’attività sportiva ad alti livelli e confinandolo nelle categorie minori belghe. Dopo il ritiro dal calcio giocato, Baseggio ha lavorato come commentatore per la tv belga, dopodiché ha svolto attività da uomo comune aprendo e chiudendo un paio di bar nelle Fiandre.

Per il calcio belga, Baseggio è un mancato grande calciatore, appartenente alla generazione di poco precedente a quella che avrebbe raggiunto il podio nel Mondiale di Russia 2018.

 

 

Autore: Gianmaria Borgonovo

Note a pié pagina di Il nuovo Art. 25 Quaterdecies D. LGS. 231/2001 ed il nuovo Codice di Giustizia Sportiva

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Le note riportate in questa pagina si riferiscono all'articolo: Il nuovo Art. 25 Quaterdecies D. LGS. 231/2001 ed il nuovo Codice di Giustizia Sportiva: cosa potrebbe succedere se si verificasse una nuova Calciopoli?

 

Nota #1. Queste sono le peculiarità che il modello organizzativo deve avere, secondo quanto disposto dall'art. 7 comma 5 dello statuto della FIGC.

 

Nota #2. La norma citata così stabilisce: “Art. 39 - Efficacia della sentenza dell’autorità giudiziaria nei giudizi disciplinari 

1. Davanti agli organi di giustizia la sentenza penale irrevocabile di condanna, anche quando non pronunciata in seguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e dell'affermazione che l'imputato lo ha commesso. 

2. La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di applicazione della pena su richiesta delle parti. 

3. La sentenza penale irrevocabile di assoluzione, pronunciata in seguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare nei confronti dell’imputato quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso, ferma restando l’autonoma dell’ordinamento sportivo nella definizione della fattispecie e nella qualificazione del fatto. 

4. L’efficacia di cui ai commi 1 e 3 si estende agli altri giudizi in cui si controverte intorno a illeciti il cui accertamento dipende da quello degli stessi fatti materiali che sono stati oggetto del giudizio penale, purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale nei confronti dell’incolpato. 

5. In ogni caso hanno efficacia nei giudizi disciplinari le sentenze non più impugnabili che rigettano la querela di falso o accertano la falsità di un documento ovvero che pronunciano sull'istanza di verificazione. 

6. Fuori dei limiti di cui ai precedenti commi, gli organi di giustizia non sono soggetti all'autorità di altra sentenza, che non costituisca cosa giudicata tra le stesse parti; essi conoscono di ogni questione pregiudiziale o incidentale, pur quando riservata per legge all'Autorità giudiziaria, la cui risoluzione sia rilevante per pronunciare sull'oggetto della domanda, incluse le questioni relative alla capacità di stare in giudizio e all'incidente di falso. 

7. In nessun caso è ammessa la sospensione del procedimento salvo che, per legge, debba essere decisa con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale di merito e la relativa causa sia stata già proposta davanti all'Autorità giudiziaria”. 

 

Nota #3: Art. 111 Codice di Giustizia Sportiva: “Efficacia della sentenza dell'autorità giudiziaria nei giudizi disciplinari”

“1. Davanti agli organi di giustizia la sentenza penale irrevocabile di condanna, anche quando non pronunciata in seguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e dell'affermazione che l'imputato lo ha commesso.

2. La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di applicazione della pena su richiesta delle parti.

3. La sentenza penale irrevocabile di assoluzione, pronunciata in seguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare nei confronti dell’imputato quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso, ferma restando l’autonomia dell’ordinamento sportivo nella definizione della fattispecie e nella qualificazione del fatto.

4. L’efficacia di cui ai commi 1 e 3 si estende agli altri giudizi in cui si controverte intorno a illeciti il cui accertamento dipende da quello degli stessi fatti materiali che sono stati oggetto del giudizio penale, purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale nei confronti dell’incolpato.

5. In ogni caso, hanno efficacia nei giudizi disciplinari le sentenze non più impugnabili che rigettano la querela di falso o accertano la falsità di un documento ovvero che pronunciano sull'istanza di verificazione.

6. Fuori dei limiti di cui ai precedenti commi, gli organi di giustizia non sono soggetti all'autorità di altra sentenza che non costituisca cosa giudicata tra le stesse parti; essi conoscono di ogni questione pregiudiziale o incidentale, pur quando riservata per legge all'Autorità giudiziaria, la cui risoluzione sia rilevante per pronunciare sull'oggetto della domanda.

7. In nessun caso è ammessa la sospensione del procedimento salvo che, per legge, debba essere decisa con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale di merito e la relativa causa sia stata già proposta davanti all'Autorità giudiziaria”.

 

Nota #4: Art. 129 Codice di Giustizia Sportiva “Rapporti con l'Autorità giudiziaria”

“Il Procuratore federale, se durante le indagini prende notizia di fatti rilevanti anche per l’Ufficio del Pubblico ministero, trasmette senza indugio copia degli atti al Presidente federale affinché questi informi l’Autorità giudiziaria competente ovvero vi provvede direttamente.

Qualora la Procura della Repubblica trasmetta risultanze del procedimento penale al Procuratore federale, gli atti e documenti trasmessi sono da lui tenuti nel debito riserbo consentito da ciascuna fase del procedimento.

Qualora il Procuratore federale ritenga che, presso l’Ufficio del Pubblico ministero ovvero altre autorità giudiziarie dello Stato, siano stati formati atti o raccolti documenti rilevanti per lo svolgimento delle proprie attribuzioni, ne richiede l’acquisizione direttamente o per il tramite della Procura generale dello sport.

La Procura generale dello sport può comunque richiedere l'acquisizione di detti atti o documenti per l’esercizio delle specifiche attribuzioni del Codice CONI. In caso di accoglimento della richiesta, il Procuratore generale dello sport trasmette copia degli atti e dei documenti ricevuti al Procuratore federale”.

 

Nota #5: Norme organizzative Interne F. I. G. C.

 

Nota #6: Come tradizionalmente avvenuto.

 

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Il nuovo Art. 25 Quaterdecies D. LGS. 231/2001 ed il nuovo Codice di Giustizia Sportiva: cosa potrebbe succedere se si verificasse una nuova Calciopoli?

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Era una notte buia e tempestosa quella che colpì, nell'anno del Signore 2006, il calcio italiano. Questo, proprio nel periodo in cui la rappresentanza nazionale di quello stesso calcio (ritenuto malato) riusciva finalmente ad alzare il trofeo più importante.

Sono ormai passati esattamente tredici anni dall'estate di “Calciopoli” e lo scenario che ci troviamo davanti è davvero molto differente.

Certo, contrariamente alle aspettative di più di qualcuno, le squadre che dominano ed hanno dominato gli ultimi campionati sono sempre le stesse: quelle con più potere economico.

Anzi, sembra sempre più difficile ipotizzare una ripetizione dei favolosi risultati di Hellas Verona e Sampdoria, giusto per citare gli ultimi in ordine di tempo.

Tuttavia, qualcosa di importante è cambiato: le società di calcio sono sempre più interessate a munirsi di strumenti volti a prevenire quanto successe nel 2006 e, più in generale, la commissione di illeciti, soprattutto penali, nel loro ambito.

Del resto, le squadre di calcio nostrane presentano le peculiarità previste dall’art. 1 D. Lgs. 231/2001 e possono quindi incorrere in una responsabilità da reato, di cui allo stesso Decreto.

A spingere ulteriormente in questa direzione ci sono state poi recentemente alcune importanti riforme: la L. 39/2019 ed il nuovo Codice di Giustizia Sportiva, entrato in vigore lo scorso 12 giugno. Queste riforme, se da un lato, convincono sempre di più le società del nostro calcio a dotarsi di adeguati modelli di organizzazione, gestione e controllo, di cui al D. Lgs. 231/2001, dall'altro lato potrebbero portare, qualora avesse luogo una nuova “Calciopoli”, a risultati differenti da quanto accaduto nel 2006.

 

1. La L. 39/2019 ed il nuovo art. 25 quaterdecies D. Lgs. 231/2001

Il 17 maggio 2019 è entrata in vigore la L. n. 39/2019 recante “Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla manipolazione di competizioni sportive, fatta a Magglingen il 18 settembre 2014”.

La legge inserisce una nuova categoria di reati tra quelli che costituiscono il presupposto della responsabilità ai sensi del D. Lgs. 231/2001: quelli di frode in competizioni sportive o di scommessa e giochi d’azzardo a mezzo di apparecchi vietati, previsti dagli artt. 1 e 4 della L. 13 dicembre 1989 n. 401.

Il reato di cui all’art. 1 della L. 401/1989 punisce la condotta di chiunque offre o promette denaro o altra utilità o vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva organizzata dalle federazioni riconosciute dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dall'Unione italiana per l'incremento delle razze equine (UNIRE) o da altri enti sportivi riconosciuti dallo Stato e dalle associazioni ad essi aderenti, al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione.

La predetta fattispecie punisce inoltre il partecipante alla competizione che accetta il denaro o altra utilità o vantaggio, o ne accoglie la promessa. 

La pena, con particolare riferimento all'ipotesi in cui il risultato della competizione influenzata dalle condotte sopra descritte sia influente, ai fini dello svolgimento di concorsi pronostici e scommesse regolarmente esercitati, può arrivare fino a nove anni di reclusione, unitamente ad una multa fino ad euro 100.000.

Si tratta di una fattispecie penalistica principalmente rivolta a coloro che svolgono delle attività, principali o secondarie, nell'ambito dello sport: dagli atleti ai dirigenti di enti sportivi.

Con tale disciplina il legislatore, probabilmente a seguito dei noti scandali che avevano caratterizzato lo sport negli anni ottanta, voleva prevenire quelle condotte, rientranti nella categoria della “corruzione”, volte ad influenzare i risultati sportivi, con danno, non solo per i partecipanti alle competizioni, ma anche per coloro i quali partecipavano ai “concorsi” ove le vincite dipendevano dai predetti risultati sportivi, come il totocalcio.

Il reato di cui all'art. 4 L. 401/1989 punisce invece coloro i quali organizzano, promuovono o, semplicemente, partecipano ad attività di gioco o scommessa non autorizzati, quindi “clandestini”.

Questa fattispecie, la cui pena può arrivare sino a sei anni di reclusione unitamente ad una multa fino a euro 50.000,00, punisce sia quelle condotte di gioco e scommessa inerenti le competizioni sportive, così da collegarsi a quelle punite dalla norma precedentemente citata, sia quelle attività “clandestine” di gioco esercitate in violazione di quanto previsto da leggi e regolamenti specifici dell’ambito.

Le fattispecie sopra descritte, come anticipato, sono state inserite dal legislatore nella categoria dei reati presupposto per la responsabilità di cui all'art. D. Lgs. 231/2001, nell'ambito del quale esse vengono richiamate dal nuovo art. 25 quaterdecies.

Quest’ultima norma prevede che, in caso di commissione dei predetti reati sopra richiamati, l’ente nell'ambito del quale essi vengano commessi per il suo interesse o vantaggio da soggetti apicali o subordinati alle decisioni altrui, in caso di riconoscimento della sua responsabilità, possa andare incontro ad una sanzione pecuniaria fino a euro 774.500,00 ed una sanzione interdittiva non inferiore ad un anno.

L’elemento di particolare novità attiene certamente alla inevitabile estensione dei soggetti tenuti all'adozione di un modello di organizzazione, gestione e controllo ed alla istituzione di un Organismo di Vigilanza, così come richiesto dagli artt. 6 e 7 D. Lgs. 231/2001, alla categoria degli enti sportivi.

E’ chiaro che qualunque ente sportivo che presenti la forma giuridica di cui all'art. 1 D. Lgs. 231/2001, anche precedentemente alla riforma in discorso, doveva “munirsi” degli strumenti preventivi del “Modello 231” e dell’Organismo di Vigilanza, per prevenire la commissione dei reati presupposto presenti nel Decreto 231, ove sussistessero dei rischi a tale riguardo.

Tuttavia, la L. 39/2019 rafforza questa necessità e genera l’impellenza per qualunque società sportiva di dotarsi dei predetti strumenti, dal momento che, in caso di illeciti/frodi sportive o scommesse clandestine, non proprio una rarità nel nostro paese, potrebbero ricevere conseguenze dannose ben più incisive rispetto al passato.

 

2. Il nuovo Codice di Giustizia Sportiva

Lo scorso 12 giugno è entrato in vigore il nuovo Codice di Giustizia Sportiva della Federazione Italiana Giuoco Calcio, approvato con deliberazione n. 258 dell’11 giugno 2019 dalla Giunta Nazionale del C.O.N.I., ai sensi dell’art. 7, comma 5, lett. l) dello Statuto C.O.N.I. 

Questa nuova normativa, non diversamente da quella precedente, garantisce il regolare svolgimento delle manifestazioni sportive del calcio italiano attraverso la previsione di specifiche ipotesi di responsabilità e conseguenti sanzioni, qualora vengano commessi illeciti sportivi.

Sono inoltre previste specifiche regole processuali che disciplinano ogni grado della giustizia sportiva, avvicinando sempre più tale modello a quello della giustizia ordinaria. Veniamo a quella che è la principale novità del nuovo Codice.

Esperti o non esperti, soprattutto in ragione della mediaticità dei giudizi che hanno interessato importanti società calcistiche nel 2006, siamo tutti più o meno a conoscenza del fatto la giustizia sportiva può addivenire ad una condanna di una società anche qualora l’illecito sia stato commesso per la mera iniziativa individuale di uno o più dei suoi alti dirigenti.

Per un verdetto particolarmente severo, come una retrocessione o, addirittura, la revoca di un titolo sportivo vinto sul campo, non è infatti necessaria la dimostrazione di una “volontarietà sociale” o, quantomeno, di una rimproverabilità per chi si sarebbe potuto trovare nella possibilità di controllare colui che ha commesso l’illecito e, magari, di impedirne la continuazione.

Tuttavia, l’art. 7 del nuovo Codice potrebbe portare ad un profondo cambiamento di prospettiva.

Tale norma così dispone: “Al fine di escludere o attenuare la responsabilità della società di cui all'art. 6, così come anche prevista e richiamata nel Codice, il giudice valuta la adozione, l'idoneità, l'efficacia e l'effettivo funzionamento del modello di organizzazione, gestione e controllo di cui all'art. 7, comma 5 dello Statuto”.

Può quindi presentare efficacia esimente rispetto alla commissione di illeciti sportivi l’adozione da parte di una società calcistica di un modello di organizzazione, gestione e controllo che presenti le seguenti peculiarità:

- misure idonee a garantire lo svolgimento dell’attività sportiva nel rispetto della legge e dell’ordinamento sportivo, nonché a rilevare tempestivamente situazioni di rischio;

- l’adozione di un codice etico, di specifiche procedure per le fasi decisionali sia di tipo amministrativo che di tipo tecnico-sportivo, nonché di adeguati meccanismi di controllo;

- l’adozione di un incisivo sistema disciplinare interno idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello;

- la nomina di un organismo di garanzia, composto da persone di massima indipendenza e professionalità e dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo, incaricato di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento (vedi nota #1).

Il fatto che il Codice di Giustizia Sportiva sia venuto alla luce quasi contemporaneamente al nuovo art. 25 quaterdecies del D. Lgs. 231/2001 non sembra una coincidenza.

Proprio nel momento in cui l’illecito sportivo, sanzionato dalla Giustizia sportiva e certamente tale da potere integrare il reato di frode sportiva, viene considerato come presupposto per una responsabilità ai sensi del D. Lgs. 231/2001, il nuovo Codice di Giustizia Sportiva, al fine di spingere ulteriormente le società a dotarsi di adeguati strumenti preventivi, apre alla possibilità di un possibile proscioglimento, qualora venga dimostrato che la società abbia “fatto tutto il possibile”, attraverso gli strumenti della compliance 231, per prevenire la commissione dell’illecito.

Le novità del Codice di Giustizia Sportiva però non sono finite.

L’art. 3 comma 3 del Codice così stabilisce: “Fermo restando quanto previsto dall'art. 39 del Codice CONI (vedi nota #2), vi è autonomia dell’ordinamento federale nella qualificazione dei fatti ai fini disciplinari e autonomia degli organi di giustizia sportiva nella definizione dei giudizi, indipendentemente dai procedimenti innanzi alla autorità giudiziaria ordinaria”.

L’Art. 39 del Codice CONI stabilisce, non diversamente che per le altre tipologie di procedimenti, anche presso la magistratura ordinaria, che il Giudicato penale debba avere effetto anche sui giudizi disciplinari attinenti la materia sportiva, per quanto concerne l’accertamento del fatto illecito e l’attribuzione dello stesso a colui il quale sia sottoposto anche allo stesso procedimento disciplinare.

Anche nel Codice di Giustizia Sportiva, come a volere ribadire lo stesso concetto, si riscontra una norma che afferma la prevalenza del giudicato penale anche per la giustizia sportiva: l’art. 111 (vedi nota #3).

Una ulteriore disposizione degna di nota nel nuovo Codice di Giustizia sportiva è poi l’art. 129 che, nel disciplinare i rapporti tra gli organi della giustizia sportiva e la magistratura ordinaria, stabilisce l’obbligo di reciproca collaborazione tra di essi, affinché, soprattutto in fase di indagine, possa avere luogo un’attività investigativa e di successiva imputazione coordinata e, nei limiti del possibile, parallela anche a livello temporale (vedi nota #4).

Andiamo al cuore della questione.

Viene da chiedersi come mai la FIGC abbia voluto riportare nel suo nuovo codice i concetti di prevalenza del giudicato penale e di reciproca collaborazione.

Certo, ricollegando il discorso alla novità introdotta dall'art. 7 del Codice di Giustizia Sportiva potrebbe ipotizzarsi una possibile risposta a questo interrogativo.

In particolare, a parere di chi scrive, in caso di notizia di illecito sportivo/frode sportiva, la Procura Federale e la Procura della Repubblica competente dovrebbero collaborare reciprocamente, cercando nei limiti del possibile, di mantenere i procedimenti entro un parallelismo temporale.

In questo modo, al Pubblico Ministero sarebbe demandata la valutazione di effettività ed idoneità del modello organizzativo adottato dalla società calcistica. Tale valutazione dovrebbe quindi essere trasmessa al collega che rappresenta la giustizia sportiva, il quale dovrebbe procedere o archiviare la posizione della società a seconda delle valutazioni dell’esponente della Procura della Repubblica.

Nelle fasi successive dei procedimenti, nell'eventualità che non sia stata disposta l’archiviazione della posizione della predetta società, né sul fronte penale né su quello sportivo, dovrebbe essere quindi la valutazione dell’organo giudicante della Magistratura ordinaria a portare quella sportiva a decidere, in sede di giudizio, per l’applicazione dell’attenuante o esimente di cui all'art. 7 del Codice di Giustizia Sportiva o meno.

Se davvero fosse questa la strada che si percorrerà in futuro, ciò potrebbe comportare un graduale allontanamento della Giustizia sportiva dalla “odiosa” attribuzione di responsabilità per le società sportive pur senza la dimostrazione di una rimproverabilità sotto il profilo soggettivo.

Per quanto l’accertamento di responsabilità ai sensi del D. Lgs. 231/2001 implichi, sul piano soggettivo, un’inversione dell’onere della prova, dovendo essere l’ente a dimostrare la non attribuibilità ad esso dell’illecito commesso, l’importazione, indiretta, di tale sistema nell'ambito della giustizia sportiva potrebbe rappresentare una vera e propria rivoluzione!

Viene allora da chiedersi come potrebbero andare le cose se si verificasse una nuova “Calciopoli”.

 

3. Il possibile esito di una nuova “Calciopoli”

Possiamo provare ad ipotizzare cosa potrebbe succedere se si verificasse in questo periodo una nuova “Calciopoli”.

Ipotizziamo che un esponente di una società calcistica, in posizione apicale come potrebbe essere un dirigente, o sottoposto all'altrui direzione come ad esempio un allenatore o un calciatore, si accordi con soggetti operanti in un’altra squadra o, addirittura, con la classe arbitrale per ottenere dei risultati sportivi che possano influenzare, in favore della squadra di provenienza, l’esito di un campionato.

Ipotizziamo però che la società calcistica, messa nei guai dal proprio esponente, sia munita di un modello di organizzazione, gestione e controllo, ai sensi del D. Lgs. 231/2001, nonché di un autonomo Organismo di Vigilanza deputato al controllo delle attività societarie, al fine di valutare la sussistenza di rischi di illecito e di suggerire ai vertici dell’ente le misure volte a ridurre tali rischi.

La notizia dell’illecito, in ragione del dovere di reciproca collaborazione tra organi della giustizia sportiva e della magistratura, dovrebbe comportare che le indagini delle rispettive procure abbiano inizio quasi contemporaneamente e, comunque, procedano, almeno inizialmente, di pari passo.

Sarebbe quindi ipotizzabile che il Pubblico Ministero incaricato per le indagini volte all'accertamento della fondatezza della notizia del reato di frode sportiva, al fine di valutare la responsabilità della società ai sensi dell’art. 25 quaterdecies D. Lgs. 231/2001, proceda ad esaminare il modello organizzativo precedentemente adottato dalla società.

Qualora il Pubblico Ministero, nel corso delle proprie indagini, giungesse alla conclusione che il modello sia efficace e che il reato sia stato commesso attraverso l’elusione fraudolenta dello stesso, la posizione della società calcistica rispetto ad un procedimento penale, per la valutazione della sua responsabilità ai sensi del D. Lgs. 231/2001, verrebbe archiviata.

In questo caso, a parere di chi scrive, il Procuratore Federale incaricato di svolgere le indagini per l’illecito sportivo, che dovrebbe attendere la valutazione del collega della Magistratura ordinaria, con molta probabilità giungerebbe ad una analoga valutazione di irresponsabilità della società.

Se invece il Pubblico Ministero incaricato delle indagini penali volesse procedere nei confronti della società calcistica, con successiva prosecuzione del procedimento penale e instaurazione dell’istruttoria dibattimentale, è probabile che le strade della giustizia sportiva e di quella ordinaria si dividerebbero, richiedendo quest’ultima dei tempi più lunghi. In questo caso l’incisività di quanto disposto dall'art. 7 del Codice di Giustizia Sportiva risulterebbe minore.

Un esito diverso potrebbe aversi in quelle ipotesi in cui le indagini della Procura Federale abbiano inizio quando il procedimento penale sia già in una fase avanzata e prossima alla sentenza. 

In questo caso, qualora il tribunale ordinario ritenga la società non responsabile ai sensi dell’art. 25 quaterdecies D. Lgs. 231/2001, la giustizia sportiva potrebbe esserne inevitabilmente influenzata, tornando prepotentemente in voga l’art. 7 del Codice di Giustizia Sportiva.

Il vantaggio di una situazione come quella prospettata, si ribadisce, potrebbe essere il fatto che, finalmente, le società calcistiche potrebbero essere giudicate con criteri richiedenti un minimo coefficiente soggettivo.

Ovviamente, quanto fin qui prospettato attiene all'ipotesi in cui la società venga ritenuta non responsabile dell’illecito sportivo nonché all'interessante intreccio di norme degli ordinamenti penale e sportivo in questa situazione.

E’ però altrettanto interessante valutare cosa potrebbe succedere qualora la società calcistica venga ritenuta responsabile ai sensi dell’art. 25 quaterdecies D. Lgs. 231/2001.

Come sopra osservato, qualora il procedimento penale nei confronti della società prosegua al termine delle indagini preliminari, pare difficile che ci possa essere un andamento parallelo tra giustizia ordinaria e giustizia sportiva.

E’ quindi probabile che, ove non fosse stato adottato dalla società imputata un adeguato modello organizzativo ritenuto tale da prevenire gli illeciti commessi, la giustizia sportiva emetterebbe per prima un verdetto sanzionatorio, magari con una retrocessione, come accadde nel 2006.

A questo punto, però, bisogna interrogarsi su quali potrebbero essere gli ulteriori effetti di una condanna penale, ai sensi dell’art. 25 quaterdecies D. Lgs. 231/2001, intervenuta successivamente.

Come già riportato, tale illecito può comportare una sanzione pecuniaria fino ad euro 774.500,00 ed una sanzione interdittiva non inferiore ad un anno.

Poniamo che la condanna sia esattamente questa.

La sanzione pecuniaria potrebbe incidere notevolmente sui bilanci di una società calcistica qualora questa partecipi a campionati minori. Per una società di serie A o B questa somma potrebbe essere irrisoria.

Il problema è allora la sanzione interdittiva.

Ai sensi dell’art. 9 comma 2 D. Lgs. 231/2001 le sanzioni interdittive che possono conseguire ad una condanna sono: (i) interdizione dall'esercizio dell’attività svolta dalla società; (ii) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito; (iii) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; (iv) l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi; (v) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

Si tratta di sanzioni che sono tutte abbastanza dannose.

Certo, la prima, quella della sospensione dall'attività svolta dalla società, è la più grave.

Una società alla quale venga impedito per un anno di svolgere l’attività di cui al proprio oggetto sociale potrebbe fallire. Così potrebbe essere anche per una società calcistica.

In questo caso, però, occorrerebbe integrare ciò con la regolamentazione sportiva.

Se una società calcistica non può esercitare la propria attività, ovvero partecipare ai campionati, questo significa che non può neanche iscriversi ad essi.

Questo potrebbe inevitabilmente comportare che la società, magari già retrocessa nella serie inferiore all'esito del procedimento tenuto dalla Giustizia Sportiva, potrebbe ritrovarsi, alla luce delle regole attuali in materia, dopo avere scontato la sanzione interdittiva, a ricominciare dalla serie D!

L’art 52 comma 10 del N.O.I.F. (vedi nota #5), infatti, così stabilisce: “In caso di non ammissione al campionato di Serie A, Serie B e di Serie C il Presidente Federale, d’intesa con il Presidente della LND, previo parere della Commissione all'uopo istituita, potrà consentire alla città della società non ammessa di partecipare con una propria società ad un Campionato della LND, anche in soprannumero, purché la stessa società:

a) adempia alle prescrizioni previste dal singolo Comitato per l’iscrizione al Campionato;

b) non abbia soci e/o amministratori che abbiano ricoperto, negli ultimi 5 anni, il ruolo di socio, di amministratore e/o di dirigente con poteri di rappresentanza nell'ambito federale, in società destinatarie di provvedimenti di esclusione dal campionato di competenza o di revoca dell’affiliazione dalla FIGC”.

4. In conclusione

E’ sempre difficile valutare la bontà di una riforma legislativa.

Da un lato il nuovo art. 25 quaterdecies D. Lgs. 231/2001 dovrebbe spingere le nostre società calcistiche a munirsi, ove non lo abbiano già fatto, di adeguati strumenti preventivi, con beneficio del nostro calcio, anche rispetto alla prevenzione di tutti gli altri reati che costituiscono il presupposto di una responsabilità ai sensi del Decreto 231.

Inoltre, una società calcistica colpita da uno scandalo come quello di “Calciopoli”, ove venga dimostrata l’estraneità della stessa rispetto alle azioni illecite dei propri esponenti, attraverso la positiva valutazione degli strumenti preventivi adottati, potrebbe “salvarsi” da sanzioni fortemente dannose, come la retrocessione in una serie minore o, addirittura, la revoca del titolo vinto sul campo.

Questo potrebbe essere il risultato di una interessante collaborazione tra giustizia sportiva e giustizia ordinaria, con conseguente “oscuramento” del meccanismo di attribuzione di responsabilità basato solo su elementi oggettivi tradizionalmente adottato dalla prima.

Dall'altro lato, però, le conseguenze di un riconoscimento di responsabilità ai sensi dell’art. 25 quaterdecies D. Lgs. 231/2001 potrebbero essere molto più gravi di quanto avvenuto nel 2006.

Al di là degli esiti della giustizia sportiva, notoriamente più veloce, una sentenza di condanna ai sensi dell’art. 25 quaterdecies D. Lgs. 231/2001, emessa all'esito di un procedimento penale a cui una società calcistica sia sottoposta, potrebbe cancellare anni di gloriosa storia, obbligando anche grandi squadre, come quelle che anche attualmente dominano la scena italiana, a ripartire dalla Lega Nazionale Dilettanti.

A parere di chi scrive, forse, le conseguenze di un riconoscimento di responsabilità in caso di illecito sportivo/frode sportiva sono troppo severe. Se una squadra “imbroglia” per vincere un titolo o qualificarsi ad una competizione ritengo sia già sufficientemente punitivo e rieducativo revocare i risultati raggiunti non onestamente e, magari, retrocedere la squadra in una serie minore (vedi nota #6).

Tuttavia, se bisogna pagare il prezzo di sanzioni più severe per avere l’opportunità di una valutazione di responsabilità caratterizzata da più garanzie e con la necessità della dimostrazione di un minimo coefficiente soggettivo in capo alla società calcistica, allora “Parigi val bene una messa”.

 

Così, se una delle “big” del nostro calcio dovesse all'improvviso trovarsi in una situazione in cui i soci di maggioranza vengano meno, per il normale corso della natura, e sussista un improvviso vuoto di potere e, soprattutto, di controllo nell'ambito dell’assemblea dei soci, tale da portare i vertici amministrativi ad esercitare un potere incontrastabile, anche se utilizzato per attività illecite come la frode sportiva, chissà quanto realmente a vantaggio della stessa società, forse, con le ultime riforme, non è detto che la conseguenza di tutto questo sarebbe il riconoscimento di responsabilità in capo alla società, con relative drammatiche sanzioni.

 

Autore: Avv. Nadia Mungari

Avvocato penalista presso E & L Consulting

Calciopoli, farsa di una lunga estate

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A dispetto della natura e dell’ovvio alternarsi delle stagioni, c’è una sola estate che non passa mai.

Quella del 2006, l’estate di Calciopoli. Un colpo in testa a Luciano Moggi.

Essenzialmente. Ma non solo.

Un colpo al cuore della credulità della gente.

Un colpo all'anima di una delle più importanti aziende del sistema Italia, l’azienda calcio.

Un colpo di sole della giustizia italiana, un colpo di coda delle malelingue, un colpo di scena di gossip mescolato a leggende metropolitane di varia e vasta origine.

Un corpo a corpo sudaticcio come ogni estate che si rispetti tra verità dei fatti e verità accettabile, un abbrustolito falò estivo appiccato da una improbabile comitiva di interessi convergenti spacciato per rogo epocale di streghe doc, uno scivolone di concetti come logica e diritto indietro nel tempo agli anni della forca.

Un abbaglio insomma oramai rivelatosi tale a distanza di anni ma con il suo carico di vittime collaterali.

La determinante credibilità del principale sport nostrano.

E qualche ovviamente inutile numero di esseri umani.

 

Siete curiosi di leggere il libro Calciopoli, farsa lunga un'estate? 

Prenotatelo sul sito di IBS.

Il libro sarà inoltre disponibile in tutte le librerie e negli store online a partire dal 27 settembre.

Che fine ha fatto Federico Macheda?

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Quella di Federico Macheda - per tutti semplicemente "Kiko"- è la storia, tutta da raccontare, di uno dei più grandi prospetti mancati del nostro calcio. La storia di una vera e propria meteora, corpo celeste che, dopo l'impatto con l'atmosfera e la splendida scia, si dissolve senza lasciare traccia.

È il simbolo della bellezza incompiuta Kiko, di un'opera solo iniziata, mai finita; anzi, a dirla tutta, appena accennata. 

Federico Macheda nasce dunque il 22 agosto 1991 a Roma, città in cui esplode come giocatore sin da piccolo, entrando nelle giovanili della Lazio; lì impressiona per le sue doti, fisiche e tecniche.

"È il prototipo dell'attaccante moderno" scrivevano e scriveranno i media. Mai definizione fu più giusta, perché Kiko non diverrà mai il fenomeno che ci si aspettava, il fuoriclasse che tutti, persino un portoghese abbastanza talentuoso (detto CR7), si aspettavano dopo un'inizio con i Red Devils da Crack assoluto. Ne resterà soltanto un progetto, un prototipo, appunto.

L'esordio al Manchester United

Ce lo ricordiamo tutti, però, il 5 aprile 2009, quel gol capolavoro siglato all'esordio con il Manchester United all'età di 17 anni: controllo col tacco alla Cruijff, destro a giro alla Del Piero, palla all'angolo e team di Ferguson che si impone tre a due sull'Aston Villa.

Sembra l'inizio dell'epopea di un fenomeno annunciato, un giocatore nominato da Don Balòn come uno dei classe 1991 più promettenti, con il teatro dei sogni ai suoi piedi, ancora minorenne; non sfigurava poi tanto, lì, accanto ad un giovane CR7. Aveva gli occhi del predestinato, lo sguardo sicuro (fin troppo, verrebbe da dire oggi) di chi non può tradire e non lo farà. "Lui lascerà il segno", si diceva. Era però solo un illusione, un sogno di mezza estate, perché, come la più brillante delle comete, il nostro Federico, lasciata una traccia indelebile, vola via e sparisce, in totale caduta libera.

 

Il prestito alla Sampdoria e la lenta discesa

Dopo il 2009, infatti, arriva un prestito alla Sampdoria. È un flop evidente, che in pochi si aspettavano. Del giocatore che aveva brillato oltremanica c'è solo il ricordo, lo stesso discorso vale per i suoi gol, e dopo quell'anno comincia la fatale girandola di prestiti.

QPR, Stoccarda, Doncaster Rovers, Birmingham, Cardiff, Nottingham Forest, Novara, Panathinaikos, dove milita tuttora. Un tour Europeo dalle mille tappe, tutte avare di gioie (e marcature) e cariche di delusioni, dall'andamento clamorosamente parabolico e ridimensionante.

Kiko è un giocatore normale, da categoria, più avvezzo alle steppe incolte della nostra B o del Peloponneso, che ai giardini ben curati della Gran Bretagna.

Sembrava impossibile non vederlo lì, in alto tra i grandi, ed ora sembra impossibile che ci sia stato. È stata proprio una meteora, che viaggiando nel cielo si schianta verso di noi, oppure, forse, è stato solo un ragazzo come tutti, che, in una notte di agosto, vedendo le stelle, ha sognato di essere lì a toccarle.

E dopo averlo fatto, probabilmente pago, ha deciso di tornare giù. Ad ogni modo, comunque sia andata quest' Odissea nello Spazio, la sua è una storia da raccontare con un sorriso un po' amaro, come un' occasione portata via dal vento, freddo e pungente, della grigia Manchester.

 

Autore: Giovanni Perulli

Che fine ha fatto Pablo Daniel Osvaldo?

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Spesso, guardando il calcio con i nostri occhi da tifosi, non capiamo veramente cosa significhi fare parte di quel mondo.

Non riusciamo a capacitarci, accecati dall'oro e dagli allori destinati ai giocatori, che magari tutta l'attenzione mediatica, tutti i doveri cui sono sottoposti gli atleti, per quanto lautamente ricompensati ed amati, possano non piacere. Sembrerebbe sacrilego, ma invece è così; e lo dimostra la storia di Pablo Daniel Osvaldo, autore di una carriera atipica e turbolenta, conclusa, in poche e semplici parole, "per noia".

Giocatore estroso e spesso sopra le righe, con la innata passione per le rovesciate, il buon Daniel nasce a Lanùs il 12 gennaio 1986; si presenta nel calcio che conta nel 2005, con un'ottima stagione all'Huracan da 11 gol in 33 partite. Questo è il suo biglietto da visita per l'Italia.

L'arrivo in Europa

Arriva infatti nel bel paese l'anno seguente, e comincia la gavetta tra Atalanta (all'epoca in Serie B), Lecce, Fiorentina, Bologna, prima di trasferirsi all'Espanyol. Due ottime annate in terra Iberica lo lanciano poi verso il grande salto; Osvaldo arriva alla Roma nel 2011, piazza in cui il bomber argentino brillerà di più.

Sono infatti 27 i gol all'attivo in 55 presenze per lui, cui si aggiungono, suo malgrado, tre "giocate" particolari che diventeranno il marchio di fabbrica del sosia di Johnny Depp nella sua interpretazione nel film "i Pirati dei Caraibi"; un pugno rifilato al compagno Lamela nel Novembre del 2011, una squalifica per tre giornate (causa violenta gomitata a Matheu del Cagliari) e la lite con l'allora mister Andreazzoli, che gli costa l'addio alla Lupa.

 

Il girovagare dopo Roma

Dopo l' esperienza capitolina, comincia il declino del bomber naturalizzato italiano, protagonista sempre meno i suoi gol, quanto per le sue bravate. Al termine di due avventure da proverbiale "oggetto sconosciuto" in Inghilterra ed alla Juventus, Osvaldo avrebbe un' altra chance nel calcio che conta, con la maglia dell'Inter. Il "vaffa" rivolto a Icardi e Mancini in derby d'Italia, dopo una mezza annata che faceva ben sperare, gli chiude anche questa porta, indirizzandolo sul viale del tramonto.

 

L'ultimo acuto, per così dire, è la rescissione del contratto con il Boca Juniors nel 2016, in seguito ad un acceso diverbio con i suoi compagni; questi, infatti, non avevano gradito il particolare rito pre-partita scelto dall'attaccante, tradito dal fascino di una bella sigaretta per trovare la giusta concentrazione.

 

Osvaldo protagonista del reality show Ballando con le stelle (2019)
Osvaldo protagonista del reality show Ballando con le stelle (2019)

 

Il ritiro

A soli 30 anni, dunque, lascia il mondo del calcio, confessando poi, in un'intervista divenuta celebre, di preferire di gran lunga la professione di grigliatore nelle domeniche in giardino a quella di bomber nelle domeniche in campo. Così, adesso, se vi venisse in mente, di fronte alla solita domanda "Che fine ha fatto", di rintracciare il trentatreenne di Lanùs, lo trovereste nelle vesti di cantante e ballerino.

 

Che cosa fa Pablo Daniel Osvaldo ora?

Osvaldo ha infatti fondato un gruppo musicale nell'anno del ritiro, i "Barrio Viejo" e partecipato all'edizione 2019 del reality show italiano "Ballando con le stelle", ottenendo un prestigioso terzo posto. È decisamente un uomo da copertina l'ex bomber, ora, forse, ancor più sotto le luci dei riflettori di prima, grazie alla sua vita da showman ed alle sue mille storie di gossip.

La copertina del settimanale italiano "Chi" è spesso garantita per lui, che invece, nonostante in un'intervista abbia dichiarato di essere "il migliore sul campo", faticava molto a comparire con i suoi gol sulle copertine della Gazzetta dello Sport.

Che il nostro Daniel, fuori dall'area di rigore e sulla pista da ballo, abbia trovato la continuità che gli mancava?

 

 

Autore: Giovanni Perulli


Freddure a -90: 11 agosto 2019

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Oggi, 11 agosto inauguriamo una nuova rubrica di freddure, ovvero di battute simpatiche e graffianti riguardanti il calcio italiano ed europeo.

La rubrica è a cura dell'amico Giuseppe Picciariello.

Freddura #1: Conte e Zhang: “Scriviamo insieme la storia dell’Inter”. Il volume uscirà per Mondadori. 

 

Freddura #2: L’ex Gullit: “Spero che il Milan faccia meglio quest’anno, e che Maldini faccia un bel lavoro. L’opinionista, per esempio.”

 

Freddura #3: Lazio, la difesa balla: il rientro di Bastos in soccorso ad Inzaghi: “Era ora! Ci aiuterà, e non poco, con salsa & flamenco!”

 

Freddura #4: Sarri: “Dito medio ai tifosi juventini? Reazione contro 20 stupidi. Non certo contro i restanti 39.980 cretini.”

 

Freddura #5: Atalanta, Percassi sulla polemica riguardo la nuova campagna abbonamenti: “Prezzi giusti e coerenti per qualcosa di unico e fantastico che stiamo provando a costruire: la mia nuova villa al mare.”

 

Freddura #6: Ronaldo: “Puntare su di me vuol dire vincere.” Buffon: “Ricevuto!”

 

 

Freddura #7: Juve, Dybala è un rebus. La soluzione nella prossima uscita di “Freddure a -90”...

 

Autore: Giuseppe Picciariello

Che fine ha fatto Dida?

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Nelson Dida in maglia rossonera del Milan
Nelson Dida in maglia rossonera del Milan

In Brasile il calcio è lo sport principale, il più praticato e il più seguito in televisione.

La maggioranza dei giovani lo pratica fin dalla giovane età, da aree come la favela Rocinha, fino ai quartieri bene di Alto da Lapa. Tutto in Brasile trasuda di calcio e i suoi abitanti sognano di diventare come Pelé, Garrincha, Romario, Ronaldo o Neymar sin dall'infanzia.

Uno di quei ragazzi ha però scelto di emulare le gesta di un calciatore, diverso per ruolo e caratteristiche tecniche dai precedenti. Il suo esempio calcistico infatti è il portiere Taffarel (tuttora ricordato per le sue prodezze in occasione del Campionato Mondiale di Calcio del 1994, vinto dai verde-oro a discapito della nazionale di Arrigo Sacchi e Roberto Baggio), mentre il ragazzo protagonista dell'articolo è Nelson de Jesus Silva, meglio conosciuto come Dida.

Le origini e il debutto

Nato nel 1973, il portierone nato a Irará – cittadina dello stato di Bahia – sorprende sin dalla giovane età per la sua prestanza fisica e l’agilità tra i pali. Esordisce da professionista nel Vitoria Bahia, per poi passare al Cruzeiro, dove rimane fino all'età di 25 anni.

Nel 1999 il Milan decide di puntare su di lui, pagando una cifra di poco inferiore ai 3 miliardi di lire (all'incirca 1,4 milioni di euro attuali) per soddisfare le richieste del Cruzeiro e per ingaggiare il calciatore, sempre più desideroso di cimentarsi con il calcio europeo. L’inizio di avventura europea di Dida è lontano da Milano, in quanto Zaccheroni e la dirigenza rossonera preferiscono parcheggiarlo al Lugano. Il trio di portieri del Milan in quella stagione sarebbe stato composto dall'esperto Sebastiano Rossi, dall'emergente Christian Abbiati e dal sicuro Valerio Fiori.

L’anno in Svizzera italiana si rivela “di parcheggio”, in quanto Dida non scende mai in campo, ma è perlomeno utile per apprendere la lingua italiana e adattarsi al clima ticinese, non diverso da quello di Milano.

 

Gli esordi nel Milan e la notte di Leeds

Nella stagione successiva, Dida diventa titolare della porta rossonera in Champions League, disputando un buon match contro il Besiktas (vinto 4-1 dal Milan), ma senza riuscire a ripetere la prestazione la settimana successiva a Leeds. In quell'occasione, il portiere brasiliano fu protagonista di un errore grave, a un paio di minuti dalla fine del match.

Dida non riuscì a trattenere un tiro da fuori area di Bowyer, peraltro non irresistibile, che consegnò la vittoria agli inglesi e agli spettatori della Champions League una papera memorabile, suo malgrado, che generò non pochi dubbi sulle qualità di Nelson.

In campionato, il futuro campione del mondo disputa dal primo minuto soltanto il match che coincide con la sconfitta esterna contro il Parma, dopodiché la squalifica per 7 mesi per possesso ed utilizzo di un falso passaporto portoghese ai tempi del suo approdo in Europa.

 

Dida con la maglia del Brasile
Dida con la maglia del Brasile

Andata e ritorno in Brasile, con trionfo

Dopo la squalifica per Passaportopoli, nel settembre 2001 Dida passa in prestito al Corinthians di San Paolo, laddove disputa una buona stagione, chiusasi con la vittoria del Campionato Mondiale di Corea e Giappone (pur senza scendere in campo).

 

La prima Champions League

A fine dell'estate 2002, Dida torna al Milan e stavolta come titolare di una squadra fortissima, disegnata da Carlo Ancelotti, Adriano Galliani e Silvio Berlusconi per iniziare un ciclo di vittorie memorabile per i rossoneri. Non era il Milan degli olandesi, ma per tecnica e concretezza questo Milan non aveva molto da invidiare alla squadra che quindici anni prima aveva regalato prestazioni memorabili ai tifosi del calcio europeo.

Sin dall'inizio della stagione - i preliminari di Champions contro lo Slovan Liberec - le performance del portiere brasiliano sono ben diverse da quelle del suo primo periodo italiano ed esse miglioreranno di lì fino alla fine della stagione, conclusasi con la vittoria della coppe delle grandi orecchie contro la Juventus all'Old Trafford di Manchester. Questa vittoria giunse dopo due prestazioni di livello mondiale contro l'Inter nel primo doppio derby milanese in Europa.

Da anatroccoloLeeds a portiere convincente pochi chilometri di distanza a Manchester, ma nel mezzo un lungo peregrinare lungo quasi due anni, attraverso tre continenti.

 

I trionfi con il Milan

La stagione 2003-04 inizia con la vittoria della Supercoppa Europea contro il Porto e si conclude con il trionfo in Serie A. L'anno successivo, un episodio molto controverso nella semifinale di Champions League contro l'Inter, Dida viene colpito da un petardo in testa, lanciato dalla curva dove stavano i tifosi dell'Inter. Questo episodio - pur non riportando alcuna conseguenza sulla salute - scosse il portiere bahiano, che da quel momento sembrò meno sicuro nei suoi interventi.

La finale della Champions League 2004-05 persa dal Milan contro il Liverpool ad Istanbul segnò un momento di flessione nel ciclo vincente della squadra rossonera, che riscattò quella giornata due anni dopo ad Atene, vincendo la competizione contro gli stessi avversari e con Dida grande protagonista. La Supercoppa Europea del 2007 ed il Mondiale per Club dello stesso anno sarebbero stati gli ultimi trionfi della sua esperienza milanista.

 

L'episodio di Glasgow e il declino

Dopo due Champions League ed uno scudetto, a fine 2007 Dida è uno dei portieri più forti e titolati al mondo, ma un episodio macchia la sua mirabile carriera. Il 3 ottobre, durante il match di Champions League a Glasgow contro il Celtic, un tifoso della squadra di casa invade il campo toccando appena il portiere milanista, che si accascia a terra con una scenata ingiustificabile, che segna l'inizio del declino di Dida.

La sua ultima partita in rossonero è datata 15 maggio 2010, a San Siro contro la Juventus. In seguito a quel match, ormai trentasettenne, Dida abbandona il calcio, salvo poi ricredersi un anno e mezzo dopo.

A maggio 2012, il club Portuguesa in Brasile decide di puntare sull'esperienza di Dida per ricoprire il ruolo di portiere titolare. Nel 2013, Dida diventa portiere titolare del Gremio, poi l'anno successivo giocherà nell'Internacional di Porto Alegre, chiudendo la sua lunga carriera all'età di 42 anni!

 

Che cosa fa ora Nelson Dida?

Dopo aver smesso i guantoni del portiere, Dida inizia la carriera di staff tecnico calcistico, collaborando con i cinesi dello Shenzhen, guidati da Clarence Seedorf. Dopo questa breve esperienza, l'ex portiere brasiliano diventa allenatore dei portieri della squadra egiziana dei Pyramids di Asyut.

E' notizia di agosto 2019 il ritorno di Dida al Milan, in qualità di allenatore dei portieri del Milan under 17. Un ritorno molto gradito a Milanello, campo in cui negli ultimi anni sono cresciuti portieri del calibro di Gianluigi Donnarumma e Alessandro Plizzari ed in cui i prospetti di crescita sono molto positivi anche per l'immediato futuro.

 

Autore: Gianmaria Borgonovo

Che fine ha fatto Bojan Krkić?

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Oggi, probabilmente, dopo un'epoca calcistica trascorsa sotto il segno di Lionel Messi (oltre che Cristiano Ronaldo), se si sentisse parlare di qualcuno come il "nuovo" fenomeno argentino, si starebbe probabilmente ascoltando un amico prendere in giro il compagno scarso al campetto. Nessuno, in poche parole, credo si permetterebbe di accostare un giocatore a Leo, se non per caricarlo di eccessiva pressione. Eppure, ormai una decina d'anni fa, i media credevano di avere trovato veramente l'erede designato. Si chiamava Bojan Krkić, lo conoscerete in molti, ed è stato protagonista di una delle storie di mancati talenti (altro che il già trattato Macheda) più clamorose del calcio moderno. 

La trafila giovanile e l' esordio

 

Il viaggio di Bojan comincia da qui, da un inizio carriera con il Barcellona semplicemente da record. È il 16 settembre del 2007 quando il da poco diciassettenne calca per la prima il prato del Camp Nou. Il fatto non sorprendeva poi più di tanto, in quanto il giovane spagnolo proveniva da un cammino trionfale nella Cantera blaugrana, durante il quale aveva segnato qualcosa come 900 gol.

Si parlava di un ragazzo estremamente completo: rapido, veloce, tremendamente tecnico, freddo sotto porta. A tutto questo, poi, si aggiungeva una quasi inquietante somiglianza con Messi, e fisica e tecnica. Era praticamente un Lionel destro, anche se, ironia della sorte (di nuovo), il giovane era ritenuto quasi ambidestro. Immaginate tutto questo, ed unite un inizio da "craque" in maglia blaugrana, e otterrete una mole di pressioni ed aspettative tale da giustificare un declino inspiegabile. Bojan, comunque, fa il suo esordio in Champions quattro giorni dopo quel diciassette settembre (ed è il più precoce della storia), prima di trovare il primo gol ne La Liga, il primo in Champions, e la prima doppietta in campionato. Manco a dirlo, anche in questi casi frantuma vari record, centrando questi obiettivi prima di Lionel. Sembra, anzi pare evidente che nessuno potrà fermarlo, ma, come spesso succede, il tempo smentirà un po' tutti. 

Gli anni blaugrana e l' inizio della fine

 

Il nostro uomo, dunque, disputa tre stagioni al Barcellona, in cui, pur mantenendo un buon livello, non si esprime come ci si sarebbe aspettati; i suoi gol, al termine della stagione 2010-11 saranno 26 in 104 presenze.

Non sono numeri incredibili, soprattutto se si considera che dopo l'anno dell'esordio erano già 10. Il Barcellona, tuttavia, non perde fiducia nel suo baby fuoriclasse (del resto, ancora ventenne), prestandolo alla Roma.

La sua esperienza si rivela ancora una volta al di sotto delle attese: qualche lampo in mezzo al deserto, e solo sette marcature tra tutte le competizioni. Passerà poi al Milan, ultima occasione nel grande calcio e preambolo di un declino che sembrava impronosticabile. Al Camp Nou questa volta non hanno più fiducia in Bojan, che viene recapitato dagli uomini di mercato in giro per l'Europa a suon di prestiti.

È veramente impietoso vedere come oggi questo giocatore, all' età di 28 anni, sia partito alla volta dell'America (destinazione Montreal) dallo Stoke City in Championship, dopo due ultime avventure con Magonza e Deportivo Alavés e l'ultima stagione appunto in Gran Bretagna.

E perdendo, così, ogni infinitesimale possibilità di tornare ad essere il vero Bojan Krkić Perez.

 

Ombre sulla carriera dello spagnolo

 

La storia di Bojan, comunque, sembrerebbe esser stata influenzata in negativo da problemi a livello caratteriale e psicologico del giocatore. Quest' ultimo ha infatti raccontato, una volta lasciata definitivamente la Catalogna, di essere stato vittima, nel corso degli anni, di numerosi e tremendi attacchi d'ansia. Questi episodi, presentatisi con costanza negli anni post esordio, hanno minato le certezze del ragazzo, spesso impedendogli di allenarsi con la squadra. Puntualmente poi, racconta ancora Bojan, il club nascondeva le assenze, giustificandole con un impegno familiare od un affaticamento. È molto probabile, per non dire certo, che la causa di tutto ciò sia l'enorme pressione addossata al giocatore dai media e dagli addetti ai lavori.

Colpa del nostro sistema di informazione, che gonfia ed affossa con la facilità e la rapidità di un battito di ciglia, ma anche di un destino beffardo, che ha messo Bojan su una strada impossibile da ripercorrere, quella cioè del fenomeno di Rosario, con anche una faccia non troppo differenze (anzi...) a complicare tutto. Strada che Krkić ha percorso quasi solo nella cantera, prima di precipitare in maniera assolutamente inesorabile. Di Messi ce n'è uno solo, se non si fosse capito.

 

Autore: Giovanni Perulli

Che fine ha fatto Marko Livaja?

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Dagli esordi trionfali a tinte nerazzurre al dimenticatoio del Peloponneso, passando per qualche lampo e molti episodi controversi. Si potrebbe riassumere così la carriera (ancora in corso) di Marko Livaja, uno dei tanti ragazzi d'oro della cantera interista che, dopo premesse di alto lignaggio, sono finiti e finiscono ancora a dimenarsi tra le serie minori. Come se la "Scala del calcio", cui i ragazzi della primavera vengono promessi, si trasformasse, per loro, da San Siro, ad una vera e propria scalinata, che corre però in picchiata verso il basso. Come la carriera del nostro Livaja

Gli albori in Europa League 

La storia di Livaja, come detto, comincia a Milano, piazza in cui il croato arriva nelle giovanili ed acquisisce la fama di grande talento; le caratteristiche sono in teoria quelle del bomber classico; sebbene non molto alto (182 cm), si presenta come ugualmente fisico e letale negli ultimi 16 metri.

Questo giocatore si vedrà solamente nel girone di Europa League con la maglia nerazzurra, nel 2012. In quell'occasione, l'allora diciannovenne riesce nell'impresa di siglare 4 gol in 6 partite disputate contro alcune delle squadre più temibili del nostro continente: Rubin Kazan, Netfchi Baku e Partizan Belgrado. Scherzi a parte, il giovane si comporta decisamente bene, alimentando le buone speranze. Un po' come fece quell'Inter del buon Stramaccioni, che partì col botto prima di chiudere con un indecente nono posto in campionato, ed un' eliminazione dall'ex Coppa Uefa che non tardò ad arrivare.

 

Il declino in serie A, quel gol sbagliato, e le "arti marziali" 

La stagione di Marko così precipita, o meglio, si spegne nel nulla. Zero gol fatti da lì al termine, ed uno clamorosamente sbagliato.

Era un'Inter-Genoa bloccata sull'uno pari al minuto numero 90; dalla sinistra arriva una palla tesa per Marko, che a mezzo metro dalla porta si prepara ad un facile tap-in. "Basta mettere lì il piede, il resto lo fa la fisica" si dice. Ma Livaja riesce nell'impresa di fallire l'occasione, stampando la sfera sul palo.

È l'immagine perfetta di un'annata storta, ma il margine sembra esserci ancora.

Il giovane si trasferisce così in prestito all'Atalanta il gennaio successivo, alla corte di Colantuono. Qui le cose, dopo una doppietta (la prima) contro la Roma che sembrava poter fare sbocciare Livaja definitivamente, non vanno meglio, nè in campo, nè fuori. Si scopre infatti un lato preoccupante del giovane croato, una tendenza ad alzare le mani che si ripresenterà con frequenza negli anni successivi. L'esperienza atalantina si conclude tragicamente, con un pugno sferrato ai danni del povero Radovanovic a causa del quale Marko è relegato ai margini della rosa, e costretto a lasciare a fine stagione, con molte certezze in meno ed una sola di nuova, cioè quella di poter, volendo, sfondare nel mondo della WWE (World Wrestling Entertainment). 

Il definitivo sprofondo e la situazione attuale. 

 

Che cosa fa ora Marko Livaja?

Dopo quest'esperienza c'è francamente molto poco da dire a livello tecnico. Livaja percorre l'Europa del calcio che non conta (dalla B italiana alla Grecia, passando per la Russia) ottenendo risultati di modesto livello, per non dire di peggio. Ora milita nell'Aek Atene, in cui tutto sommato, con 15 gol in 52 presenze, si sta giocando discretamente le sue carte. Non perdendo però le brutte abitudini, come conferma un calcione rifilato a Danko Lazovic durante una partita l'agosto scorso.

Grande duttilità come picchiatore dunque per Livaja, che agisce sia in allenamento che in partita, usando sia pugni che calci, e colpendo, oltre ad avversari e compagni, anche arbitri, come fece nella stagione 16/17, quando spinse via il direttore di gara che lo aveva appena espulso.

Ah, come sempre, anche in quel caso, nella sua esperienza al Las Palmas, era partito con il botto grazie ad una doppietta all'esordio contro il Valencia, per poi siglare soltanto altri 3 gol nelle restanti 25 presenze. Un abitudinario vero, il nostro Marko.

 

Autore: Giovanni Perulli

Che fine ha fatto Mauro Goicoechea?

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Ecco la disgraziata storia di un giocatore che verrà ricordato senza dubbio come uno dei più scarsi nella storia del calcio italiano e non solo. Un vero e proprio bidone, sicuramente ancora negli occhi dei tifosi romanisti, anche se, immagino che questi ultimi abbiano provato in tutti i modi a dimenticarlo, come nel più tragicomico esorcismo. Stiamo parlando di Mauro Goicoechea.

 

Un esordio che dice tutto

 

La carriera dell'estremo difensore nato a Montevideo il 27 marzo dell 1988, si sa, non è trascorsa a suon di miracoli e reti inviolate (clean sheets, come dicono i britannici), anzi. Guardando i dati, il bilancio dice 206 reti subite in 156 partite disputate per l'uruguagio, con una media di 1,3 gol subiti a partita, media che si alza ad 1,6 se si considera l'unica esperienza nel calcio che conta, ossia quella giallorossa. Ad ogni modo, le qualità di Goicoechea si erano intuite sin dall'inizio, avendo questi esordito in una sfida persa per 5 a 4 dalla sua squadra. Caso o indicazione dall'alto che fosse, è un episodio che fa sorridere, e riassume al meglio le caratteristiche tecniche del calciatore che poi, 3 anni dopo l'esordio, nel 2013, approderà in una Roma assolutamente imbarazzante a livello difensivo.

 

 

L'esperienza nella capitale

Arrivato per completare un pacchetto portieri da censurare ai più piccoli, composto, oltre a lui, da Stekelenburg e Lobont, esordisce il 31 ottobre, in una sfida persa 3 a 2 dai giallorossi. Le 14 partite che il portierone disputerà da lì in poi saranno all'insegna degli errori, delle incertezze, delle papere. Ne vogliamo ricordare due in particolare, le più vive forse nei ricordi di tutti; la prima, la più incredibile è quella contro il Cagliari, quando Mauro, nel tentativo di bloccare un comodo cross proveniente dalla sinistra, si lascia scappare la sfera senza alcuna opposizione da parte di avversari, lasciando scivolare questa in rete. Un gesto tecnico degno del museo degli orrori, che ha scatenato la celebre reazione di un desolato e desolante Carlo Zampa: "'Nvedi che autogol Goicoechea" riuscì soltanto a ripetere il telecronista di fede romanista.

L'altra, invece, accadde in una sfida di Coppa Italia contro i rivali storici della Lazio, gli odiati cugini. In quell'occasione, con la Roma in vantaggio 1-0, "Goi" non è riuscito a respingere una punizione da distanza siderale di Antonio Candreva; una conclusione innocua, centralissima, semplice da respingere. Ma la figuraccia arrivò comunque, così come la sconfitta per i lupacchiotti, schiacciati 3-2 in quella giornata piovosa. Si è capito dai, l' esperienza Romana dell'uruguaiano è stata un fallimento totale, rivelandosi persino peggiore della stagione stessa del club, finito al sesto posto della classifica. Il "merito" sicuramente è stato anche suo, avendo incassato 24 dei 56 gol con cui la Roma chiuderà la Serie A. Una fase difensiva imbarazzante, come detto.

 

Che cosa fa Mauro Goicoechea oggi?

 

Dopo questa stagione da dimenticare, Mauro precipita in maniera inesorabile verso il dimenticatoio e le serie minori; sulla sua strada ci sono infatti l'Otelul Galati (in Romania) e l'Arouca (in Portogallo), prima dell' approdo alla franchigia del Tolosa (in Francia). Un cammino che parla tristemente da solo, per un uomo finito per caso nel calcio che conta, simbolo di una fase storica della Lupa francamente imbarazzante. Sarà ricordato, purtroppo per lui, per le sue papere, e per la valanga di gol subiti nella capitale. Tanto che, a conferma di un amore tra lui ed i tifosi mai sbocciato, Wikipedia indica nelle sue statistiche 1000 gol subiti nelle 15 presenze romane. No comment...

 

Autore: Giovanni Perulli

Perché una squadra si chiama "Borussia", "Eintracht", "Werder", "Bayer", "Bayern", "Dinamo" o "Lokomotive"?

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Ci saremo chiesti almeno una volta nella vita il significato del nome di alcune squadre di calcio, in particolare di quelle tedesche.

I manuali di calcio e i risultati dei turni preliminari di Europa League riportano la cronaca delle partite di squadre con nomi pittoreschi, che in realtà rappresentano uno spaccato culturale della nazione a cui questi club appartengono.

In questo articolo si risponde alle domande:

 

 

 

  1. Che cosa significa "Borussia" nel nome di una squadra?
  2. Che cosa significa "Eintracht" nel nome di una squadra?
  3. Che cosa significa "Werder" nel nome di una squadra?
  4. Che cosa significa "Bayer" nel nome di una squadra?
  5. Che cosa significa "Bayern" nel nome di una squadra?
  6. Che cosa significa "Dinamo" nel nome di una squadra?
  7. Che cosa significa "Lokomotive" nel nome di una squadra?

Abbiamo risposto ad altre curiosità in questi articoli:

1. Che cosa significa "Borussia" nel nome di una squadra?

Borussia è uno dei nomi di squadra più celebri in Germania. Le squadre che lo portano sono spesso citate nelle notti del calcio europeo, basti pensare alle celebri squadre di Dortmund e Mönchengladbach, da anni protagoniste di Champions League ed Europa League.

Il termine Borussia è il nome latino della Prussia, regione dell'Europa centrale con grande importanza storico-sociale, corrispondente all'area nord-est della Germania e comprendente una parte di Polonia e Lituania.

Per quanto riguarda il Borussia Dortmund, leggenda narra che la squadra fosse stata fondata nel 1909 da un gruppo di giovani di Dortmund non soddisfatti dalla gestione della squadra calcistica locale (Dreifaltigkeits-Jugend), da parte dell'organizzazione cattolica Trinity Youth, in cui gli stessi ragazzi giocavano. L'opposizione al parroco locale, padre Dewald, culminò con la fondazione della squadra in un pub della città (lo Zum Wildschütz) in cui fu impedito l'ingresso all'ecclesiastico durante le riunioni che portarono alla fondazione del club calcistico che tutt'oggi conosciamo.

Tuttavia, il nome Borussia fu assegnato alla squadra più per onorare il vicino birrificio Borussia, piuttosto che le origini prussiane o dette alla latina "borussianae" della città di Dortmund.

Le squadre che portano il nome Borussia sono le già citate: Borussia Dortmund, Borussia Mönchengladbach, Borussia Neunkirchen, Tennis Borussia Berlino, Borussia Fulda e Borussia Düsseldorf.

 

2. Che cosa significa "Eintracht" nel nome di una squadra?

Il termine Eintracht è in utilizzo presso un buon numero di società teutoniche e letteralmente in lingua tedesca significa "Concordia".

In particolare, la squadra più celebre che porta questo nome è l'Eintracht Francoforte, protagonista in Bundesliga e in Europa League.

La celebre squadra della città situata sul Meno deve il suo nome alla fusione tra le due storiche squadre di Francoforte (il Frankfurter Fußball-Club Viktoria von 1899, la prima squadra di calcio fondata a Francoforte e il Frankfurter Fußball-Club Kickers von 1899) e il club di ginnastica Frankfurter Turngemeinde von 1861.

Le squadre che portano il nome Eintracht sono Eintracht Francoforte, Eintracht Braunschweig, Eintracht Duisburg e Eintracht Trier.

 

3. Che cosa significa "Werder" nel nome di una squadra?

Werder è un nome molto particolare, ai limiti del "falso amico" (come si intendono quei termini di una lingua straniera che suggeriscono un significato, ma in realtà ne intendono un altro). Per un italiano appassionato di calcio il Werder Brema è conosciuto come la squadra dei grigio-verdi, ma verde in tedesco si dice grün.

Il termine Werder significa "isolotto sul fiume" Weser (il fiume che percorre Brema) e ricorda il luogo dove i soci fondatori del club disputarono il loro primo match.

L'unico club tedesco a portare il nome Werder è appunto il Werder Brema.

 

4. Che cosa significa "Bayer" nel nome di una squadra?

Molto probabilmente chiunque legga questo articolo avrà sentito il termine "Bayer" come minimo per alcune decine di volte nella propria vita, associato alla nota multinazionale farmaceutica tedesca con sede a Leverkusen. Gli appassionati di calcio giunti a questo punto dell'articolo reagiranno con un "ma come ho fatto a non pensarci prima..." nel comprendere che la grande azienda chimica tedesca non è nient'altro che la ragione per cui la squadra di Leverkusen si chiama con quel nome così comune nelle farmacie.

E a questo punto è ancora più semplice capire perché i giocatori del Bayer Leverkusen siano soprannominati "aspirine", ovviamente in onore del noto farmaco prodotto da Bayer.

 

Tuttavia, il nome Bayer non è stato utilizzato solo per contraddistinguere il sodalizio con sede a Leverkusen, in quanto fino al 1995 il team del dopolavoro dei dipendenti della Bayer di Uerdingen, (città della Renania Settentrionale-Westfalia) era sponsorizzato da Bayer, sotto il nome di Bayer Uerdingen.

 

5. Che cosa significa "Bayern" nel nome di una squadra?

Altro falso amico linguistico, ma di significato molto più semplice da comprendere rispetto a "Werder" è Bayern. Questo prefisso sarà di immediata comprensione per coloro che masticano un po' di lingua tedesca, poiché il termine che compone il nome della pluri-vittoriosa squadra di Monaco, in tedesco significa Baviera (ovvero la regione dove Monaco, per l'appunto di Baviera, è situata).

Un po' come se il la principale squadra di Milano si chiamasse Lombardia Milano.

Il termine Bayern non ha nulla a che fare con l'azienda Bayer ed esso è in utilizzo soltanto per il Bayern Monaco, tra le squadre famose.

 

6. Che cosa significa "Dinamo" nel nome di una squadra?

Abbiamo trattato del nome Dinamo in questo articolo.

 

7. Che cosa significa "Lokomotive" nel nome di una squadra?

 Abbiamo trattato del nome Lokomotiv (termine slavo equivalente al tedesco Lokomotive) in questo articolo.

 

Autore: Gianmaria Borgonovo

Freddure a -90: 8 settembre 2019

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8 settembre: continua la rubrica di freddure, ovvero di battute simpatiche e graffianti riguardanti il calcio italiano ed europeo.

La rubrica è a cura dell'amico Giuseppe Picciariello.

Freddura #1: Conte: “Grande stima e rispetto nei confronti di Nainggolan! Al mio primo anno, volevo anche portarlo al Chelsea. Per poi spedirlo in prestito al Burnley.” 

 

Freddura #2: Milan-Brescia 1-0, Corini sensitivo: “Ho sempre avuto la costante sensazione che potessimo pareggiare. Solo, mi chiedevo: in quale partita?”

 

Freddura #3: Dalbert alla Fiorentina, Montella: “Quando ho detto 'più giocatori arrivano, più sono contento'… beh, devono avermi frainteso!”

 

Freddura #4: Ufficiale Balotelli al Brescia, in delirio i tifosi. Di tutte le altre squadre.

 

Freddura #5: Dopo l’arrivo di Sanchez, Conte tranquillizza Lautaro: “Stia tranquillo. Può fare la prima punta o la seconda punta. Oppure la terza, la panchina, la tribuna o il magazziniere.”

 

Freddura #6: Juventus-Napoli 4-3, Ancelotti: “Koulibaly può sfruttare la pausa per ritrovare la condizione. E, magari, per capire in quale porta buttarla dentro!”

 

Autore: Giuseppe Picciariello


Perché una squadra si chiama "Hertha", "Arminia", "Hansa", "Schalke" o "Kicker"?

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Ci saremo chiesti almeno una volta nella vita il significato del nome di alcune squadre di calcio, in particolare di quelle tedesche.

I manuali di calcio e i risultati dei turni preliminari di Europa League riportano la cronaca delle partite di squadre con nomi pittoreschi, che in realtà rappresentano uno spaccato culturale della nazione a cui questi club appartengono.

In questo articolo si risponde alle domande:

 

 

  1. Che cosa significa "Hertha" nel nome di una squadra?
  2. Che cosa significa "Arminia" nel nome di una squadra?
  3. Che cosa significa "Hansa" nel nome di una squadra?
  4. Che cosa significa "Schalke" nel nome di una squadra?
  5. Che cosa significa "Kicker" nel nome di una squadra?

Abbiamo risposto ad altre curiosità in questi articoli:

1. Che cosa significa "Hertha" nel nome di una squadra?

Il nome Hertha è di origine molto antica ed è attribuito ad una delle squadre più longeve del calcio europeo, l'Hertha Berlino. La squadra, annoverata tra le fondatrici del campionato tedesco deve il proprio nome a Fritz Linder, uno dei suoi fondatori, che decise di assegnare tale nome in onore del battello a vapore Hertha, da cui la squadra mutuò anche i colori sociali bianco e blu. A sua volta, tale nave doveva il proprio nome alla dea germanico-scandinava Hertha (o Nerthus per gli scandinavi) della fertilità.

L'unica squadra a portare il nome Hertha è appunto l'Hertha Berlino, fondata nel 1892 e che data la longevità è soprannominata la "vecchia signora" del calcio tedesco.

 

2. Che cosa significa "Arminia" nel nome di una squadra?

Arminia è un nome di squadra che evoca un eroe teutonico, di nome Arminio, o meglio detto alla tedesca Hermann (nome di uomo molto diffuso anche nella Germania contemporanea). La squadra nata in onore di Arminio è appunto l'Arminia Bielefeld, la cui sede si trova vicino alla foresta di Teutoburgo, laddove l'eroe germanico Arminio sconfisse l'esercito romano più due millenni fa.

Il nome di un eroe dà il nome anche ad un'altra nota squadra europea, l'Ajax di Amsterdam, nata in onore dell'eroe greco Aiace Telamonio.

L'unica squadra a portare il nome Arminia è l'Arminia Bielefeld, soprannominata ironicamente "ascensore" di Germania visto la frequenza di promozioni e retrocessioni dalla Bundesliga alla Zweite Liga.

 

3. Che cosa significa "Hansa" nel nome di una squadra?

Il nome Hansa è innanzitutto una rivendicazione all'importanza della città che ospita la squadra. L'Hansa Rostock, unica squadra tedesca di buon livello a portare il prefisso Hansa nel proprio nome, rivendica la propria rilevanza nel territorio del Nord della Germania ed in particolare nella medievale lega anseatica.

A sua volta, il termine Hansa deriva dal medio-tedesco Hanse, che significa raggruppamento e ricorda la solida unione commerciale di città, guidata un tempo da Lubecca.

 

4. Che cosa significa "Schalke" nel nome di una squadra?

Tra i nomi delle squadre tedesche, il più difficile da scrivere è senza dubbio Schalke, prefisso della squadra Schalke 04 dell'altrettanto complessa da scrivere e pronunciare città di Gelsenkirchen. Il nome deriva dal quartiere di Schalke, a centro-sud di Gelsenkirchen, città della regione Renania Settentrionale-Westfalia.

La squadra fu fondata nel 1904 da un gruppo di ragazzi con il nome di Westfalia Schalke e con i colori sociali giallo e rosso, ben diversi dagli attuali bianco e blu.

L'unica squadra a portare il nome Schalke è appunto lo Schalke 04, campione di Germania in 7 occasioni.

 

5. Che cosa significa "Kicker" nel nome di una squadra?

Un altro termine utilizzato nel calcio germanico è Kicker, presente nel nome di alcune società tedesche, specialmente in quelle dilettantistiche. Il termine kicker significa calciatore ed identifica una società sportiva prettamente calcistica.

Le squadre più note che portano questo nome sono il Kickers Offenbach e il Kickers Stoccarda (entrambe vantano partecipazioni alla Bundesliga tedesca), oltre al Würzburger Kickers.

 

Autore: Gianmaria Borgonovo

Note a pié pagina de I casi Ronaldo, Guardiola e Sturaro: quando davvero può parlarsi di aggiotaggio nel calcio?

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Le note riportate in questa pagina si riferiscono all'articolo: I casi Ronaldo, Guardiola e Sturaro: quando davvero può parlarsi di aggiotaggio nel calcio?

 

Nota #1. Testo unico finanziario.

 

Nota #2. Formalmente rubricato aggiotaggio.

 

Nota #3Art. 187-ter: “1. Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da ventimila euro a cinque milioni di euro chiunque viola il divieto di manipolazione del mercato di cui all'articolo 15 del regolamento (UE) n. 596/2014.

2. Si applica la disposizione dell'articolo 187-bis, comma 5.

3. omissis

4. Non può essere assoggettato a sanzione amministrativa ai sensi del presente articolo chi dimostri di avere agito per motivi legittimi e in conformità alle prassi di mercato ammesse nel mercato interessato.

5. omissis

6. omissis

7. omissis”.

 

Nota #4: Altrimenti che danno ne riceverebbero le trasmissioni TV o i principali quotidiani sportivi, soprattutto nel mese di agosto quando gli italiani sono al mare?

 

Nota #5: Art. 187-quinquies: “L'ente è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da ventimila euro fino a quindici milioni di euro, ovvero fino al quindici per cento del fatturato, quando tale importo è superiore a quindici milioni di euro e il fatturato è determinabile ai sensi dell'articolo 195, comma 1-bis, nel caso in cui sia commessa nel suo interesse o a suo vantaggio una violazione del divieto di cui all'articolo 14 o del divieto di cui all'articolo 15 del regolamento (UE) n. 596/2014: 

a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria o funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;

b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).

2. Se, in seguito alla commissione degli illeciti di cui al comma 1, il prodotto o il profitto conseguito dall'ente è di rilevante entità, la sanzione è aumentata fino a dieci volte tale prodotto o profitto.

3. L'ente non è responsabile se dimostra che le persone indicate nel comma 1 hanno agito esclusivamente nell'interesse proprio o di terzi.

4. In relazione agli illeciti di cui al comma 1 si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 6 , 7, 8 e 12 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 . Il Ministero della giustizia formula le osservazioni di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sentita la CONSOB, con riguardo agli illeciti previsti dal presente titolo”.

 

Nota #6: Quindi la sanzione che avrebbe potuto ricevere sarebbe stata di € 90.000.000,00.

 

Nota #7: Ricordiamoci il recente “caso Chievo”

 

Nota #8: Si dice che, a breve, toccherà all'Inter.

 

Torna all'articolo

I casi Ronaldo, Guardiola e Sturaro: quando davvero può parlarsi di aggiotaggio nel calcio?

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1. Introduzione

Vi ricordate la foto pubblicata sui principali quotidiani sportivi nel 1998 con raffigurati, tra gli altri, il “Mancio nazionale”, Nesta, Boksic e Nedved che alzavano la loro bombetta al cielo?

Quella pittoresca foto della rosa della Lazio, che nel successivo biennio si sarebbe laureata campione d’Italia per la seconda volta nella sua storia, annunciava la quotazione in borsa della società SS Lazio.

Quello è stato l’inizio di un percorso per le nostre squadre di calcio che dovrebbe, un domani, portare, almeno le principali “big” della serie A, ad emulare la scelta fatta dalla Lazio, appunto nel 1998, dalla Roma nel 2000 e dalla Juventus nel 2001.

Del resto, si tratta in molti casi di veri e propri “colossi finanziari” che non hanno nulla da invidiare, né per complessità aziendale né per fatturato, ad alcune multinazionali che “producono” qualcosa di tangibile.

 

Il vantaggio fiutato dal nostro pallone è presto detto: la quotazione permette di reperire ulteriori capitali da re-investire per rafforzare la squadra e magari costruire un nuovo stadio con una multipla offerta di intrattenimento, nella prospettiva di aumentare i ricavi e, si spera, i profitti.

Chiaramente, la quotazione in borsa di una società richiede il rispetto di tutta una serie di regole, nonché la sottoposizione ad un rigido controllo. Le nostre tre società di calcio quotate devono dunque adempiere ad una serie di attività e requisiti richiesti. 

In caso contrario, corrono il rischio di ricevere sanzioni, che possono essere anche di non poco conto dal punto di vista economico. Ma vi è di più.

Nell'ambito delle nostre squadre quotate sono anche vietati determinati comportamenti. Alcuni di essi, addirittura, possono eventualmente comportare la commissione di illeciti penali.

Si parla molto spesso di aggiotaggio.

Tanto per rammentare casi recenti, chi non si ricorda dell’energico rialzo delle azioni della Juventus quando nel 2018 la squadra torinese stava trattando l’arrivo di Ronaldo o quando nel corso di questa estate si era parlato del possibile arrivo di Guardiola come nuovo allenatore?

Recentemente, poi, vi è stato anche chi ha parlato di un tentativo della stessa Juventus di coprire le perdite derivanti da una notevole “caduta” delle sue azioni, in seguito ad alcune pesanti sconfitte, attraverso la realizzazione di “dubbie” plusvalenze con giocatori di secondo piano.

Questo contributo si prefigge l’obiettivo di spiegare, in modo semplice per i profani del diritto nonché tifosi del nostro pallone, cosa si intende per reato di aggiotaggio, nonché di dare una valutazione degli episodi citati, alla luce della normativa vigente, al di là di quale possa essere stata la scelta delle Autorità competenti ad indagare per queste vicende, che tanto hanno “ingolosito” o preoccupato i tifosi.

 

2. L'aggiotaggio in Italia

L’aggiotaggio è un illecito penale che trova il proprio fondamento normativo, prima di tutto, in due norme del codice penale e del codice civile. In primo luogo, abbiamo l’art. 501 del codice penale, secondo cui: “Chiunque, al fine di turbare il mercato interno dei valori o delle merci, pubblica o altrimenti divulga notizie false, esagerate o tendenziose o adopera altri artifici atti a cagionare un aumento o una diminuzione del prezzo delle merci, ovvero dei valori ammessi nelle liste di borsa o negoziabili nel pubblico mercato, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da 516 euro a 25.822 euro.

Se l'aumento o la diminuzione del prezzo delle merci o dei valori si verifica, le pene sono aumentate.

Le pene sono raddoppiate:

1) se il fatto è commesso dal cittadino per favorire interessi stranieri;

2) se dal fatto deriva un deprezzamento della valuta nazionale o dei titoli dello Stato, ovvero il rincaro di merci di comune o largo consumo.

Le pene stabilite nelle disposizioni precedenti si applicano anche se il fatto è commesso all'estero, in danno della valuta nazionale o di titoli pubblici italiani.

La condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici”.

 

In secondo luogo, l’illecito trova fondamento normativo nell'art. 2637 del codice civile che, rubricato (ovvero intitolato) “aggiotaggio” così dispone: “Chiunque diffonde notizie false, ovvero pone in essere operazioni simulate o altri artifici concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari non quotati o per i quali non è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato (2), ovvero ad incidere in modo significativo sull'affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari, è punito con la pena della reclusione da uno a cinque anni”.

Tra gli addetti ai lavori si parla ancora di reato di aggiotaggio per quanto concerne l’illecito previsto dall'art. 185 D. Lgs. 58/1998 (anche definito TUF vedi nota #1).

 

Tale norma così recita: “1. Chiunque diffonde notizie false o pone in essere operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari, è punito con la reclusione da due a dodici anni e con la multa da euro ventimila a euro cinque milioni.

1-bis. Non è punibile chi ha commesso il fatto per il tramite di ordini di compravendita o operazioni effettuate per motivi legittimi e in conformità a prassi di mercato ammesse, ai sensi dell'articolo 13 del regolamento (UE) n. 596/2014. 

2. Il giudice può aumentare la multa fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dal reato quando, per la rilevante offensività del fatto, per le qualità personali del colpevole o per l'entità del prodotto o del profitto conseguito dal reato, essa appare inadeguata anche se applicata nel massimo.

2-bis. Nel caso di operazioni relative agli strumenti finanziari di cui all'articolo 180, comma 1, lettera a), numeri 2), 2-bis) e 2-ter), limitatamente agli strumenti finanziari il cui prezzo o valore dipende dal prezzo o dal valore di uno strumento finanziario di cui ai numeri 2) e 2-bis) ovvero ha un effetto su tale prezzo o valore, o relative alle aste su una piattaforma d'asta autorizzata come un mercato regolamentato di quote di emissioni, la sanzione penale è quella dell'ammenda fino a euro centotremila e duecentonovantuno e dell'arresto fino a tre anni.

2-ter. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche:

a) ai fatti concernenti i contratti a pronti su merci che non sono prodotti energetici all'ingrosso, idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo o del valore degli strumenti finanziari di cui all'articolo 180, comma 1, lettera a);

b) ai fatti concernenti gli strumenti finanziari, compresi i contratti derivati o gli strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito, idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo o del valore di un contratto a pronti su merci, qualora il prezzo o il valore dipendano dal prezzo o dal valore di tali strumenti finanziari;

c) ai fatti concernenti gli indici di riferimento (benchmark)”.

Questa copiosa normativa, prevalentemente frutto di interventi legislativi di spinta europea, punisce, più in generale, la condotta di chi, attraverso la divulgazione di notizie false o, comunque, prive di previa verifica sul fondamento delle stesse, o con qualunque ulteriore azione ingannevole e/o simulatoria di qualcosa che, in realtà, non è accaduto e/o non accadrà per davvero, possa mutare il valore delle merci prodotte o delle azioni o altri strumenti finanziari, si tratti o meno di una società quotata in borsa.

Ovviamente, la presenza di tre diverse norme sparse nel nostro immenso corredo legislativo richiede una precisazione su quando debba trovare applicazione ciascuna di esse.

Va allora precisato che il reato di “Rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio”, ovvero l’ipotesi di aggiotaggio prevista dall'art. 501 del codice penale rappresenta l’ipotesi generale di tale illecito, ricomprendendo nella propria descrizione ogni tipo di aggiotaggio.

Quanto previsto invece dall'art. 2637 del codice civile (vedi nota #2) e dall'art. 185 TUF inerisce invece due ipotesi speciali di aggiotaggio, che si differenziano dall'ipotesi base, di cui all'art. 501 codice penale, per un elemento specifico.

La prima norma, infatti, punisce le ipotesi di aggiotaggio ove la diffusione di notizie false o le condotte ingannevoli siano idonee a mutare il prezzo delle azioni o di altri strumenti finanziari di società non quotate. La seconda punisce la stessa condotta ma quando si tratti di società quotate.

Essendo gli illeciti di aggiotaggio previsti dagli artt. 2637 codice civile e 185 TUF “speciali” rispetto all'ipotesi base, di cui all'art. 501 del codice penale, a seconda delle peculiarità del caso concreto, il PM incaricato potrà contestare soltanto una di tale fattispecie: se la diffusione di notizie false o le condotte simulatorie sono risultate idonee ad alterare il prezzo di strumenti finanziari (come le stesse azioni di una società) allora non potrà trovare applicazione l’ipotesi base prevista dall’art. 501 codice penale ma, a seconda del fatto se la società che ha emesso gli strumenti finanziari sia quotata o meno, troverà applicazione o l’art. 2637 codice civile o l’art. 185 TUF.

Questi tre reati, come suggerito dal testo sopra riportato degli stessi, possono essere commessi da chiunque. Ciò significa che non deve necessariamente trattarsi di soggetti che operino nell’ambito delle società rispetto alle quali vengano diffuse notizie false o commesse condotte fraudolente idonee a modificare il prezzo della merce che producono o degli strumenti finanziari che emettono.

Bisogna tenere presente che questi reati possono essere commessi solo da persone fisiche. Questo significa che quando si sente di ipotesi di reato aggiotaggio, come gli esempi noti di cui si è accennato sopra, significa, prima di tutto, che le Autorità stanno indagando su qualcuno, diverso dalla squadra di calcio coinvolta nella notizia e che potrebbe essere anche un giornalista, a cui viene contestato di avere diffuso notizie false o qualunque altra attività idonea ad alterare il prezzo, per esempio, delle azioni.

E la società? La società può comunque “commettere” aggiotaggio, ma “scomodando” altre norme e con le implicazioni che si vedranno nel prosieguo. 

Prime conclusioni.

Tenendo in debito conto quale è l’obiettivo principale di questo contributo, vale a dire spiegare perché in alcuni recenti e famosi casi si è parlato di aggiotaggio nel calcio, nonché comprendere quali possano essere davvero i rischi che il nostro pallone può correre rispetto a questo illecito, è chiaro che, alla luce della differenziazione normativa sopra esplicata, si possono fornire le prime due importanti informazioni ai lettori curiosi sul punto:

1. Il reato di aggiotaggio può essere commesso nell’ambito di qualunque società del nostro calcio, ove vi sia stata l’emissione di strumenti finanziari. Per farla semplice, quindi, qualunque società che presenti azioni, come ad esempio l’Inter o il Milan, può vedersi all’improvviso alterato il valore delle stesse azioni in ragione della diffusione di notizie false o attraverso condotte ingannevoli. In questo caso troverebbe applicazione il reato di aggiotaggio previsto dall’art. 2637 codice civile.

2. Per quanto concerne le condotte idonee ad alterare il valore alle azioni delle nostre squadre quotate (quindi Lazio, Roma e Juventus) trova applicazione il reato di cui all’art. 185 TUF. Questo significa che quando si è parlato di aggiotaggio per la diffusione di notizie sulle trattative di Ronaldo e Guardiola con la Juventus si faceva riferimento a quest’ultimo “tipo” di aggiotaggio.

 

3. L'aggiotaggio commesso dalle società

Qualora venga commesso l’aggiotaggio di strumenti finanziari di società quotate in borsa, può accadere che venga contestato un illecito di aggiotaggio anche alla società coinvolta.

Ecco allora che quando abbiamo letto titoli come: “Caso Guardiola, la CONSOB indaga sulla Juve”, il giornalista non diceva proprio una “castroneria”.

E’ giusto però spiegare bene come e quando la società può commettere aggiotaggio.

I casi in cui si parla di aggiotaggio da parte di una società sono due. Essi sono previsti dagli artt. 187 quinquies D. Lgs. 58/1998 (TUF) e 25 sexies D. Lgs. 231/2001.

Nella prima ipotesi si tratta di un illecito amministrativo (quindi non un reato), di cui si ritiene responsabile la società quando venga commesso l’illecito previsto dall’art. 187 ter TUF (vedi nota #3) di “manipolazione del mercato”, che sanziona, con una sanzione pecuniaria fino al 15% del fatturato, tutti quei casi ove si verifichi un mutamento del prezzo di azioni o altri strumenti finanziari di una società attraverso condotte che non siano simulatorie o ingannevoli e non consistano neanche nella diffusione di notizie false.

Si tratta dunque di un’ipotesi residuale che trova applicazione, con intervento sanzionatorio non già della Magistratura penale ma della CONSOB, quando la manipolazione del mercato o aggiotaggio non presenti le peculiarità di cui all’art. 185 TUF e non risulti, quindi, penalmente rilevante.

Data la genericità della definizione di “manipolazione del mercato”, in questa ipotesi di illecito amministrativo possono rientrare le più disparate condotte, anche involontarie, che abbiano l’effetto di influire sul prezzo delle azioni o di altri strumenti finanziari della società che abbia emesso gli stessi.

Ecco allora perché si parla così spesso di indagini per aggiotaggio su alcune delle “big” del nostro calcio quotate in borsa durante l’estate, nonostante il calcio mercato, anche se fantasioso, sia da sempre parte del gioco (vedi nota #4). 

Tuttavia, non basta che si verifichi un riconoscibile mutamento del prezzo delle azioni o di altri strumenti finanziari di una società quotata, affinché quest’ultima possa essere sanzionata, ai sensi dell’art. 187 quinquies per rimando all’art. 187 ter TUF, è richiesto che la condotta illecita di cui all’art. 187 ter TUF venga commessa da persone che lavorano o comunque collaborano con la stessa società, dunque da “suoi uomini” (vedi nota #5).

Per fare un esempio che c’entra con il calcio, una società del nostro pallone, tra quelle quotate in borsa, può essere sanzionata qualora un suo dirigente o, comunque un suo dipendente particolarmente influente, diffonda la notizia, non falsa ma comunque non ancora totalmente fondata (come per esempio l’arrivo di Ronaldo alla Juve in un momento in cui ancora la trattativa non era a buon punto e poteva saltare tutto) così da permettere un rialzo del prezzo delle azioni della società, magari non particolarmente ingente ma comunque tale da permettere un buon guadagno a chi le possiede.

La seconda ipotesi di aggiotaggio commesso dalla società concerne una responsabilità da reato, ai sensi del D. Lgs. 231/2001, per la quale, dunque, può avere luogo un vero e proprio processo penale.

L’art. 26 sexies del predetto Decreto stabilisce che, qualora si verifichi l’aggiotaggio previsto dall’art. 185 TUF sopra descritto, dunque abbiano luogo condotte consistenti nella diffusione di false informazioni o comunque in attività simulatorie o ingannevoli idonee ad influire su un ingente mutamento del prezzo delle azioni o di altri strumenti finanziari emessi da una società quotata in borsa, la stessa società possa ricevere una sanzione fino ad € 1.549.000,00.

Ovviamente, affinché la società venga chiamata a rispondere “penalmente” ai sensi del D. Lgs. 231/2001 è necessario che il reato, di cui all’art. 185 TUF, venga commesso da un soggetto che “lavora” per la stessa società, o in una posizione di vertice o come subordinato ad altri.

Inoltre, l’attività di aggiotaggio deve essere commessa nell’interesse o a vantaggio della società.

Così, pensando al calciomercato, facendo magari un esempio concreto, potrebbe aversi aggiotaggio della società AS Roma se un magazziniere, magari preoccupato dell’andamento in borsa della squadra per cui lavora e che tifa, facesse pervenire ad un giornalista del Corriere dello Sport la notizia falsa di avere sentito il dirigente Petrachi parlare al telefono con il Presidente Pallotta e confidargli di essere sul punto di acquistare Leo Messi a parametro zero, così comportando il rialzo delle azioni della società.

Al fine di prevenire il rischio di incorrere in una responsabilità per l’illecito, di cui all’art. 25 sexies D. Lgs. 231/2001, le società possono adottare un modello di organizzazione, gestione e controllo e nominare un Organismo di Vigilanza.

Il primo strumento citato, che deve essere valutato idoneo a prevenire l’illecito da un eventuale Pubblico Ministero e poi Giudice, che siano incaricati nell’ambito di un eventuale procedimento penale originato dal verificarsi di una fatto di aggiotaggio di cui all’art. 25 sexies D. Lgs. 231/2001, consiste in un insieme di regole, procedure e prassi funzionali alla prevenzione dei rischi di commissione di reati riscontrati (eventualmente anche l’art. 185 TUF), di cui viene premessa una approfondita analisi, unitamente ad una spiegazione delle caratteristiche dei reati che potrebbero essere commessi all’interno delle società.

L’Organismo di Vigilanza è invece un organo societario che presenta la funzione di vigilare sulla corretta attuazione del modello di organizzazione, gestione e controllo nonché del rispetto della regolamentazione in esso prevista da parte di tutti i collaboratori della società, siano essi in una posizione di vertice o meno.

Una volta chiarito cosa si intende per reato di aggiotaggio e per aggiotaggio da parte di una società, abbiamo tutti gli strumenti per potere “interpretare” alcuni recenti casi ove i giornali hanno parlato di aggiotaggio nel calcio.

 

4. I casi Ronaldo, Guardiola e Sturaro.

Procediamo con l’analisi di alcuni recenti casi in cui molte testate giornalistiche hanno parlato di aggiotaggio nel calcio.

Verranno trattati tre casi originati dai seguenti fatti: (i) la trattativa della Juventus per acquistare Ronaldo dal Real Madrid nell’estate del 2018; (ii) la trattativa sempre della Juventus per ingaggiare Pep Guardiola come nuovo allenatore nell’estate 2019; (iii) la cessione di Sturaro dalla Juventus al Genoa per una cifra ritenuta troppo elevata, proprio in concomitanza della sconfitta della stessa squadra torinese contro l’Atletico Madrid in Champion’s League, che aveva determinato un grosso calo delle azioni della società.

 

4.1 Il caso Ronaldo

Nell’estate del 2018, all’improvviso, è esplosa una vera e propria “bomba giornalistica”: Ronaldo stava per andare alla Juventus!

All’inizio, quando i giornali sportivi avevano riportato la notizia in pochi ci avevano creduto. “E’ fantacalcio”, si diceva. “Ma figurati se Ronaldo viene alla Juventus!”, “Come fa la Juventus a permettersi Ronaldo?!”

Poi, dopo giorni che se ne parlava e, soprattutto, in ragione del fatto che il fenomeno portoghese non si preoccupava affatto di smentire la trattativa, qualcuno ha iniziato a crederci. Via via, il credito della notizia è aumentato, tanto che anche qualche esponente di spicco del giornalismo sportivo televisivo ha iniziato ad affermare che, forse, poteva essere vero.

Così le azioni della Juventus hanno cominciato a “salire”, con notevole vantaggio per la società torinese.

Qualcuno ha iniziato a dire: “ecco come pagheranno Ronaldo, con i “guadagni” ottenuti in borsa”.

Altri, invece, ritenendo, non tanto erroneamente, che non era nel “DNA” dei bianconeri acquistare e strapagare un giocatore di trentatre anni, hanno diffuso il sospetto che si trattasse di una “bufala”, proprio funzionale ad ottenere una ingente speculazione in borsa, magari poi da reinvestire nel “vero” obiettivo di calciomercato che era Icardi.

Ecco allora che i giornali sportivi hanno iniziato a parlare di aggiotaggio da parte della Juventus, con conseguente indagine della CONSOB e, forse, della Procura della Repubblica.

Ora, noi tutti sappiamo che alla fine Ronaldo è arrivato davvero, ma, ad ogni modo, proviamo a fornire una spiegazione sulle ragioni per le quali qualcuno aveva diffuso la notizia che alla squadra torinese potesse essere contestato l’aggiotaggio.

All'inizio i “sospettosi” ritenevano che la notizia dell’arrivo di Ronaldo alla Juventus fosse semplicemente falsa. In ragione quindi del forte aumento di valore delle azioni della società si parlava di aggiotaggio della Juve, ritenendo potesse essere stato commesso il reato previsto dall’art. 185 TUF, con conseguente pericolo per i bianconeri di incorrere in una responsabilità da reato, ai sensi dell’art. 25 sexies D. Lgs. 231/2001.

Certo, non era chiaro chi avesse diffuso la notizia: qualche giornalista fantasioso? Perché se era così, non era certamente la società a correre rischi allora, ma solo questo ipotetico “romanziere di fantamercato”. Questo anche perché la dirigenza della società all’inizio smentiva, non essendo del resto sicura di portare a termine l’acquisto.

Alla fine non sapremo mai chi ha iniziato a diffondere la notizia e, ribadisco, dal momento che Ronaldo alla fine è veramente approdato a Torino e non possono essere contestate né alla società né a nessun altro attività di diffusione di notizie false o di operazioni ingannevoli o simulatorie, poco importa.

Allora, pensiamo come si sarebbe potuta interpretare la vicenda se alla fine Florentino Perez non avesse ceduto alla volontà del giocatore portoghese di andarsene da Madrid e quest’ultimo fosse rimasto nelle “merengues” contro la sua volontà.

Probabilmente, non conoscendo l’identità del diffusore della notizia, non vi sarebbe stata comunque nessuna concreta contestazione.

Tuttavia, magari un Pubblico Ministero fantasioso avrebbe potuto ritenere la trattativa per l’acquisto di Ronaldo come una condotta simulatoria e ingannevole funzionale al rialzo del prezzo delle azioni della Juventus, con conseguente contestazione al Presidente Agnelli, che aveva direttamente gestito la trattativa, del reato di aggiotaggio previsto dall’art. 185 TUF e, quindi, alla Juventus dell’illecito dipendente da reato, previsto dall’art. 25 sexies D. Lgs. 231/2001. L’esito di un eventuale procedimento penale, poi, sarebbe stato abbastanza incerto perché, non solo la Juve dispone di un modello di organizzazione, gestione e controllo da lungo tempo implementato ma, oltretutto, la natura simulatoria e ingannevole della trattativa, essendo questa avvenuta davvero, sarebbe stata fortemente difficile da valutare.

Altrimenti, la stessa trattativa, pur se non simulatoria e ingannevole, avrebbe potuto essere ritenuta dalla CONSOB comunque “manipolatoria” del mercato. 

In questo caso la Juventus avrebbe potuto rischiare una sanzione pecuniaria fino al 15% del proprio fatturato, che nel 2018 ammontava a quasi € 600.000.000,00 (vedi nota #6).

Tuttavia, anche la CONSOB avrebbe avuto difficoltà a considerare manipolatoria una trattativa fallimentare ma realmente avvenuta.

 

4.2 Il caso Guardiola

Rispetto al caso Ronaldo, quello che ha interessato la trattativa, vera o presunta che fosse, per l’ingaggio di Guardiola alla Juventus potrebbe portare ad esiti interpretativi più interessanti.

In questo caso, infatti, Guardiola non è arrivato, rimanendo ad allenare il Manchester City, come da lui sempre dichiarato.

Inoltre, potrebbero indurre sospetto, o forse no, alcuni fatti che fanno da contorno alla vicenda.

Ricostruendo brevemente l’accaduto, tutto è cominciato quando, al termine dello scorso campionato, dopo l’ennesima delusione europea, ha iniziato a diffondersi la voce che Massimiliano Allegri non sarebbe più stato l’allenatore della Juventus. Addirittura, c’era qualche quotidiano sportivo che sosteneva come fosse Ronaldo a spingere per il cambio di allenatore, non ritenendo il vincitore degli ultimi cinque scudetti all’altezza delle sue aspettative di gioco.

Immediatamente dopo, con una “tiritera” durata grossa parte del mese di giugno, si è iniziato a parlare della possibilità che il nuovo “top player” della Juventus potesse essere Pep Guardiola!

La voce ha quindi iniziato a girare, venendo considerata sempre più credibile.

La conseguenza è stata che si è verificato un forte rialzo delle azioni della Juventus, che sono letteralmente “volate” in borsa.

Al tempo stesso però, mentre i dirigenti della Juventus non commentavano la notizia ma lasciavano qualche speranza per i tifosi, dal momento che non smentivano neanche, l’allenatore catalano negava e ancora negava.

In contemporanea, veniva diffusa la notizia che il Manchester City poteva ricevere sanzioni per avere violato le regole del “Fair play finanziario”, rischiando addirittura l’esclusione dalla Champions League 2019/2020.

Quest’ultima notizia portava sempre maggiore credibilità alla possibilità che davvero Guardiola potesse lasciare il club inglese per approdare a Torino.

Poi, si è iniziato a parlare di Conte e della possibilità che, ove la Juventus non fosse riuscita a “strappare” Guardiola al Manchester City avrebbe potuto “ripiegare” sul tecnico salentino.

Chi riteneva che alla fine Antonio Conte sarebbe ritornato bianconero fondava il proprio pensiero su un argomento di non poco conto: come avrebbe potuto la Juve spendere € 20.000.000,00 all'anno per un allenatore, avendo oltretutto il “peso” dell’ingente ingaggio di Ronaldo?

Alla fine era passato un mese e si avvicinava la data del ritiro della squadra torinese, che avrebbe dovuto ricominciare la stagione. Anche se i giornali continuavano a “dare per fatta” la trattativa tra Guardiola e la Juventus, ancora il nome del nuovo allenatore della Juventus non c’era.

Mentre le azioni della Juventus volavano ed i tifosi della squadra torinese sognavano ma si spazientivano, in quanto era ancora sconosciuto il nome del nuovo allenatore, sono successi due fatti molto curiosi, ma anche significativi, con il “senno del poi”.

Mentre si parlava della trattativa che poteva portare Guardiola alla Juve, ma anche delle difficoltà per realizzarla:

- Antonio Conte veniva “intercettato” a Torino in evidente attesa, con l’Inter che “gli faceva la corte” e con lui che, per il momento, tardava a dare una risposta;

- Maurizio Sarri ed il Chelsea, dopo un anno turbolento con “divorzio annunciato” e poi “rimandato” in ragione della vittoria dell’Europa League, iniziavano a trattare un rinnovo di contratto o un’uscita dalla società inglese.

Intanto, sempre in quel periodo, si era in attesa di una decisione dell’UEFA sulle sanzioni per il Manchester City, che però tardava ad arrivare.

Le azioni della Juventus continuavano a volare.

Alla fine, sappiamo tutti come è andata. Guardiola è rimasto a Manchester e la Juventus ha ingaggiato Maurizio Sarri preferendolo ad Antonio Conte, che si è quindi “accasato” all'Inter.

Tuttavia, questa storia ha generato di nuovo forti sospetti di aggiotaggio per la Juventus.

Vediamo quindi di fornire un’interpretazione.

La notizia della trattativa di Guardiola alla Juventus potrebbe anche essere considerata falsa e diffusa con il chiaro intento di fare aumentare il valore delle azioni della squadra torinese.

A fondamento della “falsità” della predetta notizia, c’è da dire che Guardiola non ha mai ammesso dell’esistenza di una trattativa. Anzi, il catalano ha sempre negato, manifestando la propria volontà di restare al Manchester City anche qualora la squadra inglese fosse stata esclusa dalla prossima Champions League.

Non si è a conoscenza di indagini da parte di qualche Procura della Repubblica, ma essendosi verificati questi fatti nel corso dell’estate appena conclusa, non è da escludere colpi di scena della Magistratura nei prossimi mesi.

Certo, un’accusa del genere potrebbe essere sostenuta solo qualora “spuntasse” fuori il responsabile della diffusione di questa “falsa” notizia e questo risultasse lavorare proprio per la Juventus.

Solo in questo caso potrebbe essere contestato a quest’ultimo il reato di aggiotaggio previsto dall’art. 185 TUF e alla Juventus la responsabilità da reato, ai sensi dell’art. 25 sexies D. Lgs. 231/2001.

Tuttavia, semmai si verificasse un’ipotesi del genere, sono sicura che i bravissimi difensori della società torinese farebbero presente al Pubblico Ministero competente che, al di là delle dichiarazioni di Guardiola, che avrebbero potuto essere di facciata, vi erano degli “indizi” che davano credibilità alla trattativa con l’allenatore del Manchester City. Antonio Conte, infatti, potrebbe avere atteso ad accettare la “chiamata” dell’Inter, rimanendo a Torino, perché sperava che la trattativa con Guardiola, certamente difficile, saltasse così da essere una valida alternativa. Ancora, Sarri, forse, potrebbe avere atteso a definire la propria posizione con il Chelsea perché, anche lui, attendeva di capire se la Juve, che aveva manifestato un apprezzamento nei suoi confronti, potesse optare per lui, rinunciando ad investire notevoli cifre per assicurarsi l’allenatore catalano.

Vista in questo modo, effettivamente, la notizia della trattativa di Guardiola e la Juventus potrebbe essere considerata tutt’altro che falsa, con conseguente perdita di credibilità dell’accusa di aggiotaggio.

Nel corso di questa estate, in realtà, si parlava soprattutto di indagini da parte della CONSOB, dunque per l’ipotesi di manipolazione del mercato senza il compimento di attività quali la diffusione di notizie false o di condotte simulatorie o ingannevoli. Data la genericità della definizione di manipolazione del mercato, tutto potrebbe essere. Tuttavia, anche alla luce delle argomentazioni di cui sopra che, immagino, potrebbero essere utilizzate dalla Juventus per difendersi, credo che anche la CONSOB potrebbe arrivare a ritenere che più che una manipolazione del mercato azionario questa estate abbia in realtà avuto luogo una trattativa fallimentare.

 

4.3 Il caso Sturaro

Da ultimo, ritengo sia utile offrire dei chiarimenti su un’altra vicenda che ha fatto molto discutere i giornalisti sportivi, molti dei quali improvvisatisi giuristi esperti dell’aggiotaggio.

Mi riferisco a quanto accaduto nel mese di febbraio del corrente anno.

La Juventus era attesa a Madrid per una partita molto importante il 20 febbraio: gli ottavi di finale di Champions League con l’Atletico Madrid, poi terminata con una cocente sconfitta per 2 a 0. Questo evento aveva fatto “colare a picco” le azioni della società.

Nel corso del calcio mercato di riparazione invernale, proprio in quello stesso periodo, esattamente il 6 febbraio, la società torinese aveva ceduto a titolo definitivo al Genoa il difensore Sturaro per € 18.000.000,00. Questo aveva fatto molto discutere, essendo da molti ritenuto l’ennesimo abuso di plusvalenze da parte della Juventus, il cui bilancio era in rosso a causa dell’operazione Ronaldo e necessitava di essere “rimpolpato” attraverso qualche cessione di rilevo. Come tale non era stata considerata quella di Sturaro, dai più ritenuto un panchinaro di poco valore. 

Il successivo 13 marzo la Juve aveva ribaltato il risultato della partita di andata e aveva battuto l’Atletico Madrid per 3 a 0, qualificandosi per i quarti di finale di Champions League. Questo fatto aveva portato ad un netto rialzo delle azioni della società torinese.

Poco dopo, il 17 marzo, mettendo in campo le riserve, i bianconeri avevano ricevuto una “sonora batosta”, perdendo per 2 a 0 a Marassi contro il Genoa, con gol dell’ex Sturaro.

Questo insieme di accadimenti ha fatto urlare qualcuno allo scandalo.

E’ stato infatti ipotizzato che la Juventus, molto sofferente economicamente per l’acquisto di Ronaldo con inevitabili implicazioni rispetto alla sua quotazione in borsa, avesse cercato di “taroccare” la “risposta del mercato” azionario attraverso cessioni gonfiate e, contemporaneamente, risultati sportivi molto dubbi.

In particolare, nell’ordine:

- la Juve avrebbe ceduto Sturaro per ottenere un rialzo del prezzo delle azioni attraverso la “sistemazione” del bilancio;

- la sconfitta con l’Atletico Madrid, dopo qualche giorno, avrebbe riabbassato il prezzo delle azioni della società torinese, che avrebbe dovuto correre ai ripari per evitare perdite;

- dopo la vittoria nel ritorno di Champion’s League con l’Atletico Madrid le azioni sarebbero “risalite” e, allora, per ricompensare l’aiuto “economico” ricevuto, la Juve sarebbe scesa in campo per perdere con il Genoa qualche giorno dopo.

Ora, precisando che, anche in questo caso, non risultano indagini penali né tantomeno alcuna attività investigativa della CONSOB, tanto da fare pensare che tutto sia finito in una “bolla di sapone” utilizzata per vendere i giornali ed ottenere audience televisiva, ritengo sia comunque utile e interessante dare un’interpretazione anche di tali fatti.

Tra gli accadimenti citati, quello che certamente ha creato maggiore scalpore è la cessione di Sturaro per un prezzo ritenuto troppo elevato.

Questo è notoriamente un “trucchetto” utilizzato dalle società del nostro calcio per “sistemare” i bilanci (vedi nota #7).

La “sistemazione” del bilanci, forse, potrebbe avere un effetto positivo sulle azioni di una società quotata.

Se così è, allora, questa attività da sola potrebbe integrare un’ipotesi di aggiotaggio dei dirigenti juventini, ai sensi dell’art. 185 TUF, e quindi della Juventus secondo quanto previsto dall’art. 25 sexies D. Lgs. 231/2001.

Chiaramente, si potrebbe contestare il reato ove si ritenesse quella operazione di mercato come fraudolenta, simulatoria. Ad esempio se il prezzo stabilito dalla Juventus e messo poi da questa “a bilancio” non fosse stato realmente pagato ai bianconeri. Ove venisse dimostrato il contrario, invece, questa accusa non potrebbe affatto reggere.

In quest’ultimo caso non potrebbe essere contestato alla società neanche l’illecito amministrativo di cui all’art. 187 quinquies TUF, trattandosi di una “ricca” operazione di mercato, per quanto poco spiegabile rispetto all’interesse del Genoa.

Per quanto riguarda il presunto “regalo” fatto dalla Juventus al Genoa, oltretutto con la marcatura dello stesso Sturaro, di per sé potrebbe integrare, non già un’ipotesi di aggiotaggio ma tuttalpiù di frode sportiva.

Se invece, un po’ fantasiosamente, si volesse “leggere” nel gol di Sturaro una forzatura da parte delle due squadre per dare credibilità alla precedente operazione di mercato, allora anche la sconfitta dei bianconeri a Marassi potrebbe essere considerata come un “pezzo dell’ingranaggio” architettato dalla società torinese per manipolare il mercato azionario.

Diciamoci la verità però. Quale Giudice che svolge la propria professione seriamente potrebbe dare credibilità ad una imputazione del genere? Direi nessuno, soprattutto perché nel processo penale è l’accusatore a dovere provare la fondatezza della propria accusa e non l’imputato a dovere provare la propria innocenza.

Considerando i quattro accadimenti citati tutti insieme, francamente pare difficile sostenere che, come invece ritenuto da qualcuno, essi rappresentino una complessa operazione di aggiotaggio. Ciò in quanto non possiamo credere che la Juventus volesse perdere a Madrid e poi trionfare a Torino in Champions League semplicemente per realizzare una speculazione azionaria, a cui comunque prima avrebbe posto rimedio la cessione di Sturaro tanto da richiedere la donazione di tre punti al Genoa, anche con il malevolo intento di dare credibilità alla stessa precedente operazione di mercato.

Inoltre, anche la stessa CONSOB potrebbe fare molta fatica a decidere delle sanzioni, non essendoci prova del fatto che il mercato azionario sia stato manipolato o, comunque, che ciò sia avvenuto colpevolmente.

 

Sarà per questo allora che questo “fattaccio” dello scorso inverno sembra finito nel “dimenticatoio”.

5. Conclusione

La quotazione in borsa di tre delle “big” del nostro calcio ha comportato tante conseguenze, siano esse positive o negative.

Nel prossimo futuro anche altre società dovrebbero optare per questa scelta (vedi nota #8).

In questo modo, non solo il nostro calcio potrebbe diventare sempre più “ricco”, potendo competere con lo strapotere di “magnati russi” e “sceicchi annoiati”, ma attirerebbe inevitabilmente maggiore attenzione sulla regolarità delle operazioni societarie di rilievo economico compiute nell'ambito.

Del resto, è giusto così. In molti investono in azioni di società di calcio, anche in ragione del fatto che, effettivamente, i risultati sportivi ed il calciomercato possono influenzare molto l’andamento del mercato azionario.

Tuttavia, soprattutto alla luce dei tre casi esaminati, ritengo sia opportuno, proprio per il mantenimento di un mercato azionario equilibrato, che non si debba abusare in maniera troppo “facilona” di termini che non si conoscono, avendo magari conseguito una laurea in Scienze della comunicazione o Lettere e non in giurisprudenza.

Il pericolo altrimenti, come insegnano i casi sopra trattati, è di fare una brutta figura, di ripetere la storia di “a lupo, a lupo”.

Qualche giornalista, soprattutto se direttore della testata giornalistica veicolo di fantasie giuridiche, potrebbe comunque ritenersi soddisfatto di avere venduto giornali.

Tuttavia, va rammentato che molti quotidiani, alcuni sportivi, fanno parte di gruppi di società che sono anche essi quotati in borsa.

Attenzione quindi: “chi di aggiotaggio ferisce, di aggiotaggio perisce”.

 

Autore: Avv. Nadia Mungari

Avvocato penalista presso E & L Consulting

Contro quali squadre Cristiano Ronaldo ha segnato in Champions League?

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La Champions League è la competizione che più appassiona i tifosi del calcio a livello mondiale. Il merito di questa grande partecipazione emotiva è dovuto alla presenza delle migliori squadre europee che partecipano a questa competizione, nata come Coppa dei Campioni nel 1955 e diventata Champions League nel 1992.

Ogni anno i giocatori dei migliori club europei si sfidano per vincere il titolo di Campioni di Europa per club, che unito ai titoli nazionali conseguiti può contribuire al raggiungimento del traguardo del doblete o double (vittoria di campionato e Champions League nella stessa stagione) o del triplete o treble (vittoria di campionato, Champions League e coppa nazionale nella stessa stagione).

Il merito delle vittorie di una squadra è da ricercarsi nell'allenatore e nei calciatori, ma spesso gli uomini di copertina sono i bomber dei club, che con i loro gol trascinano le squadre di appartenenza a raggiungere i trofei più ambito.

Nel presente articolo si approfondisce la storia in Champions League di Cristiano Ronaldo, attaccante portoghese più volte vincitore Pallone d'oro e già vincitore della Champions League. Ecco un riassunto della sua esperienza europea e la lista delle squadre a cui ha segnato almeno un gol in Champions League.

 

Abbiamo già scritto articoli sul tema Champions League:

21/05/2008: Cristiano Ronaldo porta in trionfo la Champions League vinta dal Manchester United ai rigori contro il Chelsea, a Mosca
21/05/2008: Cristiano Ronaldo porta in trionfo la Champions League vinta dal Manchester United ai rigori contro il Chelsea, a Mosca

Cristiano Ronaldo al Manchester United: anni dal 2003 al 2009. Champions League vinte: 1.

Ogni leggenda della Champions League ha un suo esordio nella massima competizione europea. Per Cristiano Ronaldo, l'esordio è datato 1 ottobre 2003 durante il match tra Stoccarda e Manchester United (2-1 per i tedeschi). Per non segnando, Ronaldo propiziò la rete del definitivo 2-1 di Ruud Van Nistelrooy.

 

Il primo gol con la maglia dei Red Devils allenati da Sir Alex Ferguson è datato 10 aprile 2007, durante il match dei quarti di finale tra Manchester United e Roma (prima squadra a cui il portoghese abbia segnato in Champions League), finito 7-1 per la squadra di Old Trafford.

 

Le squadre contro cui Cristiano Ronaldo ha segnato in Champions League vestendo la maglia del Manchester United sono: RomaMilan, Sporting Lisbona, Dinamo Kiev, Lione, Chelsea, Inter, Porto e Arsenal, per un totale di 9 squadre

 

26/05/2018: Cristiano Ronaldo festeggia la sua quinta Champions League, grazie alla vittoria del Real Madrid sul Liverpool a Kiev
26/05/2018: Cristiano Ronaldo festeggia la sua quinta Champions League, grazie alla vittoria del Real Madrid sul Liverpool a Kiev

Cristiano Ronaldo al Real Madrid: anni dal 2009 al 2018. Champions League vinte: 4.

Dopo sei stagioni di successi e grandi prestazioni in Premier League e in Europa, Ronaldo ha aperto il capitolo finora più vincente della sua carriera, trasferendosi al Real Madrid.

La squadra che vanta il maggior numero tra Coppe dei Campioni e Champions League vinte ha trovato in Cristiano Ronaldo l'uomo ideale per incrementare il suo bottino di trofei.

La prima partita del portoghese con la maglia del Real Madrid nella più importante competizione europea è datata 15 settembre 2009 e coincide con una sua doppietta nel totale 5-2 con cui i blancos sconfissero i padroni di casa dello Zurigo (decima vittima europea).

 

Le squadre contro cui Cristiano Ronaldo ha segnato in Champions League vestendo la maglia del Real Madrid sono: ZurigoOlympique MarsigliaLione, Milan, Ajax, Auxerre, Tottenham, CSKA Mosca, Apoel Nicosia, Bayern Monaco, Manchester City, Borussia Dortmund, Manchester United, Galatasaray, Copenhagen, Juventus, Schalke 04, Atletico Madrid, Basilea, Ludogorets Razgrad, Liverpool, Shakhtar Donetsk, Malmo, Wolfsburg e Paris Saint Germain, per un totale di 25 squadre.

 

Cristiano Ronaldo festeggia dopo un gol all'Allianz Stadium, a Torino
Cristiano Ronaldo festeggia dopo un gol all'Allianz Stadium, a Torino

Cristiano Ronaldo alla Juventus: anni dal 2018.

La Champions League vinta al termine della stagione 2017-18 dal Real Madrid fu resa possibile grazie alla fantastica rovesciata di Cristiano Ronaldo a Torino contro la Juventus. Proprio grazie a quel gesto il tifo juventino ha iniziato ad ammirare il campione portoghese, che nel luglio 2018 sarebbe diventato nuovo giocatore bianconero.

L'esperienza di Ronaldo con la Juventus in Champions League inizia male, poiché dopo 29 minuti di Valencia - Juventus, il portoghese fu espulso per un presunto fallo di reazione sul difensore del Valencia Jeison Murillo, che lo costrinse a saltare la successiva partita contro lo Young Boys Berna.

Nonostante questo avvio shock, Ronaldo segnò un bellissimo gol a Torino contro il Manchester United, tre reti contro i rivali dell'Atletico Madrid a Torino e due gol, uno per partita, negli sfortunati quarti di finale contro l'Ajax.

 

Le squadre contro cui Cristiano Ronaldo ha segnato in Champions League vestendo la maglia della Juventus sono: Manchester United, Atletico Madrid, Ajax e Bayer Leverkusen, per un totale di 4 squadre

L'elenco sottostante riporta i club contro cui Cristiano Ronaldo ha realizzato almeno un gol in Champions League durante la sua carriera, suddiviso per club. Le squadre evidenziate in grassetto indicano una nuova vittima rispetto alle precedenti esperienze del campione portoghese nella massima competizione europea.

Nel momento in cui l'articolo è stato scritto, Cristiano Ronaldo ha segnato a 33 squadre diverse in Champions League.

 

Manchester United

  1. Roma (1)
  2. Milan (2)
  3. Sporting Lisbona (3)
  4. Dinamo Kiev (4)
  5. Olympique Lione (5)
  6. Chelsea (6)
  7. Inter (7)
  8. Porto (8)
  9. Arsenal (9)

Real Madrid

  1. Zurigo (10)
  2. Olympique Marsiglia (11)
  3. Olympique Lione
  4. Milan
  5. Ajax (12)
  6. Auxerre (13)
  7. Tottenham (14)
  8. CSKA Mosca (15)
  9. Apoel Nicosia (16)
  10. Bayern Monaco (17)
  11. Manchester City (18)
  12. Borussia Dortmund (19)
  13. Manchester United (20)
  14. Galatasaray (21)
  15. Copenhagen (22)
  16. Juventus (23)
  17. Schalke 04 (24)
  18. Atletico Madrid (25)
  19. Basilea (26)
  20. Ludogorets Razgrad (27)
  21. Liverpool (28)
  22. Shakhtar Donetsk (29)
  23. Malmo (30)
  24. Wolfsburg (31)
  25. Paris Saint Germain (32)

Juventus

  1. Manchester United
  2. Atletico Madrid
  3. Ajax
  4. Bayer Leverkusen (33)

Autore: Gianmaria Borgonovo

Contro quali squadre Lionel Messi ha segnato in Champions League?

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La Champions League è la competizione che più appassiona i tifosi del calcio a livello mondiale. Il merito di questa grande partecipazione emotiva è dovuto alla presenza delle migliori squadre europee che partecipano a questa competizione, nata come Coppa dei Campioni nel 1955 e diventata Champions League nel 1992.

Ogni anno i giocatori dei migliori club europei si sfidano per vincere il titolo di Campioni di Europa per club, che unito ai titoli nazionali conseguiti può contribuire al raggiungimento del traguardo del doblete o double (vittoria di campionato e Champions League nella stessa stagione) o del triplete o treble (vittoria di campionato, Champions League e coppa nazionale nella stessa stagione).

Il merito delle vittorie di una squadra è da ricercarsi nell'allenatore e nei calciatori, ma spesso gli uomini di copertina sono i bomber dei club, che con i loro gol trascinano le squadre di appartenenza a raggiungere i trofei più ambito.

Nel presente articolo si approfondisce la storia in Champions League di Lionel "Leo" Messi, attaccante argentino più volte vincitore Pallone d'oro e già vincitore della Champions League. Ecco un riassunto della sua esperienza europea e la lista delle squadre a cui ha segnato almeno un gol in Champions League.

 

Abbiamo già scritto articoli sul tema Champions League:

7/12/2004: Lionel "Leo" Messi (a destra) subentra a Deco nel finale del match Shakhtar Donetsk - Barcellona 2-0, nel suo esordio in Champions League
7/12/2004: Lionel "Leo" Messi (a destra) subentra a Deco nel finale del match Shakhtar Donetsk - Barcellona 2-0, nel suo esordio in Champions League

Leo Messi al Barcellona: dal 2004. Champions League vinte: 4.

Ogni leggenda della Champions League ha un suo esordio nella massima competizione europea. Per Lionel "Leo" Messi, l'esordio è datato 7 dicembre 2004, in occasione della sconfitta del Barcellona contro lo Shakhtar Donetsk in Ucraina.

 

Il primo gol con la maglia dei blaugrana in Champions League è datato 2 novembre 2005, durante il match casalingo del girone eliminatorio contro il Panathinaikos (prima squadra a cui l'argentino abbia segnato in Champions League), terminato 5-0 per il Barcellona.

In quella stagione, Messi vinse la sua prima Champions League, benché non da protagonista, poiché un infortunio alla fine del mese di febbraio 2006 gli impedì di giocare le ultime partite della stagione.

 

Le squadre contro cui Leo Messi ha segnato in Champions League vestendo la maglia del Barcellona sono: Panathinaikos, Werder Brema, Olympique Lione, Stoccarda, Glasgow Rangers, Celtic Glasgow, Shakhtar Donetsk, Basilea, Sporting Lisbona, Bayern Monaco, Manchester United, Dinamo Kiev, Arsenal, Copenhagen, Real Madrid, BATE Borisov, Viktoria Plzen, Milan, Bayer Leverkusen, Spartak Mosca, Paris Saint Germain, Ajax, Manchester City, APOEL Nicosia, Roma, Borussia Mönchengladbach, Juventus, Olympiacos, Chelsea, PSV Eindhoven, Tottenham e Liverpool per un totale di 32 squadre

L'elenco sottostante riporta i club contro cui Leo Messi ha realizzato almeno un gol in Champions League durante la sua carriera, suddiviso per club.

Nel momento in cui l'articolo è stato scritto, Leo Messi ha segnato a 32 squadre diverse in Champions League.

 

Barcellona

1. Panathinaikos
2. Werder Brema
3. Olympique Lione
4. Stoccarda
5. Glasgow Rangers
6. Celtic Glasgow
7. Shakhtar Donetsk
8. Basilea
9. Sporting Lisbona
10. Bayern Monaco
11. Manchester United
12. Dinamo Kiev
13. Arsenal
14. Copenhagen
15. Real Madrid

16. BATE Borisov
17. Viktoria Plzen
18. Milan
19. Bayer Leverkusen
20. Spartak Mosca
21. Paris Saint Germain
22. Ajax
23. Manchester City
24. APOEL Nicosia
25. Roma
26. Borussia Mönchengladbach
27. Juventus
28. Olympiacos
29. Chelsea
30. PSV Eindhoven

31. Tottenham

32. Liverpool


Autore: Gianmaria Borgonovo

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