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Che fine ha fatto José Altafini?

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José Altafini in un'immagine di repertorio
José Altafini in un'immagine di repertorio

"Che golaço!" "Incredibile amici!"

Diciotto anni di militanza nel campionato di Serie A italiana, quasi il doppio come opinionista in televisione. Questo è il pedigree di José João Altafini, campione del mondo a poco meno di 20 anni con il Brasile nel 1958, poi giocatore della nazionale italiana nel Mondiale del Cile 1962.

Un grande calciatore, apprezzato dal gentil sesso, ma soprattutto un commentatore calcistico di livello assoluto, sia in radio che in televisione. La sua eloquenza ed accento portoghese lo hanno reso famoso negli anni delle telecronache su Sky TV e su RTL 102.5, ma da inizio anni 2010 la sua presenza televisiva è nettamente diminuita.

2008: Altafini "Mazzola" e il presidente brasiliano Lula celebrano i 50 anni della vittoria del primo Mondiale del Brasile
2008: Altafini "Mazzola" e il presidente brasiliano Lula celebrano i 50 anni della vittoria del primo Mondiale del Brasile

Gli esordi in Brasile

José nasce nel 1938 a Piracicaba, nello stato di San Paolo in Brasile. A 18 anni è già stella del Palmeiras e nel 1958 viene convocato nella spedizione mondiale verdeoro di Didi, Vavá e Pelé in Svezia. Inizia il mondiale da titolare, poi durante la competizione il suo posto viene preso da Pelé (non uno qualsiasi). Il mondiale si conclude con la vittoria del Brasile e con tanta panchina per Altafini, che gioca le due prime partite del girone, poi i quarti di finale contro il Galles: la sua ultima partita nella seleçao.

 

Altafini in Italia

Nell'estate del 1958 José arriva appena ventenne in Italia, al Milan. Sette anni in rossonero, altrettanti al Napoli e 4 alla Juventus. Il palmarés in Italia vanta 4 scudetti e 1 Coppa dei Campioni, non male. Inoltre, tra il 1961 e il 1962 veste la maglia della nazionale italiana, in quanto al tempo era possibile cambiare casacca anche a livello di nazionale, purché si fosse oriundi o cittadini del paese della seconda nazione di gioco.

Nel 1967 Altafini si fa notare per una vicenda amorosa che fece scalpore nell'Italia pre-sessantottina, poiché si innamorò della moglie (e madre di tre figli) del proprio compagno ai tempi del Milan Paolo Barison. José e Annamaria Galli (questo il nome della donna) si sposarono nel 1973 ed il loro matrimonio dura tuttora, tra una telecronaca ed una comparsata televisiva di José in tv.

 

Che cosa fa ora José Altafini?

Da qualche anno a questa parte, dopo una grande presenza sugli schermi televisivi nelle pubblicità, nelle telecronache della Serie A e come talent scout in tv, José è molto meno presente sui teleschermi.

Da inizi 2016, come riportato da Alessandria news, Altafini si è trasferito ad Alessandria, dopo aver vissuto per 43 anni a Torino e si occupa di un emporio di moda con l'amico Flavio Tonetto. I tempi del golaço in tv sembrano essere finiti, ma non l'entusiasmo di Altafini, che non senza rammarico tuttora ricorda che molti talenti brasiliani sono stati scoperti da lui e non portati in tempo in Italia da dirigenti - a suo dire - poco qualificati.

Incredibile amici non sentire tanto spesso la sua piacevole e coinvolgente voce durante le telecronache della Serie A. Quanto ci piacerebbe risentirti!

 

Autore: Gianmaria Borgonovo


Perché una squadra si chiama "Apollon", "Olympiacos", "Apoel", "Anorthosis", "PAOK" o "AEK"?

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Ci saremo chiesti almeno una volta nella vita il significato del nome di alcune squadre di calcio, in particolare di quelle greche e cipriote.

I manuali di calcio e i risultati dei turni preliminari di Europa League riportano la cronaca delle partite di squadre con nomi pittoreschi, che in realtà rappresentano uno spaccato culturale della nazione a cui questi club appartengono.

In questo articolo si risponde alle domande:

  1. Che cosa significa "Apollon" nel nome di una squadra?
  2. Che cosa significa "Olympiacos" nel nome di una squadra?
  3. Che cosa significa "Apoel" nel nome di una squadra?
  4. Che cosa significa "Anorthosis" nel nome di una squadra?
  5. Che cosa significa "PAOK" nel nome di una squadra?
  6. Che cosa significa "AEK" nel nome di una squadra?

Abbiamo risposto ad altre curiosità in questi articoli:

Simbolo dell'Apollon Limassol
Simbolo dell'Apollon Limassol

1. Che cosa significa "Apollon" nel nome di una squadra?

Apollon è uno dei nomi di squadra più diffusi in Grecia e Cipro. Deriva dall'antica Grecia ed in particolare ad una delle divinità olimpiche più popolari: Apollo, il dio dell'arte, della medicina, e della musica.

Le squadre più famose, che riportano questo nome sono l'Apollon Limassol, una delle migliori squadre cipriote e altre realtà minori del calcio greco come l'Apollon Smirnis, l'Apollon Pontou e l'Apollon Larissa.

 

Simbolo dell'Olympiacos Pireo
Simbolo dell'Olympiacos Pireo

2. Che cosa significa "Olympiacos" nel nome di una squadra?

La squadra più importante del campionato greco, per blasone, titoli e fama europea è senza dubbio l'Olympiacos Pireo. La squadra, il cui stadio sorge a poche centinaia di metri dal porto ateniese del Pireo, deve il suo nome alla sua mission: lo sviluppo atletico e competitivo dei giovani greci.

Tale fine è allineato a quello dei giochi olimpici antichi, a cui la squadra si ispira sin dalla sua fondazione. L'obiettivo di sostenere la socialità l'etica sportiva, la salute e la cura dei giovani greci si è riflesso negli anni ed ha reso la squadra un esempio a livello mondiale, in termini di associazione polisportiva.

Un'altra importante squadra greca con il nome Olympiacos (o Olympiakos) è l'Olympiacos Volos, città della Tessaglia e per lungo tempo nella massima serie greca.

 

Simbolo dell'APOEL
Simbolo dell'APOEL

3. Che cosa significa "Apoel" nel nome di una squadra?

Il termine Apoel ricorda per assonanza il termine pressoché identico Hapoel di origine israeliana, senza però aver nessuna relazione con esso. APOEL deve essere scritto con caratteri maiuscoli, in quanto è un acronimo che identifica la squadra principale di Nicosia (capitale di Cipro, Leukōsias in greco) e sta per: Athlītikos Podosfairikos Omilos Ellīnōn Leukōsias (Società sportiva calcistica greca di Nicosia).

L'APOEL è una polisportiva di grande rilevanza a Cipro e a livello calcistico è una delle fondatrici della fondazione calcistica cipriota. Gli altri sport patrocinati dal consorzio APOEL sono basket, bowling, calcio a 5, ciclismo, tennistavolo e volley.

 

Simbolo dell'Anorthosis Ammochostou (Famagosta)
Simbolo dell'Anorthosis Ammochostou (Famagosta)

4. Che cosa significa "Anorthosis" nel nome di una squadra?

Nel 1911, la dominazione straniera su Cipro (giuridicamente e territorialmente turca, ma formalmente affittata dall'Impero Britannico) aveva risvegliato alcuni movimenti indipendentistici dell'isola, determinati a riconquistare l'indipendenza dopo secoli di dominio ottomano. In questo contesto di fervore, rinvigorito dall'appoggio dell'eroe del novecento greco Eleftherios Venizelos, nacque il club Anorthosis a Famagusta (Famagosta in italiano), con l'obiettivo di risvegliare lo spirito nazionalista cipriota e greco.

Il nome Anorthosis significa "rettificazione", ovvero desiderio di tornare al passato di Cipro, indipendente da domini stranieri. L'obiettivo dell'associazione era istruire i bambini della città alla cultura cipriota e per questo motivo si munì di un'orchestra e di suonatori di mandolino per suonare nell'intera isola, a scopi patriottici.

Il club Anorthosis Famagosta è una delle squadre più vincenti di Cipro livello calcistico e vanta anche una squadra di Futsal e di volley, sia maschile che femminile. 

 

Simbolo del PAOK Salonicco
Simbolo del PAOK Salonicco

5. Che cosa significa "PAOK" nel nome di una squadra?

PAOK è una sigla molto nota nel panorama calcistico greco ed europeo, visti i buoni risultati ottenuti negli anni dal team omonimo di Salonicco (la biblica Tessalonica). Il nome PAOK significa Panthessalonikeios Athlītikos Omilos Kōnstantinoupolitōn (Club Atletico Pan-tessalonicese dei Costantinopolitani) e il nome rivendica la fondazione della squadra ad opera di un gruppo di greci che nel 1921 si trovavano rifugiati a Salonicco, in seguito alla loro fuga da Istanbul.

La sigla è molto simile a PAO (Panathīnaïkos Athlītikos Omilos), che identifica la ancor più nota squadra ateniese del Panathinaikos, seconda in Grecia per numero di scudetti vinti.

 

Simbolo dell'AEK Atene
Simbolo dell'AEK Atene

6. Che cosa significa "AEK" nel nome di una squadra?

Similmente a quanto detto per il PAOK, l'AEK Atene nasce da un gruppo di rifugiati greci che nel 1924 fuggirono da Istanbul, in seguito alla guerra greco-turca. Il nome AEK significa Athlītikī Enōsis Kōnstantinoupoleōs, ovvero Unione sportiva di Costantinopoli ed il club aveva nei suoi inizi uno scopo ricreativo e sportivo per gli esuli da Costantinopoli, che risiedevano tra i sobborghi ateniesi di Nea Filadelfia, Nea Ionia, Nea Chalkidona, Nea Smyrni. La squadra calcistica è una delle più vincenti nel panorama calcistico ellenico e nella polisportiva AEK sono compresi i seguenti team: atletica, ciclismolottapallamanopallanuotorugbyscacchi, e volley (maschile e femminile)

 

Autore: Gianmaria Borgonovo

Chi sono i peggiori giocatori del girone di andata 2017-2018?

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Armenteros e il Benevento: girone di andata da dimenticare
Armenteros e il Benevento: girone di andata da dimenticare

Il 2017 della Serie A italiana è terminato e in quest'anno si è verificato il ritorno di due squadre campane nella massima serie, dopo il lontano 1987-1998 (ai tempi le squadre erano Napoli e Avellino).

Il girone di andata vede le due squadre rispettivamente in testa (Napoli) e coda al campionato (Benevento), con prestazioni diametralmente opposte.

In questo primo scorcio di stagione abbiamo assistito all'utilizzo sperimentale del VAR (Video Assistant Referee), che ha permesso la risoluzione di problemi di gestione di episodi dubbi, attenuando le polemiche durante e dopo le partite. Il bilancio di questo esperimento è finora positivo ed il silent check è stato importante per supportare gli arbitri nel prendere decisioni importanti, che potrebbero condizionare l'esito di un match.

Durante le prime 19 giornate di Serie A alcuni calciatori attesi hanno dimostrato di non essere all'altezza delle aspettative che i tifosi e gli appassionati di calcio riponevano in loro. Ecco i peggiori giocatori del girone di andata della Serie A 2017-2018, secondo la redazione di Calcio e Dintorni.

In questo articolo abbiamo elencato i migliori giocatori del girone di andata 2017-2018.

 

Flop 11 del girone di andata del campionato 2017-2018. Click per ingrandire
Flop 11 del girone di andata del campionato 2017-2018. Click per ingrandire

PORTIERE:

"Nicolas" David Andrade (Hellas Verona). E' un titolare indiscusso dell'Hellas Verona, ma la sua tecnica discutibile, unita alla mancanza di sicurezza negli interventi lo rendono al centro delle critiche dei tifosi veneti. Forse un po' di alternanza con il suo vice gioverebbe alla squadra scaligera...

 

DIFENSORI:

Benedikt Howedes (Juventus). Campione del mondo in carica e in prestito dallo Schalke 04. Su di lui in estate la Juventus aveva riposto grandi aspettative, ma la debolezza fisica ne sta compromettendo la stagione e forse il riscatto da parte dei bianconeri. Solo una presenza casalinga, contro il Crotone, troppo poco.

 

Thomas Heurtaux (Hellas Verona). Dal 2012 in Italia, i suoi esordi in Serie A all'Udinese sono stati discreti, poi una lenta discesa nelle gerarchie bianconere ed il prestito di quest'anno all'Hellas Verona. Le sue prestazioni non sono sufficienti e la classifica dell'Hellas è così negativa anche a causa di qualche sua sbavatura.

 

Leonardo Bonucci (Milan). Probabilmente è il più forte difensore italiano attuale, ma la mancanza di un marcatore di livello quale Chiellini o Barzagli si fa sentire. Troppo spesso in difficoltà nel difendere, Bonucci si è clamorosamente involuto e le sue prestazioni non hanno certo contribuito a risollevare il Milan dalla mediocrità di questo inizio di campionato. L'espulsione contro il Genoa ha ulteriormente peggiorato la sua situazione. Diamogli tempo e un compagno di reparto più abile nel difendere.

 

Mario Rui (Napoli). Acquistato dalla Roma, su richiesta del suo mentore Sarri, Mario Rui sembra non essersi ancora ristabilito dal grave infortunio subito l'anno scorso in maglia giallorossa. Ad inizio campionato, complice lo stato di forma strabiliante di Ghoulam, Rui non è mai sceso in campo, ma quando è stato chiamato in causa ha dimostrato limiti tecnici e fisici evidenti. Il gol di Higuain in Napoli-Juventus è dovuto ad un suo tardivo rientro difensivo. Forse Napoli è una piazza troppo impegnativa per lui.

 

CENTROCAMPISTI:

Lucas Biglia (Milan). Il regista della squadra più spendacciona - non ricca - del mercato estivo 2017 ha clamorosamente toppato l'inizio della stagione. Quando è stato in campo ha commesso errori e imprecisioni, che hanno compromesso il buon esito delle partite rossonere. Spesso infortunato, è attualmente stato scavalcato nelle gerarchie milaniste da parte di un giocatore poco amato a Milano: Montolivo. Attendiamo il suo pronto riscatto.

 

Danilo Cataldi (Benevento). Pioli lo ha lanciato stabilmente in prima squadra, Simone Inzaghi non lo ha inserito nel suo modulo di gioco, tenendolo in considerazione solo come riserva del già citato Biglia durante la stagione 2016-2017. Insomma, Cataldi è passato ad essere una promessa delle giovanili della Lazio a calciatore destinato a prestiti lontano dalla capitale. In questo primo scorcio di stagione sarebbe dovuto essere il faro del Benevento, vista la sua esperienza nei precedenti campionati di Serie A. Il suo approdo nel Sannio si è invece rivelato un incubo, ma forse il mercato invernale lo porterà in una squadra con una classifica meno complicata del Benevento.

 

Maxime Gonalons (Roma). Da affidabile centrocampista francese e bandiera del Lione per 8 anni a oggetto misterioso nella capitale. Gonalons è stato acquistato per la panchina, specialmente per far rifiatare De Rossi e Strootman, ma quando è stato chiamato in causa non è sembrato pronto ad assolvere il compito richiesto. Forse ha solo bisogno di più tempo per ambientarsi, forse...

 

Ricardo Centurion (Genoa). Tornato al Genoa, dopo una querelle estiva che lo voleva al Boca Juniors, Centurion non è riuscito a ritagliarsi un posto d'onore in Liguria, anzi è stato spesso e volentieri messo in panchina a vantaggio di Taarabt e Pandev (non propriamente Messi e Cristiano Ronaldo). Probabile il suo ritorno in Argentina, già a gennaio 2018.

 

ATTACCANTI:

Samuel Armenteros (Benevento). Uno svedese di origini cubane è difficile da vedere in giro per Stoccolma o l'Avana ed ancora più difficile da scorgere in un campo di calcio. Ebbene, la dirigenza del Benevento è riuscito a trovare questo ragazzo in Olanda e complici le sue buone prestazioni in Eredivisie è stato portato velocemente in Italia, a titolo definitivo per 2 milioni di euro. Il suo ingaggio è senza oneroso per la squadra campana e sembra essere una scommessa destinata a finire male. A meno di un miracoloso girone di ritorno, ovviamente...

 

M'Baye Niang (Torino). Giocatore potenzialmente fortissimo, cresciuto nel Caen e milanista già all'età di 17 anni, poi prestato al Genoa dove ha dimostrato di valere tanto. Al Torino è stato fortemente voluto da Sinisa Mihajlovic, che in lui crede, dopo le ottime prestazioni disputate da Niang a Milano nella stagione 2015-2016. Al Torino i primi mesi sono stati difficili e le prestazioni del giovane senegalese nettamente al di sotto della sufficienza, specialmente perché la posizione in campo è troppo defilata rispetto alle sue capacità in area di rigore. Meglio come riserva di Belotti, ma il suo inizio di stagione è da brivido. Freddo. Quasi di morte.

 

Autore: Gianmaria Borgonovo

Chi sono i migliori giocatori del girone di andata 2017-2018?

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Milinkovic-Savic e la Lazio: ottimo girone di andata
Milinkovic-Savic e la Lazio: ottimo girone di andata

Il 2017 della Serie A italiana è terminato e in quest'anno si è verificato il ritorno di due squadre campane nella massima serie, dopo il lontano 1987-1998 (ai tempi le squadre erano Napoli e Avellino).

Il girone di andata vede le due squadre rispettivamente in testa (Napoli) e coda al campionato (Benevento), con prestazioni diametralmente opposte.

In questo primo scorcio di stagione abbiamo assistito all'utilizzo sperimentale del VAR (Video Assistant Referee), che ha permesso la risoluzione di problemi di gestione di episodi dubbi, attenuando le polemiche durante e dopo le partite. Il bilancio di questo esperimento è finora positivo ed il silent check è stato importante per supportare gli arbitri nel prendere decisioni importanti, che potrebbero condizionare l'esito di un match.

Durante le prime 19 giornate di Serie A alcuni calciatori più o meno attesi hanno dimostrato di poter regalare ai propri tifosi giocate di grande livello e di ottenere risultati importanti, ripagando le aspettative che gli appassionati di calcio riponevano in loro. Ecco i migliori giocatori del girone di andata della Serie A 2017-2018, secondo la redazione di Calcio e Dintorni.

In questo articolo abbiamo elencato i peggiori giocatori del girone di andata 2017-2018.

 

Top 11 del girone di andata del campionato 2017-2018. Click per ingrandire
Top 11 del girone di andata del campionato 2017-2018. Click per ingrandire

PORTIERE:

"Alisson" Ramsés Becker (Roma). Alisson è arrivato nel 2016 a Roma, teoricamente per giocarsi il posto da titolare con Wojciech Szczesny (ceduto quest'anno alla Juventus), ma ufficialmente per ambientarsi nella realtà italiana ed essere pronto una volta chiamato in causa. Ad inizio stagione, nonostante il ritorno di Skoruprski, Alisson è diventato titolare inamovibile della Roma ed ha dato prova di classe e tecnica sopraffina. Se nel girone d'andata la Roma è la squadra che ha subito meno gol di tutte, buona parte del merito è sua!

 

DIFENSORI:

Adam Marusic (Lazio). Arrivato in sordina, con previsto tempo di ambientamento al calcio italiano, Marusic ha sorpreso tutti, facendosi trovare pronto a rivestire il ruolo di titolare della fascia destra della Lazio, dopo l'infortunio di Dusan Basta (uno dei migliori esterni destri del campionato italiano da parecchi anni). Rapido e bravo al cross, Adam è stato artefice di ottimi assist per i suoi compagni e persino di un paio di gol. Lo attende un grande futuro in Serie A.

 

Milan Skriniar (Inter). Il ragazzone slovacco pagato a peso d'oro dall'Inter nell'estate del 2017 ha ripagato in pieno le aspettative dei tifosi nerazzurri, offrendo prestazioni sensazionali. Rapido e fisico, Skriniar è uno dei calciatori più bravi nel campionato italiano nella fase difensiva. Grande talento: ha un futuro grandioso in Italia ed Europa.

 

Kalidou Koulibaly (Napoli). Benitez lo ha scoperto nel 2014, allorché militava nel Genk, in Belgio e da quel momento Koulibaly è stato un titolare inamovibile al centro della difesa del Napoli. E' un giocatore insostituibile, che con classe e velocità riesce a sbrogliare situazioni difensive pericolose. Bravo pure in zona gol. L'avvio di stagione 2017-2018 lo consacra tra i migliori difensori al mondo.

 

Faouzi Ghoulam (Napoli). Ghoulam è stato uno stantuffo incontenibile sulla fascia sinistra, fino al grave infortunio occorsogli in Champions League contro il Manchester City. Stagione da incorniciare per la grande scoperta di Benitez (gennaio 2014), finché il ginocchio ha fatto crack. Sta affrettando i tempi del rientro ed i tifosi del Napoli non vedono l'ora di rivederlo sulla fascia sinistra.

 

CENTROCAMPISTI:

Miralem Pjanic (Juventus). Il miglior regista dell'inizio di stagione è senza dubbio Miralem Pjanic, che con i suoi calci di punizione ed assist a raffica risulta tra i migliori realizzatori mondiali sulla disciplina del calcio piazzato. Rispetto agli anni a Roma, la sua area di azione si è abbassata e ciò gli ha permesso di migliorare le sue doti di impostazione, nonché quelle di lancio per gli attaccanti o le ali juventine. Si sta dimostrando padrone del centrocampo juventino.

 

Bryan Cristante (Atalanta). Enfant prodige al Milan, poi emigrato in Portogallo (al Benfica), dopodiché esperienze sfortunate a Palermo e Pescara. Da gennaio 2017 veste la maglia dell'Atalanta e dopo un graduale inserimento ha preso confidenza con la piazza bergamasca e con il modulo di gioco di mister Gasperini. Autore di un inizio di stagione strabiliante in campionato ed Europa League con ben 9 gol all'attivo, Cristante è attualmente il centrocampista centrale più promettente del calcio italiano. Tra pochi mesi sarà protagonista anche in nazionale?

 

Sergej Milinkovic-Savic (Lazio). Centrocampista portentoso, emigrato giovanissimo in Belgio e acquistato dalla Lazio per una cifra di poco inferiore a 20 milioni di euro: questo è l'identikit di Sergej Milinkovic-Savic. In estate la squadra capitolina pare abbia respinto offerte per lui di 70 milioni di euro ed ora il suo cartellino vale quasi il doppio. E' il miglior centrocampista del campionato italiano del girone di andata e sta trascinando la Lazio nelle zone più alte della classifica. Peccato solo che in alcune occasioni si dimostri ancora troppo lezioso...

 

Luis Alberto (Lazio). Luis Alberto è arrivato alla Lazio nel 2016, accolto dallo stupore dei tifosi bianco-celesti. Nella prima stagione poche presenze per lui e non pochi dubbi sulle sue doti, poi la svolta di quest'anno, complici l'infortunio di Felipe Anderson e la cessione di Lucas Biglia. Durante il ritiro estivo Simone Inzaghi lo ha provato sia come regista, sia dietro alle punte (suo attuale ruolo) con risultati molto positivi in entrambi i casi. E' la rivelazione più evidente della prima parte del campionato. E' proprio vero: a volte per alcuni calciatori è proprio necessario un lungo periodo di ambientamento.

 

ATTACCANTI:

Mauro Icardi (Inter). "Icardi è odiato da Messi", "Icardi ha rubato la moglie al suo migliore amico", "Icardi ha scritto la sua biografia a meno di 25 anni di età". Icardi è sempre sulla bocca di tutti, sia per il suo stile di comunicazione molto social, sia per le sue stravaganze insieme alla moglie-agente Wanda Nara. Tuttavia, quando è chiamato in causa risponde sempre presente, segnando a raffica. Il titolo di capocannoniere della prima parte della Serie A è meritato e da solo fa reparto in una squadra che è stata in testa alla classifica durante le prime giornate della stagione. Non c'è che dire: bravo Icardi!

 

Ciro Immobile (Lazio). Il suo avvio di campionato è da record, con triplette e assist decisivi nelle prime giornate di campionato. Poi, in corrispondenza dell'eliminazione dell'Italia dalle qualificazioni mondiali il rendimento di Ciro Immobile è calato e sono emersi segni di nervosismo (culminati con l'espulsione durante Lazio-Torino). Nonostante ciò, Immobile ha dimostrato di valere tantissimo e di aver cancellato con questo brillante inizio di stagione i dubbi dei tifosi, dopo le sfortunate esperienza di Dortmund e Siviglia. Si giocherà con Icardi il titolo di capocannoniere?

 

Autore: Gianmaria Borgonovo

Addio alla prima grande provinciale del calcio italiano

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Un altro pezzo del calcio italiano è destinato a sparire. Il Vicenza Calcio è sull’orlo del fallimento. Milioni di euro di debito e stipendi non pagati: un’altra squadra gloriosa rischia la serie D. Il termine ultimo per pagare i giocatori, senza stipendio da mesi, e scongiurare la messa in mora della società di Serie C è stato superato. La strada sembra segnata: i giocatori avranno la possibilità di svincolarsi, oltre già a non presentarsi  per la sfida di Coppa Italia di Serie C di sabato contro il Padova. La retrocessione in Serie D, vuoi per la decurtazioni di punti vuoi per il fallimento del club, sembra ormai inevitabile. Dopo il Modena, ma senza dimenticare in ordine sparso anche il Varese, il Monza, il Parma e il Como, un'altra storica società del calcio italiano sarà costretta a cercare imprenditori disposti a farsi carico del debito o, più verosimilmente, a ripartire dai dilettanti. Il Vicenza sparirà dal “calcio che conta”, anche se i grandi palcoscenici erano ormai quasi un pallido ricordo per ultratrentenni. Risale infatti alla stagione 2000/2001 l'ultima apparizione dei biancorossi in serie A, poi solo tanta cadetteria e qualche tonfo in terza serie. 

Eppure il Vicenza è stato per alcuni aspetti una società all’avanguardia.

Nel 1953 dopo l’acquisizione della società da parte del colosso laniero di Schio, la Lanerossi, avvenne il primo caso non di sponsorizzazione calcistica in Italia, all'epoca ancora vietata, ma invece di un cosiddetto abbinamento, cioè una vera e propria acquisizione: la società calcistica divenne una costola dell'azienda tessile, portandone anche il nome e il simbolo, la "R", sulle maglie. Ed entrando nella memoria come la Lanerossi Vicenza

Dopo poco più di 40 anni fu ancora il Vicenza a celebrare un'altra prima volta assoluta, sempre dal punto di vista dirigenziale: nel 1997 la società britannica ENIC, finanziaria nel campo del petrolio, rileva la maggioranza delle quote azionarie del club biancorosso. Il Vicenza diventa così la prima squadra italiana ad avere una proprietà straniera.

Dal punto di vista sportivo, restano nella mente degli appassionati tre stagioni in particolare. Nella stagione 1977/1978 il neopromosso Vicenza, grazie al timoniere Giovan Battista Fabbri e, soprattutto, ai 24 gol di Pablito Rossi, chiuse il campionato al secondo posto, preceduta solo dalla Juventus ed approdando di diritto alla Coppa UEFA: rimane tuttora il miglior risultato assoluto di una neopromossa nella storia della massima serie italiana.

Nel 1996/1997, invece, il Vicenza alza al cielo il suo trofeo più prestigioso. In campionato il Vicenza è capace di togliersi grandi soddisfazioni come le tre memorabili vittorie ai danni della Juventus, dell'Inter e del Milan, conquistando per qualche giorno anche il primato in classifica nel mese di novembre. Ma è in Coppa Italia che i biancorossi danno il loro meglio, superando in rassegna Lucchese, Genoa, Milan, Bologna in semifinale, fino ad arrivare a giocarsi il trofeo nel doppio confronto contro il Napoli. All'andata al San Paolo i biancorossi cedettero per 1-0, ma al ritorno, Giampiero Maini pareggiò subito i conti. Si arrivò così ai tempi supplementari e fu Maurizio Rossi ad entrare nella storia del Vicenza segnando un gol a due minuti dalla fine, seguito dal 3-0 di Alessandro Iannuzzi.

La stagione successiva, dopo l’ottavo posto dell’anno prima, arrivò una salvezza senza particolari patemi, mentre, in virtù della vittoria nella Coppa nazionale, il Vicenza partecipa alla Coppa della Coppe e, trascinata dai gol del Toro di Sora Pasquale Luiso, alla fine capocannoniere della manifestazione, giunge fino alla semifinale, persa contro il Chelsea, che riesce a ribaltare allo Stamford Bridge l’1-0 di Lamberto Zauli dell’andata.

Poi, come già scritto, tanta Serie B, condita con qualche ripescaggio per illeciti sportivi di altre società, una sequela di proprietà ambigue e inadempienti che hanno portato alla situazione attuale.

Speriamo che alla discesa corrisponda una rapida risalita.

 

Autore: Andrea Longoni

Ventunesima Giornata - I pronostici di Superscommesse.it

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Domenica 21 gennaio: torna la Serie A, con la ventunesima giornata. Fari puntati su Bergamo e Milano, dove Napoli ed Inter sfidano in due emozionanti match Atalanta dello squalificato Gasperini e Roma di Eusebio Di Francesco, al centro di intrighi di mercato.

Lunedì sera si chiude con Juventus-Genoa, all'Allianz Stadium.

 

Ecco i pronostici di Serie A a cura di Superscommesse.it

Atalanta - Napoli
Stato di forma ultime sette partite: Atalanta 79% (5 V, 1 P, 1 S), Napoli 79% (5 V, 1 P, 1 S).
Scommesse: il segno I è quotato al massimo dai bookmaker a 3.75, il pareggio a 3.65, il 2 a 2.05.
Pronostico: Gol Si; Risultato Esatto: 2-3

Lazio - Chievo
Stato di forma ultime sette partite: Lazio 71% (4 V, 2 P, 1 S), Chievo 14% (0 V, 2 P, 5 S).
Scommesse: il segno I è quotato al massimo dai bookmaker a 1.25, il pareggio a 6.50, il 2 a 14.
Pronostico: 1+Over 2.50; Risultato Esatto: 3-1

Verona - Crotone
Stato di forma ultime sette partite: Verona 21% (1 V, 1 P, 5 S), Crotone 100% (1 V, 0 P, 6 S).
Scommesse: il segno I è quotato al massimo dai bookmaker a 2.15, il pareggio a 3.30, il 2 a 3.75.
Pronostico: X primo tempo; Risultato Esatto: 1-1

Sassuolo - Torino
Stato di forma ultime sette partite: Sassuolo 50% (3 V, 1 P, 3 S), Torino 57% (3 V, 2 P, 2 S).
Scommesse: il segno I è quotato al massimo dai bookmaker a 2.75, il pareggio a 3.40, il 2 a 2.75.
Pronostico: Over 2.50; Risultato Esatto: 1-2

Udinese - Spal
Stato di forma ultime sette partite: Udinese 79% (5 V, 1 P, 1 S), Spal 29% (1 V, 2 P, 4 S).
Scommesse: il segno I è quotato al massimo dai bookmaker a 1.80, il pareggio a 3.65, il 2 a 5.25.
Pronostico: 1; Risultato Esatto: 2-0

Bologna - Benevento
Stato di forma ultime sette partite: Bologna 36% (2 V, 1 P, 4 S), Benevento 36% (2 V, 1 P, 4 S).
Scommesse: il segno I è quotato al massimo dai bookmaker a 1.67, il pareggio a 3.85, il 2 a 5.75.
Pronostico: Gol Si; Risultato Esatto: 1-1

Sampdoria - Fiorentina
Stato di forma ultime sette partite: Sampdoria 21% (1 V, 1 P, 5 S), Fiorentina 57% (2 V, 4 P, 1 S).
Scommesse: il segno I è quotato al massimo dai bookmaker a 2.90, il pareggio a 3.50, il 2 a 2.60.
Pronostico: Gol Si; Risultato Esatto: 2-2

Cagliari - Milan
Stato di forma ultime sette partite: Cagliari 29% (1 V, 2 P, 4 S), Milan 64% (4 V, 1 P, 2 S).
Scommesse: il segno I è quotato al massimo dai bookmaker a 3.85, il pareggio a 3.60, il 2 a 2.
Pronostico: Under 2.50; Risultato Esatto: 1-1

Inter - Roma
Stato di forma ultime sette partite: Inter 36% (1 V, 3 P, 3 S), Roma 29% (2 V, 2 P, 3 S).
Scommesse: il segno I è quotato al massimo dai bookmaker a 2.33, il pareggio a 3.60, il 2 a 3.10.
Pronostico: Gol Si; Risultato Esatto: 1-2

Juventus - Genoa
Stato di forma ultime sette partite: Juventus 29% (6 V, 1 P, 0 S), Genoa 86% (3 V, 2 P, 2 S).
Scommesse: il segno I è quotato al massimo dai bookmaker a 1.20, il pareggio a 7.50, il 2 a 17.25.
Pronostico: 1+Under 3.50; Risultato Esatto: 2-0

Leeds United: il nuovo stemma bocciato dai propri tifosi

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Come disse una volta Arrigo Sacchi, "il calcio è la cosa più importante delle cose meno importanti". Soprattutto per quello che riguarda l’appartenenza alla propria squadra, alle proprie radici da parte dei tifosi. In alcune piazze il distacco dal beniamino di turno o l’abbandono dello storico stadio per una casa più moderna sono ancora argomenti tabù. Figurarsi il cambio dello stemma societario. E figurarsi quando il risultato è discutibile.

E’ il caso del Leeds United, squadra che milita in Championship, la seconda divisione calcistica d’Oltremanica.

La squadra che fu dei bad boys per antonomasia Vinnie Jones ed Eric Cantona, ma anche di Rio Ferdinand, Alan Smith, Mark Viduka ed Harry Kewell. In occasione del centenario dalla fondazione che si terrà nella prossima stagione, la società di proprietà dell’investitore italiano Andrea Radrizzani, ha presentato ieri il suo nuovo logo, che non veniva cambiato dal 1999.

Lo ha diffuso tramite i social ufficiali del club con la seguente nota, subito fatta sparire: “Celebrando i nostri tifosi, al cuore della nostra identità".

Peccato che dalle parti di Elland Road le reazioni sono state tutt’altro che entusiaste. La nota continuava con “Abbiamo ricevuto ottimi riscontri e siamo rimasti colpiti dalla passione e dalla profondità del coinvolgimento. Durante l’intero processo, sono emersi diversi temi chiave: i fan sono pieni di ottimismo per il futuro, la netta maggioranza dei fan non è attaccata all’attuale crest, i fan non hanno paura del cambiamento, il Leeds United ha un passato recente turbolento e un futuro brillante, i fan sono pronti ad abbracciare una nuova era e credono che un nuovo stemma possa essere un potente segnale di cambiamento. Sei mesi di ricerche, oltre 10.000 tifosi consultati, pronti per i prossimi 100 anni”.

I Peacocks, in effetti, nel corso della loro storia hanno già vissuto dieci cambi di crest, peraltro quasi tutti molto differenti tra loro. Anche il marchio tuttora in uso in questa stagione si porta dietro un certo disamore da parte dei tifosi, nonostante la presenza della rosa bianca di York che dagli anni Ottanta è di fatto un tutt’uno con la squadra.

La freddezza verso questo logo, quindi, avrebbe dato la spinta verso un cambio a livello di immagine.

Il risultato è rappresentato dal “Leeds Salute” che nel corso dei decenni è stato espressione della passione dei fan e della loro unione con i giocatori, dentro e fuori dal campo e in tutto il mondo. È usato ampiamente, in particolare nei giorni delle partite quando con la mano destra sul cuore, i supporter cantano la famosa canzone del club “Marching on Together”.

Un logo forse troppo smaccatamente adulatorio nei confronti dei tifosi. Loro cercavano una bandiera nuova in cui identificarsi e invece sono spariti tutti gli elementi storici in cui i tifosi si riconoscevano, trovandosi rappresentati in un calciatore asettico, dipinto senza testa, ritratto all’altezza del petto, che porta il pugno al cuore coprendo, quasi ironicamente, il logo della propria maglietta.

Lo stile, inoltre, è ritenuto troppo debole, quasi da badge utilizzato nei videogiochi, e inadatto per un club che festeggerà a breve, come detto, cent’anni di storia.

L’ironia sul web è dilagata e i tifosi sono sul piede di guerra chiedendo un dietrofront alla società.

In attesa di un comunicato di risposta ufficiale da parte di quest’ultima, è già iniziata una petizione su change.org.

 

Autore: Andrea Longoni

TOP 11 "Barba Team"

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Oggi compie 38 primavere Davide Moscardelli, la barba più famosa d'Italia, di cui ne ha fatto un marchio di fabbrica (oltre che una linea di t-shirt). L'italo-belga si è affacciato alla Serie A solo a 30 anni, vestendo le maglie di Chievo Verona e Bologna, ma regalando agli appassionati magie e giocate non scontate per un ragazzo di 185 cm per 80 kg. Ora gioca in Serie C all'Arezzo e in onore alla sua barba abbiamo stilato una Top 11 delle barbe più belle che hanno calcato i campi da calcio.

Ma prima una carrellata di gol e giocate del festeggiato di oggi.

- Tim Howard: portiere statunitense dei Colorado Rapids. Sul suo curriculum un gol segnato direttamente da rinvio con la maglia dell’Everton (contro il Bolton nel 2012) e il record di parate (16) in una partita di un mondiale (Usa - Belgio).

 

- Abel Xavier: terzino portoghese con esperienze a Bari e a Roma, famoso per la sua barba bionda. Attualmente allena il Mozambico.

 

- Matthias Holst: roccioso centrale tedesco, diventato “famoso” nelle fila dell’Hansa Rostock. Gioca attualmente tra i dilettanti del Rödemisser.

 

- Panayotis Alexander “Alexi” Lalas: barbuto ante litteram che ha calcato i campi della serie A con la maglia del Padova, segnando anche un gol al Milan campione d’Italia e d’Europa. Visto il look, Lalas ha provato la carriera nella musica sia da solista che con la sua storica band, “The Gypsies”.

- Michel Morganella: terzino svizzero del Palermo che ha da sempre sfoggiato look eccentrici con accoppiate degne di nota tra capelli e barba.

 

- Joe Ledley: centrocampista gallese del Crystal Palace che sfoggia una barba di gran qualità e diventato famoso durante gli ultimi europei con la sua “Joe Ledley’s dance”.

 

- Adam Clayton: centrocampista inglese, la sua barba è diventata famosa ai tempi dell’Huddersfield Town quando, per una scommessa con una fondazione benefica, si pitturò la barba con i colori sociali del club.

 

- Ásgeir Börkur Ásgeirsson: centrocampista islandese del Fylkir, probabilmente non famosissimo come giocatore ma con delle barbe epiche che sembrano essere uscite dai racconti di Thor e Odino. Ah, ha suonato pure in una band heavy metal.

- Borja Valero: centrocampista spagnolo dell’Inter con una barba da far invidia ai migliori hipster milanesi. Sarà forse per questo motivo che ha accettato il trasferimento da Firenze?

 

- Djibril Cissé: attaccante francese con un passato vincente nel Liverpool e un passaggio veloce alla Lazio, attualmente gioca in Svizzera nell’Yverdon. Ha sempre sfoggiato dei look eccentrici con delle barbe bionde da far invidia a Abel Xavier.

 

- Davide Moscardelli: attaccante del’Arezzo, probabilmente la barba più famosa d’Italia ormai diventata un marchio di fabbrica, forse più dei suoi gol. È il motivo di questa a Top 11, quindi auguri "Grande Barba".

 

- Quique Sanchez Flores: e chi se non l’allenatore dell’Espanyol con questo suo look pieno di stile può non sfigurare come condottiero di questi 11 barbuti.

 

Autore: Tommaso Castoldi


Alemao, Carmando e la monetina: così il Napoli vinse lo scudetto

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Carmando medica Alemao colpito da monetina: un episodio che fa tuttora discutere
Carmando medica Alemao colpito da monetina: un episodio che fa tuttora discutere

A Napoli, gli anni del Grande Napoli, quello degli scudetti di Maradona, sono un leggendario Secolo d’Oro, senza tempo. Gli eventi più importanti di quegli anni sono incastonati nelle memorie di tutti, sorprendentemente anche in quelle dei più giovani, che ai primi anni novanta non c’erano, o se c’erano erano davvero piccoli.
Il calcio nostrano in quegli anni è ancora una faccenda di sudore, goliardia, entusiasmo ed un po’ di quella sana furberia paesana. Non esiste nessun VAR, semmai qualche sommario e chiassoso Processo del Lunedì. Nelle borracce d’acqua non c’è solo l’acqua, e non ci riferiamo solamente alle storie di doping di zemaniana memoria, ma anche a scherzetti giocati da massaggiatori e campioni – ma questa, con Lucarelli, è un’altra storia. E dove non si arriva con la testa ed il cuore, scende in campo Dio a dare una mano – un’altra ancora.

Proprio da due protagonisti dell’idillio partenopeo, afferenti alle categorie massaggiatori leggendari e campioni da epopea, arriva una di questi aneddoti, dei più squisiti: ecco El Pibe ed il “suo” massaggiatore, Salvatore Carmando. Aggiungiamo anche un coprotagonista, Alemão.
Atalanta contro Napoli, è l’8 Aprile del 1990. La lotta tra Napoli e Milan per lo scudetto è estenuante, e la gara del Ciucciariello contro la Dea può volere dire un aggiancio che, anche sul terreno psicologico, è tutto. Monetine. La monetina allo stadio è, in quegli anni dove il DASPO è semplicemente chiamata diffida e lo stadio non è sempre certo un affare per famigliole, è un’arma impropria. Non è affatto facile lanciarla per offendere, ma per succedere, succede. Ed in combinazione con un altro ingrediente del calcio di quegli anni, la vittoria a tavolino, beh avete capito cosa può succedere.

Siamo al trentaduesimo del secondo tempo, minuto più minuto meno. E da un po’ le rotazioni di Tutto il calcio minuto per minuto non danno aggiornamenti di rilievo né da Bergamo né da Bologna, dove è il Milan di Sacchi a giocarsela coi felsinei. Ma ecco che arriva una telefonata, dopo quel che abbiamo anticipato già: Alemão è nei pressi della bandierina dell’angolo avversaria, e si porta lentamente la mano alla testa, come quando ti colpisce qualcosa: la proverbiale monetina. Comunque sia, il brasiliano non si accascia, semplicemente cammina un po’  in giro, e nel frattempo il gioco è stato fermato. Prontamente arrivano i soccorsi, ecco Carmando. Un po’ di forza, il centrocampista è portato a bordo campo e messo a terra. La provvidenziale borraccia verde Gatorade, l’acqua magica che fa passare ogni dolore, non è neanche presa in considerazione: Carmando prende la situazione in mano e non è proprio dell’idea che Alemão possa rientrare: fuori, entra Zola. E poi tutti all’ospedale, al reparto neurologico, per un lieve, ok avete capito – inesistente – trauma cranico. 100 lire, 8 grammi, una Goleador: ed è subito appello del Napoli.

Il verdetto del Giudice Sportivo, in un processo dove i filmati esterni non hanno valenza e non possono essere usati, porta la vittoria a bocce ferme, quel tavolino portatile sempre pronto a sancire la vittoria. Reazioni di peso ovviamente da parte rossonera, con la leggenda che nel ricorso di parte furono ingaggiati anche esperti di labiale a smascherare quello “stai giù” del cavalier Carmando. Un altro Cavaliere, quello del Milan e di Milano, accetta però il giudizio come esemplare ed invita a porre fine ai veleni ed a guardare al campo. In quell’intervista dopo gara, in cui tra l’altro Berlusconi sfoggia un cappello da anni ruggenti alla Gatsby, traspare chiaramente sicurezza. Fast forward e quello scudetto andrà però sotto al Vesuvio.

Salvatore Carmando è indubbiamente un personaggio bandiera a Napoli.

Una volta il calcio italiano ne aveva molti: quei guru che anche se molto professionali erano amati e tenuti perché tutto sapevano della piazza, e portavano anche fortuna. Poi se sei nelle grazie di Maradona nella capitale della scaramanzia Napoli, beh hai vinto. Carmando fu tra l’altro ingaggiato per volere del Pibe stesso come massaggiatore della nazionale argentina ai mondiali del Messico e degli USA, dove nessuno fluidi-fica, per dirla con gli Elii. Ci sarebbero molti altri talismani da citare, per il momento buttiamo lì solo un Maurizio Manzini, accompagnatore della Lazio. Recentemente Carmando, che è salernitano, ha avuto l’omaggio d’onore dietro la curva B. I cori ed il sentito affetto di Estranei alla Massa e compagni ha scaldato così tanto il nostro da fargli dichiarare: non sono di Salerno! Queste cose in Campania, ma in generale nella nostra campanilistica Italia, non si fanno: a breve sono seguite le scuse a Salerno.
Ho una moneta da un Euro sulla scrivania qui. Nella mia città conosco solo un bar dove vendono le Goleador, 10 centesimi l’una, tutto sommato onesto. Anni fa questa pesante moneta avrebbe potuto falsare un intero campionato, oggi non può più succedere. Ma è con un po’ di nostalgia che guardo a questo episodio di duelli, tavolini e monetine.

 

Fonti:

La monetina di Alemão

Alemao e la monetina

 

Articolo di: Riccardo Vincelli

Che fine ha fatto Simone Del Nero?

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La fattispecie di questo intervento è già stata trattata ampiamente, ma presenta sempre personaggi con background personali e finali di carriera da antologia che, nel loro piccolo, meritano comunque una citazione, ovvero le "promesse mai mantenute"

Parliamo di un trequartista longilineo dai piedi buoni, persosi purtroppo per strada per la poca fiducia conferitagli nonostante gli onesti mezzi tecnici e per i diversi infortuni. Questa è in breve la storia di un calciatore, ex Brescia e Lazio, un ragazzo descritto come futura promessa del calcio italiano. Una promessa, come da categoria poc'anzi accennata, che non verrà mai mantenuta.

Del Nero nasce a Carrara il 4 agosto 1981. Da giocatore muove i primi passi nella sua Toscana e viene notato dagli osservatori dell’Empoli che decidono di inserirlo nel settore giovanile biancoblu. Dopo qualche bella stagione passa al Brescia e a 19 anni può crescere a fianco di un campione del calibro di Roberto Baggio ma, soprattutto, può maturare all’interno di una realtà solida e tranquilla senza l’assillo di troppe pressioni. Mazzone, però, non lo fa giocare con continuità mentre con De Biasi le cose cambiano. Il Brescia però retrocede e Del Nero fatica a decollare.

Durante la sua triennale esperienza a Brescia figurano anche due prestiti rispettivamente di un anno al Livingston, formazione del campionato scozzese, e semestrale al Palermo

Il 2004 per Del Nero è un anno di grazia a livello professionale, soprattutto in Nazionale U21, dove conquista l'Europeo di categoria e vincerà la medaglia di bronzo ai successivi Giochi Olimpici di Atene.

A livello di club, tuttavia, non va altrettanto bene, la sua media gol scende ma quando il calcio dei grandi sembra allontanarsi sempre di più, ecco la chiamata che non ti aspetti. Squilla il telefono, è Claudio Lotito: il numero uno biancoceleste vuole inserire Del Nero nel progetto della Lazio e Simone accetta di buon grado.

Esordio da urlo nel preliminare di Champions in Romania contro la Dinamo Bucarest, dove conquista un rigore sullo 1-0  per i romeni e fornisce un assist per il 1-2 firmato dal capitano Tommaso Rocchi. La partita terminerà 3-1 per i biancocelesti che si qualificheranno per la fase a gironi. Ballardini lo inventa terzino pur di farlo giocare, ma infortuni e ricadute limitano il suo rendimento. Quando torna arruolabile è ormai ai margini della squadra.

Dopo Ballardini arriverà Reja ma il terzino sarà sempre una seconda scelta fino al gennaio 2012 quando alla Lazio arriva Candreva e Del Nero viene dirottato in prestito a Cesena proprio sul finire della finestra di mercato. I dirigenti bianconeri, però, hanno altri progetti e a Del Nero scade il contratto con la Lazio. Una volta rientrato dal prestito, i biancocelesti non gli rinnovano il contratto e l’eterna promessa del Brescia resta senza una squadra.

 

Per tutta l’estate 2013 il calcio italiano si dimentica di Del Nero e il giocatore non riesce a trovare una squadra fino a quando arriva una chiamata dalla Malaysia Super League, campionato esotico e affascinante ma praticamente sconosciuto. Del Nero accetta senza indugi la proposta dello Johor F.C. e si imbarca sul primo volo per la penisola asiatica decidendo di cambiare stile di vita pur di tornare a giocare a pallone, una cosa che ha sempre saputo fare ma che non ha mai fatto come avrebbe voluto. Al suo arrivo all'aeroporto di Kuala Lumpur, era stato accolto da una folla festante che lo acclamava come una vera e propria star, tenendo la sua foto tra le mani come fosse un santino.

Il fantasista toscano si era imposto sin dalle prime partite diventando l'idolo della tifoseria. In rete con uno scavino su rigore e anche con un colpo di testa da centro area. L'idillio però dura poco, cinque mesi conditi anche da problemi con l'allenatore che, secondo la stampa locale, l'avrebbero portato a essere tagliato per lasciare spazio al brasiliano Andrè per coprire uno dei due posti disponibili per gli stranieri nel campionato malese (l’altro era occupato da Daniel Güiza, campione d’Europa con le Furie Rosse nel 2008). Lo Johor rinuncia a Del Nero per i play-off scudetto dopo aver chiuso il campionato al terzo posto in classifica. Un risultato figlio anche, come detto, delle sue prestazioni, con il numero 10 sulle spalle e, in definitiva, promessa non mantenuta anche nel campionato malese.

Nel gennaio del 2014 viene tesserato dalla Massese, formazione di Serie D, con cui si allenava già da parecchie settimane.

Dopo 3 anni ad insegnare calcio tra i dilettanti con i bianconeri di Massa, arriva la chiamata della Carrarese in Lega Pro. Nonostante un bottino di tutto rispetto di 4 marcature in 21 presenze, non viene riconfermato e si trasferisce nuovamente alla Massese in Serie D.

Ormai il calcio ad alti livelli, indigeno ed esotico, è un lontano ricordo.

 

Autore: Andrea Longoni

 

Che fine ha fatto Vincenzo Iaquinta?

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Estate 2007: la Juventus post-calciopoli e post-mondiale ha bisogno dei migliori giocatori per poter tornare a vincere in Serie A e per fare ciò si affida ai suoi capisaldi dei tempi degli scudetti revocati.

Tuttavia, la stagione di Serie B ha allontanato alcuni dei giocatori che avevano condotto la squadra alla vittoria negli ultimi due anni pre-calciopoli e l'abbandono di Zlatan Ibrahimovic aveva lasciato un grande vuoto in attacco. 

La partenza di Adrian Mutu fu inizialmente colmata dall'arrivo di Valeri Bojinov, giunto dalla Fiorentina in prestito con diritto di riscatto, non esercitato. Al posto di Emerson e Patrick Vieira, dopo un anno transitorio di B furono ingaggiati Tiago Mendes e Sergio Bernardo Almiron (giocatori emergenti, ma di classe non paragonabile a quella dei loro predecessori).

 

La trequarti risultava ben popolata da Nedved, Camoranesi e Marchionni, con Nocerino pronto a sfruttare le sue doti di incursore. Attacco con Trezeguet e Del Piero, senza Zalayeta (passato al Napoli), ma con un nuovo campione del mondo pronto a dare il suo apporto alla causa juventina: Vincenzo Iaquinta.

 

Nato a Crotone, trasferitosi con la famiglia Reggiolo, Vincenzo debutta in Serie D proprio nella squadra della città in cui viveva. Nel 1998 viene notato dal Padova in Serie B, che lo ingaggia per pochi mesi, prima di cederlo a titolo definitivo al Castel di Sangro in Serie C1. Lì rimarrà per due stagioni, guadagnandosi l'interesse della nazionale under 21 italiana e dell'Udinese, che gli darà opportunità di debuttare in Serie A nell'ottobre dell'anno 2000.

 

A Udine, Vincenzo si ambienta molto bene, mette su famiglia, sposandosi nel 2003 e crescendo 4 figli. Tra il 2000 e il 2007, Udine si innamora di lui e la vicinanza di attaccanti come Antonio di Natale, Fabio Quagliarella, David Di Michele e Carsten Jancker consente a Iaquinta di migliorare le sue doti caratteriali e sotto porta, divenendo in quegli anni uno dei più temuti predatori dell'area di rigore.

 

Fisico possente, velocità di esecuzione e ottima tecnica. L'Udinese voleva tenersi Iaquinta stretto, blindandolo con un contratto che non fu subito firmato e scatenò le ire della famiglia Pozzo, che mise Vincenzo fuori rosa per alcune settimane a fine 2005. Rientrato nei ranghi della squadra, nel 2006 partecipò al Mondiale di Germania, in qualità di punta di scorta, ma molto utile per sfiancare gli avversari con la sua corsa e fisicità.

In quella competizione realizzerà un gran gol contro il Ghana nella partita di esordio dell'Italia e scenderà in campo anche in altre quattro occasioni durante quella competizione.

 

Dopo la vittoria nel mondiale e nonostante l'interesse della Roma, l'Udinese trattenne il calciatore, che con Di Natale consolidò un tandem da più di 20 gol a stagione.

Nell'estate del 2007, il ritorno in Serie A della Juventus porterà Vincenzo a Torino per una cifra di poco superiore a 11 milioni di Euro. Con la maglia della Vecchia Signora, Iaquinta ottenne un terzo posto nella prima stagione, consolidandosi come bomber della Serie A e della Nazionale, in particolar modo nella stagione 2008-09, coronata da 12 gol in Serie A e 3 in Champions League.

Gli anni successivi riscontrarono un graduale affievolirsi della vena realizzativa dell'attaccante crotonese, fino alla stagione 2011, iniziata ai margini della rosa juventina e conclusa senza gloria a Cesena, dove ritrovò il compagno di squadra Jorge Martinez.

 

Ritornato alla Juventus nell'estate del 2012, Vincenzo fu vittima di illazioni e gossip sulla sua vita privata e di dicerie in merito al suo contratto da 3 milioni di Euro, considerato troppo oneroso per una riserva della Juventus di Conte. Ad inizio 2013, il padre Giuseppe si espresse così in merito alle scelte della dirigenza juventina nei confronti di Vincenzo:

"Non sta vivendo bene questa situazione. Un giocatore come lui fuori rosa non può certo vivere bene il momento. Le ragioni? Bisognerebbe chiedere a Conte e Marotta, perché io non ho mica capito e non sono mai riuscito a farlo: cosa ha fatto di male Vincenzo per essere in una situazione simile. È sempre stato rispettoso, non è mai mancato in allenamento e per colpa degli infortuni viene messo alla porta così? Adesso vediamo, non sappiamo cosa succederà. Aspettiamo che sia la Juve a farci sapere qualcosa. Per ora si allena da solo a Vinovo. Sembra la storia di Amauri, ma Vincenzo non ha mai avuto comportamenti ostili nei confronti della Juve".

 

A giugno 2013 il contratto di Iaquinta scadde e per lui fu la fine anticipata della carriera. Nonostante il conseguimento della qualifica di allenatore a Coverciano a luglio 2015, a dicembre il calciatore è tornato a far parlare di sé.

 

Il fallimento dell'azienda di costruzioni del padre a Reggiolo (in provincia di Reggio Emilia) lo ha riportato alle cronache, per un suo presunto coinvolgimento insieme appunto al padre in attività della 'ndrangheta in Emilia Romagna.

 

Un campione del mondo forte fisicamente, ma troppo fragile emotivamente. Forse, con una maggiore determinazione, Vincenzo sarebbe potuto diventare un fenomeno del calcio europeo!

 

Autore: Gianmaria Borgonovo

La Jugoslavia sarebbe stata la favorita del Mondiale 2018?

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Monte Triglav, Mostar, cattedrale di San Michele Arcangelo, arena di Pola, Kotor, il Ponte di Pietra di Skopje e Pristina. Queste 7 immagini evocano uno stato ora dissolto, ma con un nome troppo difficile da dimenticare: Jugoslavia.

Dal 1918 fino al 1991, il confine est dell'Italia era occupato da questo stato fin dalla fine della Prima Guerra Mondiale, ahimè solo una delle tante guerre per i popoli jugoslavi nel ventesimo secolo. Con gli anni '90, da questa terra (letteralmente "la terra degli slavi del sud") sono fuoriusciti sei stati ufficialmente riconosciuti a livello mondiale, più il Kosovo e tale diaspora ha compromesso il panorama sportivo slavo. 

In questo articolo abbiamo ipotizzato di ricostruire la grande nazione balcanica almeno dal punto di vista calcistico, esaminando le formazioni delle sette nazionali che comporrebbero la moderna Jugoslavia. Da esse abbiamo estratto la formazione sotto riportata.

 

Formazione della Jugoslavia 2018: sarebbe la favorita per il Campionato del Mondo 2018 in Russia?
Formazione della Jugoslavia 2018: sarebbe la favorita per il Campionato del Mondo 2018 in Russia?

I TITOLARI

Portiere:

1. Samir Handanovic (Slovenia), portiere dell'Inter, dimostra da anni con prestazioni di alto livello di essere uno dei migliori portieri in circolazione in Europa. Si contende la palma di miglior portiere jugoslavo con Subasic (Croazia), in una lotta tra titani.

 

Difensori:

2. Branislav Ivanovic (Serbia), terzino destro dello Zenit San Pietroburgo, ex Chelsea ed impiegato in passato anche come difensore centrale. La sua prestanza fisica e le spiccate doti di colpitore di testa lo rendono uno dei difensori europei più difficili da affrontare per gli attaccanti avversari.

 

6. Dejan Lovren (Croazia), difensore centrale del Liverpool, è uno dei calciatori croati meno evidenti, ma sempre pronto a mettersi in mostra in azioni difensive di grande classe.

 

5. Stefan Savic (Montenegro), difensore centrale dell'Atletico Madrid, cresciuto nel Partizan Belgrado e nel Manchester City, per poi consacrarsi nella Fiorentina e nell'Atletico Madrid. Forte fisicamente, valido nell'anticipo: è uno dei migliori difensori in circolazione nel panorama slavo ed europeo.

 

3. Aleksandar Kolarov (Serbia), terzino sinistro della Roma, è l'anima della Serbia, nonché regista difensivo visto il suo piede sinistro potente e preciso. E' sconsigliato concedergli un tiro da fuori area, o un calcio di punizione, perché in questi fondamentali Kolarov ha dimostrato di essere semplicemente letale.

 

Centrocampisti:

8. Sergej Milinkovic-Savic (Serbia), centrocampista centrale della Lazio, dotato di grandi mezzi fisici e reduce da una stagione di alto livello con la formazione della capitale italiana. La sua grande forza fisica, l'età molto giovane e la capacità di inserirsi nel mezzo delle difese avversarie lo rendono un grande prospetto per il futuro del calcio mondiale, nonostante al momento abbia dimostrato di essere ancora acerbo per giocare contro grandi campioni.

 

10. Luka Modric (Croazia), regista del Real Madrid, è la mente e la più fine esecuzione della Croazia. La sua stagione 2017-2018 è stata di altissimo livello e coronata con la vittoria della Champions League, oltre che con un mondiale di Russia molto positivo. La sua tecnica sopraffina lo rende il giocatore più talentuoso del panorama balcanico e probabilmente il centrocampista più forte in circolazione.

 

4. Ivan Rakitic (Croazia), mezzala del Barcellona, ha doti di inserimento e di tiro da fuori area non comuni. Al suo arrivo a Barcellona, si contendeva il posto a centrocampo con XaviIniesta, ora ne è diventato l'erede ed è titolare inamovibile in quel ruolo. E' già nella leggenda, al pari dei suoi due illustri predecessori.

 

Attaccanti:

7. Mario Mandzukic (Croazia), attaccante tuttofare della Juventus, ha fisico, determinazione e senso del gol per trascinare Croazia - e possibilmente anche la Jugoslavia - al raggiungimento di grandi traguardi. Mandzukic è un calciatore indomito ed incute timore a tutti gli avversari che gli si parano davanti (ne sa qualcosa Lewandowski). Grazie alla sua grinta ed alle sue doti di leader, sia la Juventus, che la rappresentativa croata hanno conseguito grandi traguardi.

 

9. Edin Dzeko (Bosnia e Erzegovina), centravanti della Roma, è stato più volte chiamato a risolvere situazioni di match complesse ed apparentemente irrisolvibili, specialmente durante la Champions League 2017-18. La sua classe e tenacia lo rendono uno degli attaccanti più prolifici al mondo e il suo fiuto per il gol farebbe comodo a tante nazionali (vero Croazia?)

 

11. Ivan Perisic (Croazia), ala sinistra dell'Inter, è uno dei giocatori di maggiore classe nel panorama jugoslavo, capace di fornire assist a raffica ai centravanti delle squadre in cui gioca (Icardi in special modo). Veloce e tecnico, le sue doti tecniche sono irrinunciabili per una squadra che vuole vincere.

 

LA PANCHINA:

Portieri: Danijel Subasic (Croazia), Vladimir Stojkovic (Serbia)

Difensori: Adam Marusic (Montenegro), Domagoj Vida (Croazia), Sime Vrsaljko (Croazia)

Centrocampisti: Miralem Pjanic (Croazia), Nemanja Matic (Serbia), Mateo Kovacic (Croazia), Brozovic (Croazia)

Attaccanti: Aleksandar Mitrovic (Serbia), Ilija Nestorovski (Macedonia), Marko Pjaca (Croazia)

 

Autore: Gianmaria Borgonovo

Chi sono i (nuovi) veri proprietari del Milan?

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L’Epopea Cinese è giunta al termine. Yonghong Li lascia.

In che senso? Cosa significa?

I soldi sono finiti, detto in parole povere. E, senza soldi, messe non se ne cantano, tantomeno si vincono campionati e Champions. Che questo sia una specie di sveglia per renderci conto che questi cinesi non sono forse i più trasparenti o fidati di sempre, o che comunque i soldi non è proprio che li stampano. Beh è un’altra storia. 

Ma come bisogna intendere il “i soldi sono finiti”?

Ripercorriamo sommariamente gli eventi che si sono susseguiti.

Siamo alla fine dell’era Berlusconi e la storica proprietà elabora una complessa costruzione di garanzie per i futuri compratori. Tali garanzie sono viste dai nostalgici del Milan berlusconiano come la leva di sicurezza messe in atto da Silvio Berlusconi stesso per assicurarsi che sul Milan non si avventino speculatori e poca serietà (no perditempo per intenderci). La parte principale, e sulla quale si fa molta comica, è in soldoni la seguente: la società è acquistabile con una caparra, ma su questa caparra non possono essere esercitati diritti nel caso in cui l’intero finanziamento d’acquisto non vada a buon fine.

 

Ed è qui che inizia la saga del nostro Li. A partire dalla famosa somma pre-closing di circa 250 milioni di Euro, è un vorticoso susseguirsi di prestiti, finanziamenti, capitali, giri e chi più ne ha più ne metta al fine di potere acquistare il Milan coprendo i debiti e garantendo il normale funzionamento. Per i più interessati è possibile studiare il conto economico relativo qui.

 

In tutta questa girandola di affari da Monopoli internazionale, sono tre i fattori importanti da osservare e che portano direttamente al nuovo proprietario su carta, il famoso Fondo Elliott:

- il fondo garantisce capitale per la chiusura dell’acquisto, con un entrata pari a 180 milioni;

- Yonghong Li copre una seconda tranche del secondo aumento di capitale societario con fondi freschi da Elliott, in tutto 32 milioni;

- Elliott copre pure due mega bond di finanziamento del Milan, per un totale di 123 milioni.

Ed il tutto non sono soldi gratis ovviamente, ma bisogna calcolare i relativi interessi.

 

Quando uno Stato, una società o anche un privato non possono più pagare i propri debiti secondo le condizioni per cui hanno goduto di un prestito ed alzano bandiera bianca, si ha il default. In pratica Yonghong Li fa default sul proprio debito verso Elliott. Gliene mancano pochi, una trentina, da ripagare al fondo, pochi rispetto a quelli che ha messo e trovato finora. Ma il fondo non vuole sentire parlare di proroghe in ottemperanza a capitali da spostare o coordinamenti borsistici tra New York ed Hong Kong. Va quindi per la riscossione del pegno e preleva di fatto il Milan.

 

E’ bene fare un attimo di pausa e riflettere sulle seguenti:

- Elliott è stato un grande, ma non l’unico, serbatoio e garante del gruppo cinese, ma si aggiudica il controllo effettivo per una somma molto minore rispetto al prezzo pagato da Yonghong Li. In base alla propria esposizione, parziale nell’affare Milan, si aggiudica infine un acquisto totale, almeno a conti fatti;

- il nostro amico cinese, a fronte di quasi un miliardo di investimenti, si trova con ben poco, mi verrebbe da dire un pugno di mosche ma non vorrei essere offensivo. Le condizioni di finanziamento lo hanno stritolato.

 

Per chi voglia investigare su qualsiasi dei punti di cui sopra, le risorse online non mancano. Ma ora: che cosa possiamo dire di questo fondo e dei modi in cui ha preso il controllo del Milan?

Iniziamo a dare delle etichette: Elliott è un fondo avvoltoio. E questo non lo diciamo a motivi di rancore prendendo le parti del povero Li, ma è proprio la definizione di questo tipo di società. Non vogliamo entrare troppo nel “finanziese” ma in pratica questo tipo di società ha come obiettivo l’aumento dei capitali dati in gestione, cioè investiti dai propri clienti, tramite strategie di politica e talvolta conflitto attive nelle società delle quali possiede quote, o verso le quali vuole entrare.

Quello che succede con il Milan è che ci vedono lungo, finanziando un compratore che probabilmente prima di iniziare già sa di stare facendo il passo più lungo della gamba. Ed una volta dentro a suon di debito, altri debiti, con il CdA che sancisce un doppio aumento di capitale, mette Yonghong Li un po’ al muro. Ed è proprio quella trentina di milioni della seconda ricapitalizzazione che non salta fuori e fa scattare l’escossione

 

A mio modestissimo parere, anche se devo dire che so praticamente solo quel che già è di dominio pubblico, è questa la mossa vincente di Elliott: se essa ha messo in pratica questo attivismo che tanto le si confa nel caso Milan, cosa che non si sa, forte di un CdA parte del disegno. 

Per vedere chi ci fosse nel CdA originario, lascio al lettore la disamina del puzzle di connessioni e coincidenze ma una che non ho investigato, anche se mi salta in mente, è la vicinanza di uno dei membri a Telecom, il cui debito è stato ristrutturato anni fa proprio da Elliott.

 

E’ bene aprire anche una piccola parentesi su Fassone e le sue “cose formali”. Fassone è CEO sotto l’era Li ed infine è sollevato dall’incarico da Elliott. Ciò è prevedibile visto che in questo tipo di takeover si fa piazza pulita quando si entra, ed oltretutto Elliott ha comunque da giocare la scusa della poca trasparenza e scarsi risultati del nostro. E’ al momento in causa per una buonuscita che, assai probabilmente, gli verrà riconosciuta (una decina di milioni sono proverbiali noccioline per l’acquirente in questa faccenda). E’ difficile dall’esterno dire quanto sia stato determinante nella faccenda.

Questa nuova proprietà, cosa significa per i tifosi? Ci si può fidare dei manager di Wall Street?

L’obiettivo di un hedge fund è quello di creare valore con strategie avanzate ed impieghi ad alto rischio, fornendo un’alta qualità di investimento a clienti ed allocatori vari. 

Per Elliott il Milan è semplicemente un investimento, nè più nè meno. E le dichiarazioni dei vertici dell’azienda tutto sommato non possono far pensare ad altro se le sai leggere. Trovo a mio avviso improbabile che Elliott dismetta l’investimento in breve tempo, complice anche tutta una serie di equilibri. Alla fine si tratta comunque del Milan ed il prezzo sarebbe ormai esorbitante, facilmente sopra il miliardo. Inoltre non avrebbe senso perché il fondo si orienta per mission su orizzonti medi e lunghi. Quindi i tifosi del Milan stiano tranquilli perché in vista di terremoti non ce ne sono. Ed oltretutto ci dovrebbero essere pochi giochi politici essendo che è un’entrata di maggioranza.

 

E’ probabile che l’intenzione sia quella di rendere il Milan "profitable" nel senso inglese, pensiamo per esempio al Manchester United, una vera azienda e macchina da soldi, dove però la performance economica è slegata da quella sportiva, se è vero che quando vince incassa (molto) di più e le entrate di cassa sono diventate pressoché indipendenti dalla rendita in campo. E guarda caso una delle cose che hanno fatto in questi giorni è tornare alla carica con lo stadio

 

Quest’ultimo anno in quel di Via Aldo Rossi è stato un anno di vicissitudini stile calcio moderno e calcio finanza. Se non fosse chiaro, le società diventeranno vere aziende e le aziende si partecipano, comprano, disfano e rivendono. E ovviamente possono anche fallire. Elliott non ha know-how specialistico nel management calcistico, non che serva, i professionisti si trovano ed assumono (vedi i vari Leonardo, Maldini e, forse, Kakà) ma il fatto che abbia partecipazioni in ogni tipo di società, dai cellulari al petrolio, dovrebbe farci tenere bene in mente che il calcio è solo un purissimo “accidente”, per dirla alla Manzoni ne “I Promessi Sposi”.

 

Staremo a vedere cosa verrà sulla via del Milan e dei suoi tifosi.

A titolo personale viene comunque un po’ di malinconia a guardare tutto questo bailamme dopo i trionfi e lo splendore della Pax Berlusconea.

 

Autore: Riccardo Vincelli

Serie C, il campionato più affascinante e tribolato d’Italia

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Lo so, è un titolo forte e per molti sarà anche  privo di fondamento, però pensateci: dove potete trovare un campionato che racchiuda in sé l’essenza  e le contraddizioni del calcio italiano? Dove le cosiddette “nobili decadute”, compagini dal passato glorioso ma dal ridimensionato presente, si battono contro società senza un pedigree di livello, di passaggio quasi nella terza serie in quanto la loro dimensione naturale è il calcio dilettantistico, seppur ad alti livelli. Dove calciatori che hanno calcato campi di Serie A, con magari presenze in competizioni europee o nelle rispettive Nazionali, alla ricerca dell’ultimo contratto che possa dare ossigeno ad una carriera ormai al capolinea, devono vincere un contrasto con le giovani promesse del calcio italiano che vengono mandate in prestito a farsi le ossa dalle grandi di Serie A.

Il tutto, ovviamente, condito qua e là con problemi societari, dissesti finanziari e penalizzazioni. La risposta dovreste già saperla: la Serie C.

Anche questa estate 2018 si farà ricordare per diverso tempo. Il motivo, però, si trova al piano di sopra, la Serie B, quando con l’esclusione di Avellino, Bari e Cesena si sono aperte tre posizioni per i ripescaggi per chi ne avesse i requisiti. Qui la situazione inizia a complicarsi e a stagnare, in quanto si presentano sei società (Catania, Novara, Pro Vercelli, Siena, Ternana e Virtus Entella), con il caso eclatante del Novara che non ne avrebbe nemmeno diritto. Da questo momento in avanti è un susseguirsi di ricorsi e controricorsi che hanno portato ad una Cadetteria a 19 squadre e allo slittamento dell’inizio del campionato di Serie C.

Questo ci da il tempo di fare una rapida carrellata, in ordine sparso, sulle compagini, sui giocatori e le vicissitudini di questa realtà.

Verso fine luglio il Vicenza, salvo sul campo nella stagione appena conclusasi, ma con la sentenza di fallimento in tasca già da gennaio, ha un nuovo proprietario, Renzo Rosso, patron della Diesel. Si tratta però di una nuova società, nata dal trasferimento in città del titolo sportivo del Bassano Virtus 55 Soccer Team, di cui Rosso è proprietario da 22 anni, che ha preso il nome di L.R. Vicenza Virtus e che è erede e continuatrice della tradizione sportiva del Vicenza nato nel 1902. 

Decisamente questione di opportunità per Renzo Rosso che ora avrà le strutture, la visibilità e le già consolidate risorse per poter saziare la sua voglia di calcio ad alti livelli. E il Bassano? Costretto a ripartire dalla prima categoria, nonostante lo stesso Rosso abbia più volte dichiarato che l’odierno Vicenza sarà il risultato delle eccellenze calcistiche della provincia vicentina (Bassano del Grappa compresa quindi), oltre al fatto di averla celebrata nella nuova denominazione societaria e nella divisa away che verrà disegnata dagli stilisti della Diesel.

Tutto qui secondo voi? Ovviamente no. Come detto il L.R. Vicenza Virtus, dove L.R. sta per Lanerossi, nasce per trasferimento del titolo sportivo a Vicenza del Bassano. Ma il titolo sportivo del Vicenza appena fallito? Custodito in FIGC

Ma si sa, nei fallimenti societari, nelle zone grigie del calcio si annidano avventurieri e personaggi poco raccomandabili. Anche in questo caso non si fa eccezione, e due signori francesi, che avevano provato la scalata al Vicenza poi andato a Renzo Rosso, hanno costituito l’A.C. Vicenza 1902, con un parco giocatori di una ventina di ragazzi, la cui ciliegina è nientepopodimeno che Djibril Cissé, ex Liverpool e Lazio e ora militante nella terza divisione svizzera. Il problema? Non c’è nessuna affiliazione alla FIGC e il club dovrebbe, a termini di regolamento, partire dalla terza categoria. 

Mossa di marketing per una società appena nata? Solo il tempo potrà darci una risposta.

Anche a colpi di mercato non siamo messi male con dei nomi altisonanti per la categoria.

I Leoni del Garda della Feralpisalò hanno messo a segno, a mio giudizio, due colpi di livello come il centrocampista classe 1993 Alessio Vita, ex Monza, Sassuolo e Cesena, e soprattutto l’Airone Andrea Caracciolo, veterano in Cadetteria con la maglia del Brescia. Potrebbero essere la sorpresa del girone B. 

Rimanendo in questo raggruppamento, segnaliamo il ritorno dopo nove anni de El Diablo Pablo Granoche alla Triestina, squadra che lo ha portato in Europa nel 2007, e a Monza l’acquisto di Reginaldo, ex tra le altre di Fiorentina, Parma, Siena, Trapani e Pro Vercelli, oltre che ex fiamma della soubrette Elisabetta Canalis in una rovente estate del 2008. 

Infine, della serie “chi non muore si rivede”, l’ex Arsenal e pupillo di Arsène Wenger Arturo Lupoli prosegue la sua esperienza in Serie C con la Fermana. Perché l’Emirates è bello, ma giocare al Recchioni è tutta un’altra storia.

Nel girone A, precisamente a Carrara, si è conclusa un’operazione amarcord, ricomponendo il tandem d’attacco Tavano – Maccarone. Coppia da far girare la testa ai tifosi gialloazzurri. Società che già annovera in panchina Silvio Baldini e il suo vice Marco Marchionni, ex Parma e Juventus, e nelle vesti di direttore generale Gianluca Berti, ex portiere tra le molte di Empoli, Palermo e Sampdoria. 

Sempre in Toscana, terra di campanilismi esagerati, è da sottolineare il passaggio del barbuto Davide Moscardelli dall’Arezzo, che potrà ancora contare sulle reti di Aniello Cutolo, al Pisa.

A Olbia, invece, si aspetta che l’eterna promessa Daniele Ragatzu possa finalmente consacrarsi dopo aver perso troppi anni in prestito per le più svariate squadre dello Stivale. Sicuramente il ritorno nella sua Sardegna gioverà al suo rendimento.

Quando si pensava che avrebbe terminato anzitempo la carriera, ecco la chiamata che non ti aspetti. E’ successo a Fabiano Santacroce, ex Brescia e Napoli, convocato nel 2008 da Marcello Lippi in Nazionale per due partite di qualificazione al Mondiale 2010. L’italiano nato in Brasile, dopo un periodo di inattività legato ai numerosi infortuni, giocherà in C con i piemontesi del Cuneo.

E’ notizia di pochi giorni fa l’acquisto del Pro Piacenza di Cristian Ledesma, 259 presenze, due Coppe Italia e una Supercoppa italiana alzate al cielo con la Lazio. Sulla carta un ottimo acquisto.

Tutti questi andranno ad aggiungersi a Mario Santana, ex Palermo e Fiorentina, ormai da due anni giocatore in quel di Busto Arsizio con la Pro Patria, che ha trainato l’anno scorso alla pronta risalita nei professionisti, vincendo addirittura lo scudetto di categoria. 

Nel girone C, quello meridionale e storicamente quello più tosto, segnalo il mercato della Casertana con l’ingaggio degli ex Avellino Angelo D’Angelo, unico nella storia del club irpino a giocare continuativamente in quattro diverse categorie (dalla D alla B) e dell’attaccante Luigi Castaldo, oltre che dello svincolato Antonio Floro Flores. Si prevedono valanghe di gol allo stadio Alberto Pinto.

Qui figurano altre due compagini di livello come il Catania con gli inossidabili Francesco Lodi, Marco Biagianti e Cristian Llama, quest’ultimo di ritorno alle pendici dell’Etna nella squadra che lo ha regalato al calcio europeo undici anni fa, e il Trapani dell’eterno capitano Luca Pagliarulo e dello stimolante attaccante Felice Evacuo. Scusate la pessima battuta.

Riguardo, invece, le voci di mercato sono rimasti in canna i colpi dell’Albinoleffe per Rolando Bianchi, della Virtus Francavilla per Marius Stankevicius e del Monza per il campione del mondo Alberto Gilardino.

Di giovani promesse non ne saprei segnalare, ma da quest’anno prende il via l’esperimento delle squadre B con la sola Juventus in grado di allestire una rosa di Under 23 che giocheranno nel girone A. Chissà se tra questi ragazzi ce ne sarà almeno uno che vestirà la casacca della squadra A.

Merita un paragrafo a parte l’estate del Monza con voci confermatissime di un interessamento della coppia Berlusconi – Galliani per rilevare la maggioranza del club brianzolo. Sicuramente per attaccamento al territorio di origine (Galliani, in particolare, è nato a Monza e lì ha iniziato la sua carriera da dirigente sportivo) ma anche per opportunità immobiliare, potendo il Monza Calcio vantare una concessione di 44 anni dello stadio Brianteo e del centro sportivo di Monzello. 

Lo stesso Galliani ha affermato che il loro arrivo in Serie C ha smosso un interesse assurdo per la categoria e, molto umilmente, lo ha paragonato all’acquisto di CR7 da parte della Juventus.  

Un’Epifania per i tifosi biancorossi che ora potrebbero sognare in grande e magari un giorno smettere di cantare il coro “E non andremo mai in Serie A”.

Buon campionato a tutti.

 

Autore: Andrea Longoni

Progetto "Io e la mia squadra"

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Progetto per una Tesi di laurea dall'Università di Catania, dipartimento di Ingegneria Economica ed estimativa
Progetto per una Tesi di laurea dall'Università di Catania, dipartimento di Ingegneria Economica ed estimativa

Come la pensi al riguardo della tua squadra del cuore? Qual è la reputazione che ha hai tuo occhi il club per cui fai il tifo? C’è qualcosa che potrebbe farti disamorare della tua più grande passione?

 

Sono le domande che hanno fatto nascere il progetto “Io e la mia squadra”, e che adesso sono rivolte a tutti i tifosi per uno studio che vuole andare al cuore del rapporto col loro club. Per capire meglio il calcio, e magari provare a migliorarlo. 

Il progetto è sviluppato dall'Università di Catania, dipartimento di Ingegneria Economica ed estimativa. Si tratta di compilare un breve questionario on-line, che ha come unico scopo la ricerca scientifica sull'argomento e il sostegno alla stesura di una Tesi di laurea in Ingegneria gestionale che riguarda il calcio e in particolare il rapporto tra i tifosi e la loro squadra del cuore. Nessun fine commerciale, nessun fine di lucro, totale anonimato garantito ai partecipanti.

 

Per compilarlo basta andare sul sito: www.ioelamiasquadra.it

Ti aspetto!

 

Autore: Marco di Mauro

In collaborazione con Università degli Studi di Catania


Balotelli: futuro al Monza?

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Mario Balotelli, centravanti della nazionale italiana
Mario Balotelli, centravanti della nazionale italiana

La data del 14 ottobre 2018 sarà ricordata dai tifosi del Monza Calcio come il giorno della prima apparizione di Silvio Berlusconi e Adriano Galliani allo stadio Brianteo, in qualità di patron e Amministratore Delegato della squadra brianzola.

La redazione di Calcio e Dintorni era presente alla partita e dalla tribuna ha potuto assistere nel migliore dei modi ad un match di buon agonismo tra Monza e Triestina, squadre amiche che hanno rinnovato il proprio gemellaggio all'inizio del match.

La partita ha visto un epilogo amaro per i padroni di casa, passati in vantaggio con il gol di Stefano Negro e rimontati sul finire del match dal rigore di Pablo Granoche, per un 1-1 finale che lascia non pochi rimpianti ai padroni di casa, che hanno sprecato un paio di buone occasioni da gol.

Le aspettative del nuovo proprietario del Monza sono state in parte tradite dalla squadra, che aveva trasmesso grande entusiasmo ai giocatori guidati da mister Zaffaroni durante il discorso pre-partita. Un entusiasmo acuito dall'astinenza da calcio - citando le parole di Galliani - che lo stesso patron e Amministratore Delegato ex Milan hanno profuso all'ambiente per portare la squadra brianzola negli alti livelli del calcio italiano in breve tempo.

 

Premessa

Il 31 agosto 2018 Berlusconi e Galliani hanno espresso la volontà di acquistare il Monza calcio dal presidente Nicola Colombo, proprietario della società Co.Ge.Fin e figlio di Felice Colombo, presidente del Milan a fine anni 70'.

Il 25 settembre 2018 si è concretizzata l'intesa tra Colombo e la cordata Berlusconi-Galliani, che ha rilevato il 100% delle quote del Monza Calcio.

 

L'idea di Berlusconi

"Per il Monza abbiamo un progetto molto particolare; pensiamo a una squadra molto giovane e tutta di italiani. Ragazzi che avranno i capelli in ordine, tant'è che a Monza e c'è già un parrucchiere pronto, gratis, che non dovranno avere la barba e assolutamente nessun tatuaggio. E non dovranno portare orgogliosamente orecchini vari. Saranno esempi di correttezza in campo, si scuseranno se faranno un fallo ad un avversario e tratteranno l'arbitro come un signore; stringeranno la mano agli avversari alla fine delle partite e, se richiesti di un autografo, non faranno storie, ma scriveranno bene nome e cognome e andranno sempre in giro vestiti con sobrietà. Insomma qualcosa di diverso dal calcio attuale".

Queste sono le parole di Silvio Berlusconi, interrogato sul progetto che lui stesso e Galliani hanno in mente per il Monza dei prossimi anni. Un progetto ambizioso, che si sposa con l'idea di Adriano Galliani di trasformare la squadra nel serbatoio delle nazionali giovanili del calcio italiano dalla formazione degli under 15 in su.

 

L'inizio di stagione della squadra biancorossa è stato incoraggiante, con 3 vittorie in altrettante partite, poi un momento di pausa da vittorie con una sconfitta contro il Ravenna e due pareggi contro Sambenedettese e Triestina. In campo e sugli spalti l'entusiasmo è tanto e la squadra ha accolto con affetto la coppia dei brianzoli doc Berlusconi-Galliani ai vertici della squadra brianzola.

 

Simone Iocolano, primo acquisto della gestione Berlusconi-Galliani
Simone Iocolano, primo acquisto della gestione Berlusconi-Galliani

Chi arriverà nel calciomercato?

Silvio Berlusconi ha dettato l'identikit dei calciatori che vorrebbe nel suo Monza: italiani, educati, ben pettinati e rispettosi verso gli arbitri.

Il primo acquisto del club è stato Simone Iocolano proveniente come svincolato dal Bari, dopo una buona stagione di Serie B e direi nonostante i capelli lunghi e i tatuaggi (sulla sua classe e il rispetto degli arbitri invece non si discute).

Il calciatore di Rivoli, facilmente riconoscibile per la sua folta chioma riccia è un innesto prezioso per il mercato monzese.

Galliani, soprannominato "condor" per la sua capacità di artigliare i giocatori svincolati, stuzzica le fantasie dei tifosi brianzoli, che sognano l'approdo di calciatori di grande livello nella squadra biancorossa. I nomi di Alberto Gilardino ed Antonio Cassano si sono rivelati due suggestioni che non si sono poi concretizzate, ma l'incipiente sessione invernale del calciomercato potrebbe portare in Brianza nomi interessanti per raggiungere la Serie B nel più breve tempo possibile.

In questo momento della stagione prevedere gli arrivi del mercato invernale non è semplice, ma possiamo azzardare che già a gennaio arriveranno al Monza 2-3 giocatori con consolidata esperienza di Serie B.

 

Predilezione per il Made in Italy calcistico

Da uno sguardo alla rosa attuale del Monza è facile intuire che la quasi totalità dei calciatori è di nazionalità italiana, fatta eccezione per i due brasiliani Reginaldo (ex tra le altre di Treviso, Fiorentina, Parma e Siena) e Jefferson e del diciottenne franco-camerunense Herve Otele Nnanga. L'età media della rosa è di poco superiore ai 24 anni,

Le prime partite del campionato di Serie C hanno dimostrato che il Monza è squadra da primato ed il talento di alcuni dei suoi giocatori qualifica la squadra come possibile favorita del campionato del girone B della Serie C. Siamo inoltre sicuri che l'esperienza della coppia Berlusconi-Galliani porterà in Brianza un cospicuo budget per puntellare la rosa per aumentare le probabilità di vittoria del campionato.

I nomi circolati in maniera più scherzosa che concreta sono stati Kakà e Riccardo Montolivo, per l'immediato, mentre per il futuro si parla di alcuni giovani interessanti provenienti dalla Serie A o dal mercato degli svincolati.

 

L'identikit di Balotelli: italiano, talentuoso e possibile protagonista in nazionale
L'identikit di Balotelli: italiano, talentuoso e possibile protagonista in nazionale

Monza e progetti futuri

Oltre al mercato futuro, di cui è difficile prevedere i movimenti, Monza potrebbe essere la base di approdo di nuovi investitori brianzoli attratti dalla possibilità di approdare in Serie A rapidamente, grazie all'esperienza ed alle doti della sua nuova dirigenza.

Tra i progetti c'è la possibile ristrutturazione dello stadio Brianteo o forse addirittura il suo acquisto e rinnovamento da parte della società brianzola. L'area vicina allo stadio ben si presta ad un'estensione dell'area per shopping e servizi dedicati ai tifosi ed alle famiglie e l'investimento da parte di un'azienda nella città di Monza potrebbe garantire grandi ricavi in breve tempo.

Lo sviluppo delle infrastrutture sportive insieme ai possibili e attesi successi della squadra potrebbero attrarre calciatori quotati e di esperienza, quali ad esempio Balotelli, giocatore poco fortunato a Nizza, dopo anni di successi (tra cui il Triplete del 2010) nelle squadre di Milano e al Manchester City.

 

Il futuro porterà Balotelli a Monza?

Berlusconi non ha mai nascosto la simpatia per l'attaccante e qualora il Monza riuscisse a raggiungere la Serie A per la prima volta nella sua storia, di sicuro sarebbe il primo tassello per la squadra biancorossa nella massima serie.

 

Tutti gli indizi sulle preferenze calcistiche di Berlusconi portano a Balotelli, a parte forse la capigliatura, ma questo è solo un dettaglio.

Noi della redazione di Calcio e Dintorni pronostichiamo il suo arrivo al Monza, perché parafrasando un coro della tifoseria brianzola "in Serie A non ci siamo mai stati", ma con questa dirigenza a Monza si può davvero pensare in grande. 

 

Autore: Gianmaria Borgonovo

Trenta giornate

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Trenta Giornate di Antonio Segna - Imprimatur Editore
Trenta Giornate di Antonio Segna - Imprimatur Editore

Tutti abbiamo giocato il nostro personale campionato, le nostre trenta giornate. Chi con successo, chi con fatica: e continuiamo a giocarle, sperando di chiudere in bellezza.

 

Con queste parole presentiamo il romanzo calcistico "Trenta giornate" di Antonio Segna, scrittore esordiente, ma con una grande esperienza nei campi calcistici del Veneto anni '80 e '90.

Il libro è narrato in prima persona e tratta le vicende dell'autore, libero della Virtus, squadra veneta che a fine anni ottanta aveva raggiunto la sua prima ed indimenticabile promozione nel campionato di Prima Categoria veneta.

Le vicende della squadra sono esposte con una buona dose di ironia e raccontano uno spaccato di vita del Veneto, che si preparava ad entrare negli anni 90' del secolo appena trascorso.

Un libro piacevole e pieno di aneddoti, che rendono la sua lettura gradevole e consentono al lettore di vivere la grinta, il sudore e le vicende relative alla squadra durante le 30 giornate del campionato.

Nella seconda parte dell'articolo è presentato il contenuto dell'intervista che la Redazione di Calcio e Dintorni ha realizzato con Antonio Segna, che ringraziamo per la sua disponibilità.

 

Salve Antonio, nel suo libro “Trenta Giornate” si tratta il tema del calcio di provincia, visto dagli suoi occhi di calciatore e caratterizzato da grande passione, prima che dalla volontà di ottenere allettanti compensi economici. Ci parli della sua esperienza da calciatore, dagli esordi nelle giovanili del Cittadella, fino all'esperienza nella Virtus.

Ho cominciato a 12 anni come pulcino dell’A.S. Cittadella nel lontano 1976, proseguendo dagli Esordienti fino all'Under 19, pochissime apparizioni (panchina) con la prima squadra: praticamente tutta la classica trafila. Poi, visto l’enorme potenziale e il tempo da dedicare agli studi, ho “bazzicato” tra la prima e seconda categoria, giocando con le squadre dei paesi limitrofi a Cittadella: Galliera Veneta, Ca’Onorai (Virtus), Facca e Fontaniva. La fulgida carriera prosegue fino al 21 maggio 1993: il giorno dopo mi sarei sposato e altri sport, non ufficialmente competitivi, avrebbero allietato le mie giornate.

 

Nel libro emerge la sua predisposizione per gli sport e l’amore per le discipline sportive che si disputano tipicamente negli Stati Uniti. Quale altro sport diffuso in Italia avrebbe potuto praticare con successo all'infuori del calcio? Quale sport americano, invece?

Come ho scritto nel libro, il basket rappresenta una parte importante della mia vita ma, vista l’altezza, avrei potuto ambire ad una B2, forse... Il tennis è un’altra parentesi importante: da notare che nel 1976 giocavo a calcio il sabato pomeriggio mentre la domenica ero titolare come singolarista nel TCC (Tennis Club Cittadella); per un anno tenni il ritmo, poi mi concentrai sul calcio.

Sport americani? Nessuna possibilità di praticarli ad alto livello anche se seguo quotidianamente i campionati di Football Americano (NFL), Hockey (NHL), Baseball (MLB) e logicamente basket (NBA). L’unica cosa che mi posso permettere sono: le visite ai palazzetti di New York, Madison Square Garden o Yankee Stadium quando sono nella Grande Mela e le oltre 200 t-shirt dedicate che acquisto in vari modi, causando problemi di spazio in famiglia.

 

L’evoluzione del calcio negli ultimi 30 anni ha elevato le vicende extra-calcistiche a più importanti rispetto persino al calcio giocato. Cosa ne pensa della continua attenzione da parte dei media, sulle vicende relative alla vita privata dei calciatori e delle loro famiglie?

Sinceramente mi interessano relativamente, nonostante sia in contatto by Twitter con diversi calciatori, allenatori (Ranieri), giornalisti (Gotta). La visibilità è cambiata in modo planetario: si prende il buono e il cattivo, difficile discernere il gossip dal fatto importante. Bene o Male, basta che se ne parli sembra il mantra quotidiano. Se sta bene ai campioni…

 

Roberto Baggio ha iniziato la sua carriera nelle giovanili del Vicenza, negli anni '80
Roberto Baggio ha iniziato la sua carriera nelle giovanili del Vicenza, negli anni '80

Qual era il suo mito e punto di riferimento, quando ha iniziato la sua carriera da calciatore? Qual è il calciatore italiano a cui lei è più affezionato?

Come ho citato nel libro, mi sono trovato ad “incrociare gli scarpini” con Roberto Baggio quando giocava nel Lanerossi Vicenza: era un “Giovanissimo” prestato alla squadra “Allievi” per chiara supremazia tecnica mentre io ero un “Allievo” del Cittadella, tre anni di differenza. Che sono tanti quando si è giovani: rese poco. Dopo due anni fece impazzire Gentile, neo campione del Mondo, in un’amichevole tra Vicenza e Juventus. Penso non si ricordi di me, ovviamente. Più difficile dimenticare lui.

 

Ritorno al calcio giocato, chiedendo un commento su una vicenda risalente all'estate 2018. Dopo una quindicina di anni di Serie C, il Bassano Virtus ha acquisito il titolo sportivo del Vicenza. Cosa ne pensa di questa recente fusione? Ritiene che casi come questo possano aiutare il calcio dei capoluoghi di provincia più piccoli, portando città come Bassano del Grappa negli alti livelli del calcio italiano?

Penso che il risultato dell’operazione, ad oggi, sia un ridimensionamento del Calcio Bassano costretto a ripartire dalla Prima Categoria. Il Vicenza Calcio si è “dotato” di un mecenate di spessore come Rosso della Diesel, rilanciando una società che stabilmente riempie lo stadio con diecimila persone (in Lega Pro!!!) dopo anni di sofferenze finanziarie e sportive. Non chiedetemi chi ha torto e chi ha ragione: spesso è una questione di soldi, anzi quasi sempre.

 

In Calcio e Dintorni siamo soliti effettuare paragoni tra vari aspetti del calcio con piatti gourmet e prodotti culinari. Lei a quale piatto paragonerebbe il calcio degli anni ’80 che descrive nel suo libro? E con quale piatto descriverebbe la Serie A odierna?

 

“Pasta e fagioli Vs Sushi”, tradizione che si contrappone a globalità, soprattutto cinese – Vedi Inter e Milan.

 

Trenta Giornate: consigliato a tutti gli amanti del calcio o a coloro che intendono approcciarsi a questo sport.

 

Autore: Gianmaria Borgonovo

Mourinho-Juventus: cronaca di una rivalità infinita

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23 ottobre 2018: i tifosi della Juventus insultano Mourinho, che risponde con il 3
23 ottobre 2018: i tifosi della Juventus insultano Mourinho, che risponde con il 3

Tra Juventus e Inter, si sa, non scorre buon sangue. Tuttavia, non scorre buon sangue nemmeno tra i tifosi della Juventus ed un ex eccellente del recente passato interista, l'allenatore José Mourinho.

 

A pochi minuti dalla fine della partita dell'Old Trafford tra Manchester United e Juventus, l'attuale allenatore della squadra inglese è stato oggetto di cori e insulti dei tifosi bianconeri presenti allo stadio. Cori non certo edificanti per la squadra torinese, ma a cui ormai siamo avvezzi, viste le ultime stagioni.

 

I cori, trasmessi in diretta tv sono inequivocabili, ma la reazione di Mourinho è da freddo provocatore, avvezzo ad un trattamento poco cortese da parte delle tifoserie rivali. Il gesto del "3" mostrato da Mourinho è un cordiale invito per i tifosi della Juventus a ricordare il Triplete della stagione 2010 che l'Inter si è aggiudicata ai danni di quotate avversarie nella Serie A come la Roma e la stessa Juventus (che in quell'anno e non solo era molto in affanno) ed il temibile Bayern Monaco, sconfitto in finale a Madrid il 22 maggio 2010.

 

La reazione di Mourinho non ha lasciato spazio ad equivoci, sancendo ancora una volta che "Il Triplete è roba da pochi"... ma forse in questi "pochi" la Juventus di quest'anno ci può davvero stare.

 

Autore: Gianmaria Borgonovo

Mourinho, Monaco e Lo Monaco

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15 settembre 2008: due giorni dopo un tumultuoso Inter-Catania (2-1, con reti di Plasmati e gli autogol di Mascara e Terlizzi), la polemica tra Pietro Lo Monaco (Amministratore Delegato del Catania) e José Mourinho (allenatore dell'Inter) non si è ancora placata.

Alle accuse-minacce del catanese, Mourinho risponde con le seguenti parole, tratte dal video di cui sopra:

 

Giornalista Sky: "Ha letto le dichiarazioni di Lo Monaco?"

Mourinho: "Di...?"

Giornalista Sky: "Lo Monaco."

Mourinho: "Che monaco?... di Tibet?

Altro giornalista: "[ridendo] Lo Monaco, l'Amministratore Delegato del Catania"

Mourinho: "No... io conosco monaco del Tibet, Monaco Montecarlo, Bayern Monaco, Gran Prix di Monaco. Se qualche monaco vuole essere conosciuto perché parla di me, mi deve pagare. Per esempio Adidas mi paga tanto, perché io parli di Adidas come sponsor. Se lui vuole questo [parlare di me], mi deve pagare tanto."

 

Una risposta perentoria, polemica, sibillina. Stile Mourinho!

 

Autore: Gianmaria Borgonovo

Ferrero conoscitore d'arte!

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Milano, 28 ottobre 2018: intervistato al termine della partita di Serie A Milan - Sampdoria (3-2), il Presidente della Sampdoria Massimo Ferrero dimostra un cordiale disappunto per la sconfitta dei suoi giocatori. Il commento alla sconfitta è colorito e Ferrero ritiene comunque che la squadra abbia giocato bene, impegnandosi al massimo delle proprie possibilità.

 

Cosa è mancato alla Sampdoria per vincere?

Un po' di fattore san Coulis, ovvero un po' di fortuna, nel linguaggio del pittoresco Presidente.

 

Nella seconda parte dell'intervista "emergono" le conoscenze di Ferrero in ambito pittorico, quando alla domanda su Leonardo, direttore generale del Milan, il Presidente pensa a Da Vinci, piuttosto che a Leonardo Nascimento de Araujo

Il finale con i saluti a Leonardo e Maldini, definiti "fighi bambini" è esilarante.

 

Autore: Gianmaria Borgonovo

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